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L’agenda della Difesa tra Roma e Parigi. Florence Parly incontra Lorenzo Guerini

Dalla Libia al ruolo turco nel Mediterraneo, dal Sahel alla Difesa europea, fino alla riflessione strategica sul futuro della Nato. Sono tanti i dossier che passano tra Italia e Francia, con molteplici convergenze e anche qualche differenza di vedute, più o meno marcata sui rapporti con gli Stati Uniti e sul concetto di autonomia strategica del Vecchio continente. È per questo che la ministra della Difesa transalpina Florence Parly ha scelto Roma per la sua prima uscita ufficiale dall’inizio dell’emergenza da Covid-19. Arriverà domani per incontrare il collega Lorenzo Guerini, reduce dalla visita di ieri ad Ankara. Tra telefonate, vertici Nato e Ue, i contatti tra i due sono stati assidui anche durante l’emergenza.

I RAPPORTI (BUONI) TRA ROMA E PARIGI

Fresca di conferma nel nuovo esecutivo targato Jean Castex, il terzo dell’era di Emmanuel Macron, la ministra della Difesa è tra i profili forti del governo, tanto da essere stata data come papabile nuovo premier al momento del rimpasto dopo le elezioni comunali. La visita a Roma conferma i buoni rapporti tra Italia e Francia nel campo della Difesa (anche personali tra i due ministri), ma anche i numerosi temi in agenda. Già lo scorso 3 giugno, la visita a Roma del ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian segnò la prima uscita ufficiale di un rappresentante del governo di Parigi in tempi di pandemia.

IL DOSSIER LIBICO…

Nell’agenda spicca ancora una volta la Libia, ragion per cui è possibile anche una visita di Parly e Guerini al quartier generale della missione EuNavForMed-Irini, a Centocelle, al comando dell’ammiraglio Fabio Agostini. Irini rappresenta l’impegno dell’Unione europea sulla crisi libica, frutto del compromesso (non facile) tra gli Stati membri, confluito sull’embargo di armamenti attraverso un dispositivo aero-navale come elemento di stabilizzazione. La missione ha iniziato a operare il 4 maggio grazie alla fregata francese Jean Bart, primo mezzo messo a disposizione. L’Italia (nonostante un iter parlamentare più difficile del previsto) destinerà all’operazione circa 500 militari, un’unità navale e tre mezzi aerei. Roma e Parigi condividono l’obiettivo di stabilizzazione, escludendo ogni ipotesi di “spartizione” che potrebbe profilarsi grazie all’intervento sul campo di Russia e Turchia, rispettivamente a sostenere Khalifa Haftar e Fayez al Serraj, nonché in seguito alla “linea rossa” di Jufra e Sirte identificata dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, anche lui a sostegno di Haftar.

… E IL NODO TURCO

Ma per Parigi, il dossier libico si lega al nodo turco. Le divergenze con Ankara sono evidenti, dalla Libia ai dossier energetici nel Mediterraneo orientale, fino alla questione siriana. Divergenze già deflagrate nell’incidente che ha coinvolto la fregata francese Courbet, flagship dell’operazione Nato Sea Guardian, illuminata per tre volte lo scorso 10 giugno dal puntatore laser del sistema lanciamissili di una delle navi da guerra della Marina turca, in quel momento impegnato a scortare un’unità cargo (sempre turca) diretta verso un porto libico. L’episodio ha scatenato l’ira francese, portata in sede Nato dove non ha ricevuto l’interesse desiderato tanto che la Francia ha deciso di sospendere “temporaneamente” la partecipazione a Sea Guardian. Ora, Parigi cerca supporto negli alleati per frenare l’assertività di Ankara. L’Italia viene vista come sponda importante in tal senso, sia per il comune interesse a rafforzare Irini, sia per i buoni rapporti che Roma mantiene con Ankara (in tre settimane le due visite di Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini), comunque interlocutore imprescindibile per affrontare i delicati dossier.

LA CONVERGENZA SUL SAHEL

La convergenza italo-francese si estende al Sahel. Da diversi mesi i molteplici incontri e telefonate tra Parly e Guerini hanno sempre toccato l’argomento. La Francia chiede da un paio d’anni supporto alla missione Barkhane, operativa in un’area grande quanto l’intera Europa con 4.500 militari francesi, a fronte di una crescente instabilità tra terrorismo jihadista e traffici illeciti. Per questo, ha ideato la task force multinazionale Takuba, affiancata all’iniziativa politica della “Coalizione per il Sahel”. L’Italia, vista la connessione della regione con gli scenari nord africani (e libici), ha deciso di aderire. Nella delibera relative alle missioni internazionali (che ancora attende l’ok parlamentare), si prevede un dispiegamento massimo di 200 militari (e 20 mezzi terrestri) per Takuba, con una consistenza media prevista di 87 unità. Si aggiungono ai 295 militari, 160 mezzi terrestri e cinque mezzi aerei confermati per la missione bilaterale in Niger, nonché al nuovo dispositivo navale per monitorare le burrascose acque del Golfo di Guinea.

LA DIFESA EUROPEA…

Altro tema in agenda dell’incontro tra Guerini e Parly: la Difesa europea. A fine giugno, con le colleghe di Germania e Spagna, Annegret Kramp-Karrenbauer e Margarita Robles, i due ministri hanno firmato una lettera dal forte valore politico diretta all’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell, chiedendo alla Commissione e agli altri Paesi europei di tenere alto il livello d’ambizione, dalla Pesco fino al Fondo europeo di Difesa (l’Edf), per cui deve ancora essere definito il budget 2021-2027. Rispetto alla proposta di 13 miliardi di euro del giugno 2018, il nuovo prospetto sul bilancio pluriennale della Commissione targata Ursula von der Leyen ne prevede 8. Per Italia e Francia sono troppo pochi, soprattutto per poter sostenere il settore industriale alle prese con gli scenari da Covid-19. Probabile che Parly e Guerini ribadiscano il punto a Roma.

… E LA VISIONE DI PARIGI

D’altra parte, Parigi si è candidata da tempo a guidare la nascente Difesa comune. Recentemente Bruxelles ha svelato i primi 16 progetti dell’Edidp (il programma industriale che anticipa l’Edf); vi partecipano 27 realtà francesi (18 quelle italiane). La Francia aderisce inoltre a una trentina dei 47 progetti Pesco finora approvati (primo Paese), con 24 progetti che vedono la compartecipazione italiana. Ci sono poi i programmi di collaborazione multinazionale esterna all’Ue, dal campo navale (con Naviris, la joint venture tra Fincantieri e Naval Group, già operativa) ai temi di maggiore complessità in campo aeronautico (visti i due progetti per il caccia di sesta generazione) e terrestre (con l’Italia che deve capire la strada da percorrere per il carro armato del futuro). Tutto questo si aggiunge alla European Intervention Initiative (Ei2) lanciata più di due anni fa da Emmanuel Macron, e a cui l’Italia ha aderito lo scorso settembre (primo atto formale dell’era Guerini). Allora, il ministro italiano spiegava che il riferimento per la difesa resta nel progetto dell’Unione e nell’Alleanza Atlantica, specifica importante poiché l’Ei2 è estranea al contesto Ue e Nato, guardata non a caso con sospetto da oltreoceano. È considerata il frutto dell’insoddisfazione francese per una Pesco (questa sì, nel contesto dell’Unione) considerata troppo inclusiva e perciò poco operativa.

IL TEMA NATO

Di base, resta tra Roma e Parigi una diversa interpretazione di “autonomia strategia europea”, con i transalpini a sostenere la sua versione più radicale (come indipendenza dall’alleato d’oltreoceano) e gli italiani a ribadire l’esigenza di collaborazione con la Nato e del mantenimento della solidità dei rapporti euro-atlantici. Il tema si intreccia col processo di riflessione strategica sull’Alleanza Atlantica, l’iniziativa #Nato2030 lanciata qualche settimana fa dal segretario generale Jens Stoltenberg. È il modo in cui l’Alleanza ha assorbito le critiche sollevate da Macron sulla “morte cerebrale della Nato” (ribadite di recente con riferimento al nodo turco), oltre al rischio di strappo con Ankara sul tema S-400 e le rimostranze americane sul burden sharing.

VERSO #NATO2030

Stoltenberg ha scelto dieci esperti per supportarlo in tale riflessione, che Parigi spera possa affrontare e sciogliere i dossier più intricati (Turchia su tutti). Non a caso, nel gruppo di esperti la Francia ha schierato l’esperto Hubert Vedrine, già capo della diplomazia francese nel governo di Lionel Jospin (presidenza Jacques Chirac) e segretario generale della presidenza della Repubblica con François Mitterrand. Per l’Italia c’è Marta Dassù, apprezzata dai transalpini, senior director per gli Affari europei dell’Aspen Institute, direttore di Aspenia e già vice ministro e sottosegretario agli Affari esteri.

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