Dopo che il Regno Unito ha deciso di bandire (a partire dal 2027) il colosso cinese Huawei dalle sue reti 5G seguendo l’imposizione statunitense, il governo di Pechino ha dato nuovo impulso alla sua strategia aggressiva verso l’Occidente emersa in particolare con il coronavirus. Infatti — alla faccia dell’indipendenza del gruppo tech rispetto al regime — avrebbe già messo nel mirino la finlandese Nokia e la svedese Ericsson: starebbe valutando un ban alle apparecchiature made in China delle due aziende europee nel caso in cui Huawei e Zte venissero escluse dal mercato europeo del 5G. In pratica i due gruppi non potrebbero esportare le apparecchiature realizzate nei loro stabilimenti cinesi all’estero. A rivelarlo è il Wall Street Journal.
Come spiega il quotidiano murdochiano, il ministero del Commercio cinese ha optato per la soluzione “export control” per rispondere a quel fenomeno che il segretario di Stato statunitense Mike Pompeo — oggi a Londra per una passerella dopo il divieto imposto dal governo di Boris Johnson su Huawei — definisce una “marea che sta montando contro Huawei mentre i cittadini di tutto il mondo si stanno svegliando davanti al pericolo dello stato di sorveglianza del Partito comunista cinese”.
LA POSIZIONE DELL’UE
L’Unione europea — a differenza di tutti i Paesi dell’alleanza Five Eyes (Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito) a parte il Canada — non ha vietato Huawei. Bruxelles ha invece assunto una posizione più morbida a gennaio, ricorda il Wall Street Journal, che cita le raccomandazioni della Commissione europea sulla sicurezza informatica del 5G, che gli Stati membri potrebbero adottare volontariamente per limitare la presenza di Huawei. A breve è atteso un documento che registri come i 27 hanno risposto alle linee guida.
UNA MOSSA DISPERATA?
“Questo tipo di azione potrebbe ritorcersi contro, spaventato alcune società tecnologiche straniere che potrebbero spostare la produzione fuori dalla Cina”, ha spiegato al quotidiano finanziario James McGregor, presidente Greater China della società di consulenza Apco. “Le aziende sono già molto nervose per essere prese in mezzo in battaglie geopolitiche e stanno rivalutando i loro siti produttivi e le catene di approvvigionamento per proteggere la continuità aziendale”, ha aggiunto.
Sia Nokia sia Ericsson, aggiunge il Wall Street Journal, hanno stabilimenti e migliaia di dipendenti in Cina. Ma ciò non sembra spaventarle. Entrambi potrebbero accelerare quanto in corso già da alcuni mesi e spostare la produzione altrove in Asia, o in Europa o in Nord America, spiegano fonti del giornale. Che riporta anche che, avvisato delle potenziali restrizioni qualche settimana fa, Nokia ha commissionato un’indagine sulla sua catena di approvvigionamento ed elaborato piani di emergenza per spostare la produzione globale. Ecco perché c’è anche chi dubita che Pechino andrà oltre la minaccia.