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Cosa insegnano gli ultimi 30 anni. La guida per il futuro di Pomicino

Per tentare di guidare il futuro senza doverlo subire passivamente dovremmo partire guardando criticamente tutto quello che negli ultimi 30 anni ha devastato l’economia di mercato, il pianeta, stravolto le teorie economiche di fondo, la difficoltà crescente delle organizzazioni sovranazionali, il welfare sanitario e previdenziale, la formazione e la distribuzione della ricchezza, la povertà in Italia e nel mondo e quella che si riaffaccia nell’Occidente ed infine il rapporto popolo-potere-istituzioni.

Insomma pochi cenni sull’universo se cedessimo alla tentazione di scrivere un libro piuttosto che titolare quel che non ci è piaciuto, il perché non c’è piaciuto e le nuove tendenze che dovremmo favorire. I processi di formazione  di un nuovo pensiero, infatti, nascono prima dal rifiuto di ciò che c’è per poi comprendere i nuovi bisogni e le nuove aspirazioni, vedere i guasti procurati e le possibili soluzioni per un diverso e migliore equilibrio economico e sociale delle società nazionali ed il nuovo quadro geopolitico internazionale.

Proviamo ponendoci subito la domanda di fondo. Cosa è accaduto nel mondo ed in Italia negli ultimi trenta anni? La caduta del muro di Berlino, la globalizzazione con la libera circolazione non solo di uomini e merci ma anche dei capitali che ha alimentato la finanziarizzazione dell’economia internazionale, il prorompente sviluppo della ricerca e della tecnologia, la crescita imponente delle disuguaglianze nell’Occidente sviluppato e l’uscita dalla povertà assoluta di oltre un miliardo di persone nel mondo grazie alla globalizzazione.

L’allungamento  della vita e la preoccupante denatalità in Europa ed in genere in tutto l’Occidente, il formidabile progresso della medicina e della chirurgia, una imponente crescita della ricchezza ed una sua pessima distribuzione, un affanno politico delle democrazie parlamentari e più in generale delle democrazie liberali, un multilateralismo mondiale incrinato dal ritorno di un sentimento nazionalistico, guerre regionali senza fine a tutela di interessi lontani. Sinteticamente e disordinatamente queste le maggiori questioni che si sono affacciate nello scenario internazionale e nazionale negli ultimi tre decenni.

LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO

Il crollo del comunismo internazionale ed il conseguente sfaldamento della Unione sovietica non solo ha messo fine al mondo diviso in due ed alla cosiddetta guerra fredda ma ha prodotto in Europa il ritorno sulla scena politica internazionale di molti Stati oppressi, mutilati e vilipesi dal comunismo russo per oltre 45 anni. Accanto a questi effetti nazionali ed internazionali la caduta del muro di Berlino ha prodotto un effetto paradosso e cioè che con la fine dell’ultimo pensiero autoritario del novecento, quello comunista, sono finite in Italia sotto quelle macerie anche le altre culture politiche a cominciare dal socialismo per finire a quelle ecologiche, liberali, e finanche a quelle del cattolicesimo politico, culture che ancora oggi governano quasi tutti gli Stati membri della Unione Europea.

Quando ricordiamo questo dato per l’italia non pensiamo solo alla scomparsa di alcuni partiti che sono stati fondamentali per la nascita e lo sviluppo della nostra repubblica quanto alla rimozione complessiva di ogni cultura politica. In tal modo è stato creato un sistema politico con falsi partiti che, privati di ogni riferimento culturale, sono diventati solo comitati elettorali guidati da un leader di turno facile a crescere in popolarità ed altrettanto facile a liquefarsi come avviene peraltro in tutti i partiti personali.

Il tutto accompagnato da una attività di marketing aggressivo che per essere tale deve semplificare tutto ciò che è complesso per trasformarlo, poi, in slogan dietro ai quali non c’è mai un pensiero. La domanda da porre allora è una sola: può un Paese democratico essere guidato da uomini e da parvenze di partiti senza alcuna cultura e conseguentemente senza un pensiero politico e quindi senza alcuna visione? E può continuare il silenzio degli intellettuali su questo versante? E ancora, alzando lo sguardo, può il mondo essere guidato da autorevoli associazioni economico-finanziarie e dai relativi interessi, legittimi fin quando non sono egemonici, senza che mai vi sia un pensiero politico compiuto in grado di mediare tra interessi di ogni tipo ed esigenze esistenziali di masse imponenti di popolo spesso contrastanti tra loro? In una stagione globalizzata sul piano economico, possono politiche nazionali guidare un Paese senza diventare subalterni al potere della grande ricchezza finanziaria nazionale ed internazionale che al proprio interno si parla, si associa, si organizza e si compra la grande informazione della carta stampata e delle migliaia di reti televisive? E i partiti personali possono reggere l’urto di questa potenza di fuoco senza essere costretti a stare, metaforicamente e non, sul libro paga di qualcuno tradendo così il mandato popolare? E se questo è sempre più vero le istituzioni democratiche come le democrazie parlamentari sono la forma più adatta per recuperare quel primato della politica che è l’essenza della democrazia perché tutti gli altri poteri non si lasciano mai votare? Sono queste le allarmate domande sul tema di fondo di quel che abbiamo definito il rapporto tra popolo-potere-istituzioni.

Un rapporto sempre più deformato in cui l’interesse generale viene sempre dopo tutti gli altri e con una governance mondiale diversa da quel che abbiamo visto nei primi quarant’anni del secondo dopoguerra quando era la politica a costruire equilibri internazionali e non la grande finanza internazionale con i suoi interessi ed il loro cinismo. E da quando tempo la politica si è indebolita al punto tale da lasciare ad altri poteri non democratici la guida delle società nazionale e degli equilibri mondiali? C’è forse un nuovo autoritarismo in Occidente che avanza sotto traccia, invisibile e inodore, che ha cambiato vestito indossando quello più elegante della ricchezza finanziaria e che guarda con interesse il modello dell’oriente del pianeta in cui coesistono una economia di mercato ed un autoritarismo politico? E tutto questo mette a rischio quella pace imperfetta ma sostenibile che abbiamo avuto nella seconda parte del novecento e nei primi due decenni del terzo millennio? Riflettiamoci recuperando libertà e profondità di pensiero perché senza risposte adeguate il disastro può essere dietro l’angolo.

GLOBALIZZAZIONE E FINANZIARIZZAZIONE

Spesso viene messo sul banco degli imputati la globalizzazione. È vero che essa non è stata governata né dai grandi protagonisti mondiali come la Cina gli Usa e l’Europa ma è anche vero che la globalizzazione ha fatto uscire dalla povertà assoluta oltre 1,5 miliardi di persone. Un risultato dunque positivo ed un processo che continuerà a vivere per forza propria perché abbatte barriere e dazi e aiuta il commercio mondiale e la crescita internazionale. La globalizzazione che abbiamo visto in questi trenta anni però non solo e’ anarchica ma si è unita ad un compagno di viaggio terribile, nemico della economia di mercato e produttore delle grandi disuguaglianze nelle società nazionali e delle nuove povertà del mondo che hanno cominciato a coinvolgere anche il ceto medio delle società occidentali invertendo drammaticamente il vecchio ascensore sociale con il quale lentamente il ceto operaio diventava ceto medio. Oggi quell’ascensore porta tutti verso il piano terra o verso lo scantinato. Mi riferisco alla finanza che ha subito con la libera circolazione dei capitali e con la ingegnerizzazione dei prodotti, una mutazione genetica trasformandosi da una infrastruttura al servizio della produzione ad una industria a se’stante nella quale la materia prima son quattrini ed il prodotto son più quattrini.

Questo capitalismo finanziario vola sopra il ciclo produttivo, lo affanna perché gli sottrae risorse e affannandolo finisce per ridurre il benessere delle popolazioni alimentato proprio dalla produzione e dalla diffusione di beni e servizi. Questa progressiva finanziarizzazione della economia è stata aiutata dalla politica internazionale che ha deregolamentato i mercati finanziari lasciando praterie immense dov’è sono scorrazzate i grandi finanzieri e le grandi banche di investimenti utilizzando spesso soldi dei depositanti per inondare il mercato di titoli tossici ma altamente remunerativi per quanti li vendevano. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, grandi ricchezze per pochi e risparmi di una vita bruciati per molti. Il tema da approfondire dunque è come ridisciplinare i mercati finanziari che restano presidio delle libertà personali e collettive ma che hanno nel loro Dna esclusivamente la corsa alla massimizzazione del profitto il cui valore etico, peraltro, fu sostenuto e giustamente spiegato negli anni settanta da forze liberali, cattoliche e socialiste. Questo tema ha un grande risvolto nazionale e più ancora internazionale perché ogni ipotesi di soluzioni o di inversione della direzione di marcia va condivisa quantomeno dalla Unione Europea per poi fare una offensiva di persuasione nei riguardi del G20. Il capitalismo finanziario e’ nemico della economia di mercato e se non lo si comprende per tempo mettendoci riparo gli equilibri democratici nell’Occidente saranno messi a dura prova mentre il modello orientale di una economia di mercato coniugato ad un autoritarismo politico fa ogni giorno proseliti. Il rischio prossimo è che i vecchi autoritarismi novecenteschi che tanti morti e tanta miseria morale e materiale hanno procurato ritornino sotto mentite spoglie e con forme diverse ma altrettanto oppressive come solo la miseria sa fare. Riflettiamoci con libertà e profondità di pensiero.

TECNOLOGIA E SUPERUOMO

Il grande sviluppo della tecnologia che ha superato limiti che si ritenevano insuperabili ha finito per modificare il paradigma tradizionale non solo del lavoro ma anche dei costumi alimentando un individualismo sfrenato e la stessa libertà di ciascuno trasformandola in tutte le licenze possibili, materiali e concettuali. Dalla comunicazione dei social con i quali ognuno si sente in diritto di interloquire con presunta competenza su ogni cosa o di praticare l’infantile ma pericoloso uso delle fake nwes, al rilancio metaforico del sogno di Icaro che non è più quello di volare ma quello di costruire una vita umana in laboratorio piuttosto che accentuare la ricerca verso tutto ciò che può aiutare la vita per finire a quel consumismo compulsivo e veloce che sostituisce il valore della bellezza o dell’uso utile con il possesso purchessia.

L’altro effetto della nuova tecnologia sui comportamenti delle masse è la velocità impressa non solo al fare ma anche al pensiero. La ricerca tecnologica richiede tempo, fatica e denaro ma quando poi costruisce un prodotto la sua caratteristica ,in particolare nel settore produttivo, è la velocità. Una nuova macchina fa quello che potrebbero fare dieci uomini in minor tempo. Questa velocità che è un valore nel ciclo produttivo contagia anche il costume dei singoli alimentando un pensiero veloce ma labile e volatile che non lascia nulla a sedimentare. Con la stessa velocità cambiano anche gusti, mode, abitudini trasformando spesso l’individualismo in solitudine perché con la stessa velocità si cambiano amicizie, amori ed affetti. Questo tourbillon umorale che azzera il pensiero ed il gusto coinvolgono sia le persone ricche che quelle del ceto medio che nel passato, invece, era l’area sociale in cui si consolidavano valori, abitudini, pensiero e cultura diventando così la spina dorsale di un Paese che poteva consentire la ricerca del nuovo in tutti i settori sia del fare che del pensiero e tollerare anche trasgressioni e bizzarrie degli artisti. Da trenta anni trasgressioni e bizzarrie sono diventate fenomeni di massa con un corredo di insulti e di cattiverie sparse in politica come nella informazione televisiva e massicciamente nel mondo dei social spesso coperte da intollerabili anonimie. Questa velocità del fare e del pensiero è anche l’arma che usano a piene mani i broker finanziari la cui spavalderia ed il cui cinismo procurano ricchezze elitarie e povertà di massa. È possibile scalare di una marcia la velocità del mondo che corre all’impazzata spesso senza sapere in quale direzione? Riflettiamoci con libertà e profondità di pensiero.

IL SACCHEGGIO DEL PIANETA

Dall’inizio degli anni novanta l’aggressione al pianeta, alle sue ricchezze e al suo equilibrio con la deforestazione, l’uso energetico del carbon fossile, il mancato riciclo dei rifiuti, anticamera dell’ inquinamento terreste e marino, l’attacco urbano ai fiumi ed ai torrenti, l’aumento dei gas serra e gli sprechi alimentari e dell’acqua nonché l’uso selvaggio della terra senza mai preoccuparsi della sua salute hanno avviato e sostenuto quei cambiamenti climatici che oggi stanno ulteriormente ammalando il pianeta con lo scioglimento dei ghiacciai, con la sofferenza del mare e della sua fauna e con l’inquinamento dell’aria. Il tema sarà come conciliare rendendole compatibili esigenze tutte esistenziali  produzione, consumi, salute della terra, tutela sanitaria della umanità). Nella ricerca del nucleo di questa folle dimenticanza del mondo nel suo correre sempre più veloce abbiamo incontrato lo spreco.

LO SPRECO E LA LIBERTÀ

Lo spreco ha mille facce a cominciare da quelle citate sul versante ecologico. Ma ne ha una più insidiosa e pericolosa. Lo spreco della intelligenza per accumulare ricchezze improprie che non potranno mai essere utilizzate da chi li accumula perché si è persa la memoria “del sufficiente e della eccedenza”. Una compulsiva mescolanza che non si può tagliare con l’accetta ma forse la si può separare recuperando come valore quel senso del limite ormai smarrito. La ricchezza è figlia legittima dell’umano desiderio diventato, però, negli ultimi trenta anni sfrenata avidità spesso sostenuta anche in assenza di lavoro vero nel senso tradizionale del termine. Una grande ricchezza, insomma, sempre più figlia della rendita che non del lavoro. Un concetto questo che va preso con le pinze perché può alimentare distorsioni concettuali diverse e contrastanti che possono approdare in un autoritarismo fiscale e quindi scioccamente egualitaristico o in un “laissez faire” confondendo i principi liberali con le teorie liberistiche come già ammoniva Benedetto Croce. Lo strumento possibile resta sempre quell’equilibrio che favorisce l’uso produttivo del capitale piuttosto che il suo uso finanziario. Più ancora,però, è lo spreco della ricchezza che impressiona perché quell’eccesso o diventa vizio che non rende assolutamente felice le persone che lo praticano o diventa potere e lentamente dominio minacciando così l’equilibrio delle democrazie liberali aprendo le porte ad ogni tipo di autoritarismo. È drammatica la sequenza. La grande ricchezza determina lo spreco della stessa e può diventare potere e dominio che alimenta prima disuguaglianze di massa e poi una risposta politica tanto violenta da generare un nuovo autoritarismo come quello che l’umanità ha conosciuto in tutte le sue fasi storiche. Ecco il punto dove si toccano eccesso di ricchezza e libertà. Riflettiamoci con libertà e profondità di pensiero.

IL MULTILATERALISMO INTERNAZIONALE 

La globalizzazione è diventato ormai un processo irreversibile, come abbiamo già detto, e ogni tentativo di frenarlo con antiche e consunte misure come i dazi finiscono per avere effetti domino sul terreno della recessione o comunque nel rallentamento della crescita che dopo aver rapidamente circolato in molti Paesi ritornano come un boomerang sullo stesso Paese che per primo è ricorso a questi vecchi metodi. La globalizzazione impone una governance plurale i cui punti di riferimento non possono che essere gli Usa, la Cina, la Russia, l’Europa.

Essa impone il rafforzamento degli organismi sovranazionali che non devono però essere caricati di compiti amministrativi e burocratici mentre devono poter esercitare decisioni politiche e regole da approvare con maggioranze qualificate ed erga omnes lasciando naturalmente ciascuno di uscire da quegli organismi sovranazionali con tutti i rischi che ne possono conseguire. Dirlo è semplice attuarlo è come scalare o una montagna. Un compito così grande deve essere sostenuto da grandi scuole di pensiero ormai rarefatte, dalle tre grandi religioni monoteiste, dalla capacità della diplomazia e della grande stampa nel far emergere i grandi valori economici della pace mettendo un freno assoluto alla produzioni delle armi e contrastare nel contempo ogni forma di nazionalismo.

Tutto ciò richiede una offensiva di persuasione permanente e una più equa e sostenibile distribuzione del benessere nel mondo e nelle società nazionali rifuggendo da ogni suggestione egualitaria. Ma rifuggire dalle tentazioni egualitarie non significa tollerare quelle povertà assolute che offende la dignità delle persone e dei bambini in particolare. Nessuno deve immaginare uno sciocco egualitarismo ma tutti devono capire che bisogna soddisfare alcuni bisogni essenziali delle popolazioni che resta pur sempre un obbligo per qualunque nuovo pensiero politico, morale,religioso, economico e sociale perché è il grande ideale dell’uomo. Solo in questo modo il profitto e la ricchezza ritrovano appieno la propria legittimità politica e morale. Riflettiamoci con libertà e profondità di pensiero.

TITOLO DI NUOVE RIFLESSIONI

Non affrontare quanto finora detto determina comportamenti distorsivi delle popolazioni, delle imprese, delle famiglie e dei governi con effetti catastrofici. La grande denatalità che comincia a colpire alcuni Paesi a cominciare dalla Italia non è forse frutto da un lato dalla mancanza di lavoro per i giovani o dal basso reddito e dall’altro dal desiderio delle famiglie più abbienti di non caricarsi della fatica di più figli per meglio godersi la vita senza troppi pensieri? Ed il fenomeno contrapposto alla denatalità, la sovrappopolazione di alcuni continenti e di alcuni grandi nazioni non è figlia della miseria e della mancanza di cultura? Il grande obiettivo del riequilibrio del pianeta è dunque non solo economico e finanziario ma è anche nel non far mancare a parti rilevanti di alcuni continenti oltre al cibo, all’acqua ed il lavoro anche la scuola.La grande ricchezza di una parte del mondo e le grandi conquiste tecnologiche in ogni campo possono far scomparire queste piaghe bibliche. Riflettiamoci con libertà e profondità di pensiero!

Altre considerazioni dovrebbero essere fatte, a partire dalla Unione Europea e dallo sfacelo delle megalopoli, ma andando oltre supereremo quella tolleranza di chi ci legge di cui abbiamo già abbondantemente abusato. Le occasioni non mancheranno per gli uomini di pensiero e di buona volontà di cui il mondo che verrà dopo la pandemia avrà grande ed assoluto bisogno bisogno.
Resta il metodo che proponiamo, quello cioè di partire da ciò che non ci piace di quanto accaduto negli ultimi trenta anni , in contrasto con quanti hanno portato il Paese nelle condizioni di oggi e che ancora predicano senza pudore e senza mai trovare un sussulto di grandezza d’animo nel dire abbiamo sbagliato!



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