Nelle scorse settimane il Parlamento italiano, con una serie di interrogazioni, ha preso una chiara posizione contro la Cina per la repressione delle manifestazioni a Hong Kong a difesa della democrazia e per la nuova legge per la Sicurezza nazionale entrata in vigore e già alla base di centinaia di arresti. Ora è il turno del governo.
Il primo passo da fare è chiarire una volta per tutte e in modo inequivocabile quale sia la posizione del governo su quanto sta accadendo a Hong Kong. Quello successivo, annunciare iniziative per difendere nelle opportune sedi internazionali ed europee il rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dal governo cinese sull’autonomia di Hong Kong e la tutela dei diritti civili dei suoi abitanti.
L’Ue ha già detto la sua tramite l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell, che ha sottolineato come “il dibattito democratico a Hong Kong e il rispetto dei diritti e delle libertà” siano l’unica via possibile per tutelare il principio “un Paese, due sistemi”.
Adesso spetta all’Italia e, nel merito, al governo, la denuncia della soppressione delle libertà civili. Per questo abbiamo presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, cosicché venga a chiarire in Parlamento cosa intende fare il governo. I fatti delle ultime ore rendono questo chiarimento quanto mai urgente e non più procrastinabile.
Come sottolineato dalla Camera di commercio statunitense, peraltro, il repentino cambiamento nello stato dell’ex colonia britannica non avrebbe soltanto conseguenze politiche e geopolitiche, ma “invierebbe segnali negativi a livello internazionale” con “effetti devastanti” sul commercio e gli investimenti esteri a Hong Kong, con possibili ricadute per l’economia globale, già provata dalla pandemia del Covid-19.
C’è dunque più di una buona ragione per non restare indifferenti e per prendere l’iniziativa, prima che sia troppo tardi.
