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Droni militari e satelliti. Così la Cina va alla conquista della Serbia

Di Danilo Mattera

La consegna, a inizio mese, di sei droni made in China può essere considerata solo l’ultimo atto della liason internazionale che lega Belgrado a Pechino. Prima nazione europea a schierare dispositivi militari di produzione cinese e strenua sostenitrice della Belt and road initiative, la Serbia collabora con la Cina in diversi settori: sicurezza interna, spazio e infrastrutture, tra i più rilevanti. Una collaborazione che, secondo gli esperti, potrebbe essere usata dalla Repubblica popolare cinese per conquistare una zona di influenza nell’immediata periferia dell’Unione europea.

I DRONI

I sei droni da attacco e ricognizione Cai Hong-92 (in mandarino, “arcobaleno”) sono stati consegnati, insieme a un carico di 18 missili FT-8 a guida laser, il primo luglio presso la base aerea di Batajnica, alla presenza del capo dello Stato serbo Aleksandar Vučić. In attesa della consegna degli altri tre droni previsti, Vučic ha sottolineato l’importanza di tali assetti all’interno del moderno contesto operativo e rimarcato la volontà serba di acquistare sia un nuovo lotto di missili e di CH-92, sia di avviare la produzione del drone indigeno Pegaz-011. Al fine di supportare la produzione serba di droni, secondo quanto riportato da Forbes, Pechino trasferirà parte del know-how agli scienziati e ai militari serbi. In un intervento riportato sul Global Times, quotidiano che fa direttamente riferimento a Pechino, si è sostenuta l’ipotesi che la Cina possa vendere questo tipo di armamenti anche ad altri Stati europei che siano interessati a tali armamenti ma che siano sprovvisti di adeguate risorse.

DALLA SICUREZZA…

L’acquisto dei droni, come detto in precedenza, è solo l’ultimo atto di una collaborazione politico-militare avviata da tempo. Tra gli elementi più importanti è importante citare il memorandum of understanding sulla sicurezza interna e il memorandum di intesa sulla cooperazione tecnologica spaziale. Stipulato nel maggio 2019, il primo ha intensificato la collaborazione in materia di controllo del territorio, promuovendo sia il controllo congiunto di alcune città serbe (ovvero con un maggiore flusso di cittadini cinesi) sia l’installazione di sistemi di telecamere con software per il riconoscimento facciale: Huawei ha installato a Belgrado mille telecamere all’interno del cosiddetto sistema “Safe City”.

…ALLO SPAZIO

In questa cornice si è tenuta, nel gennaio di questo anno, la prima esercitazione militare sino-serba: le forze di polizia d’élite dei due Stati si sono esercitati in scenari anti-terrorismo. Ultimo in ordine temporale, ma non meno importante del precedente, è il memorandum di intesa sulla cooperazione tecnologica spaziale. Nel documento, redatto il 5 giugno di quest’anno, si fa riferimento alla volontà cinese di supportare la Serbia, che non fa parte dell’Agenzia spaziale europea (Esa), nello sviluppo di capacità spaziali. “Il nostro obiettivo è quello di mettere la bandiera della Serbia su un mezzo spaziale che costruiremo insieme”, ha detto Zhang Kejian, direttore della China national space administration (Cnas) in occasione della firma del memorandum.

IL COMMENTO DI SPAGNULO

“L’accordo prevede anche lo sviluppo congiunto di un satellite sino-serbo”, ci ha spiegato Marcello Spagnulo, ingegnere ed esperto aerospaziole. “La Serbia – ricorda l’esperto – non è membro dell’Esa e, fino a poco tempo fa, non aveva mai espresso alcun interesse ufficiale per le tecnologie spaziali; con l’iniziativa Belt and road, Pechino punta ad aumentare la sua presenza e la sua sfera di influenza in diverse regioni del mondo, tra cui l’Europa, e la cooperazione in ambito spaziale con Paesi che non hanno alcuna competenza tecnologica è uno strumento tra i più usati”. Ad esempio? “Forse pochi sanno che Paesi come Nigeria, Bolivia e Venezuela hanno lanciato dei propri satelliti in orbita, tutti ovviamente made in China e frutto di accordi di cooperazione come quello con la Serbia, che ricordiamo è stato avviato in termini generali sin dal 2009”. Dunque, ha rimarcato Spagnulo, “la strategia di Pechino di legare a sé attraverso strumenti tecnologici come i satelliti, anche nazioni che di essi probabilmente farebbero tranquillamente a meno, fa parte di un piano di cooperazione politica, economica, culturale e industriale che investe persino la sicurezza e la difesa”.

LA STRATEGIA DEL DRAGONE

Al di là degli aspetti puramente militari e di sicurezza, la presenza cinese in Serbia è decisamente rilevante. Lo scambio commerciale tra i due Paesi nel periodo 2005/2016, secondo quanto riportato da The Diplomat, è triplicato (raggiungendo 1,6 miliardi di dollari) e nel 2018 la Cina è stato il terzo Paese per importazioni di materie serbe, dopo Germania e Italia. Nel 2016, inoltre la società di stato cinese HBIS Group ha acquistato l’acciaieria presente nella città di Smederevo per 55 milioni di dollari. Successivamente, nel 2018, la compagnia cinese Zijin Mining ha acquisito il 63% di un importante miniera di rame presente nel Paese. Le imprese cinesi, inoltre, partecipano a vario titolo alla costruzioni di ponti, ferrovie e autostrade. In Serbia sono presenti anche due Istituti Confucio, spesso considerati come uno strumento di soft power e di promozione di valori della Repubblica popolare cinese all’estero.

I PIANI DI PECHINO PER I BALCANI

Ritornando sugli aspetti economici è bene sottolineare che la Serbia non è l’unica beneficiaria delle attenzioni cinesi nella regione: il principale forum di collaborazione cinese nell’Europa centro-orientale riunisce ormai diciassette stati diversi (17+1 forum). Il Montenegro, ricorda ancora The Diplomat, ha ricevuto un prestito da 500 milioni di dollari dall’Export-Import Bank of China per la costruzione di un’autostrada e, nel 2013, la Cina ha offerto all’attuale Repubblica della Nord Macedonia un prestito da 580 milioni di dollari per la costruzione dello stesso tipo di infrastruttura.

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