Come se il Covid-19, Hong Kong e il ruolo di Huawei nelle reti 5G non avessero già alimentato sufficienti tensioni tra Regno Unito e Cina, ecco che i giornali britannici questa mattina raccontano di un rapporto di 86 pagine intitolato China’s Elite Capture, dal quale emerge un quadro preoccupante: come spiega il Times, il dossier afferma che il governo cinese ha messo in campo varie tattiche di influenza nel Regno Unito con l’obiettivo di legami con politici, uomini d’affari e accademici per rafforzare la sua presenza in infrastrutture critiche.
Come raccontato nei giorni scorsi da Formiche.net, è la fine dell’età dell’oro tra Pechino e Londra. “Le origini della presa cinese dell’élite britannica risiedono nell’era di David Cameron: George Osborne, ministro delle finanze di Cameron, ha dato un impulso per incoraggiare gli investimenti cinesi”, si legge infatti nel documento.
LE TATTICHE DI PECHINO
Il Daily Mail riassume così le tattiche messe in campo da Pechino per rafforzare la posizione delle aziende tecnologiche cinesi nel Regno Unito, in particolare di Huawei. “Una campagna segreta di ‘manipolazione’ è stata coordinata dalle autorità cinesi sul dark web per più di due anni; le spie britanniche temono che una cellula creata nel Regno Unito per monitorare Huawei non impedirà ai cinesi di spiare le comunicazioni; esistono prove del fatto che un ‘attore statale’ ha cercato di hackerare le attività della cellula offrendo fino a 600mila sterline a mercenari sul dark web; Huawei è ‘strettamente legata al Partito comunista cinese ed è fondamentale nei suoi piani per ottenere un maggiore influenza negli affari globali’; gli ‘obiettivi principali’ della Cina sono di stabilire una presenza nelle infrastrutture nazionali critiche del Regno Unito, compresa l’energia — come la centrale nucleare di Hinkley Point — e le telecomunicazioni con Huawei”.
Diversi giornali britannici hanno scelto di titolare sugli “show radiofonici fake” in stile Truman show: l’obiettivo erano cinque britannici. Gli uomini d’affari Sir Kenneth Olisa e sir Michael Rake; il liberal-democratico Lord Timothy Clement-Jones; John Suffolk, ex funzionario governativo oggi capo della sicurezza informatica di Huawei a livello globale; e Sarah Wollaston, che è stata deputata liberal-democratica fino a dicembre. Per influenzarli dagli altri membri del panel sono stati invitati a intervenire in finti show radiofonici (con sede a Hong Kong, Belgio, India e Austria) secondo il rapporto. essere influenzati da altri membri del panel. In totale, si legge nel rapporto, sono state condotte sette false interviste con Lord Clement-Jones, Sir Kenneth e Suffolk.
L’AUTORE: L’EX SPIA STEELE
Il documento sta facendo discutere, sia per i contenuti sia per gli autori. Commissionato per “decine di migliaia di sterline” dal produttore cinematografico statunitense Andrew Duncan (conosciuto per le sue posizioni anti Huawei), il rapporto è frutto anche del lavoro della Orbis Business Intelligence, società londinese fondata da Christopher Steele, l’ex agente dell’MI6 noto per il discusso dossier sui legami tra il presidente Donald Trump e la Russia. Assieme a lui ha lavorato al rapporto sulla Cina l’ex diplomatico britannico Arthur Snell, anche lui della Orbis Business Intelligence.
Tutti gli interessati negano le accuse, così come Huawei che da sempre si dice estranea al governo cinese (ma è quantomeno strano che l’ambasciata cinese a Londra abbia minacciato “conseguenze” nel caso in cui il colosso di Shenzhen venisse bandito dalla rete 5G britannica).
LONDRA CAMBIA LINEA VERSO PECHINO
“In ogni caso, per anni abbiamo camminato in punta di piedi sulla questione del potersi fidare della Cina”, ha commentato Edward Lucas, senior fellow del Center for European Policy Analysis (Cepa), sul Daily Mail. “Molti hanno sostenuto – in linea con quella che all’epoca era la politica del governo britannico – che la Cina avrebbe iniziato a diventare un partner amichevole. La sua etichetta “comunista” era fuorviante. Ma come ha detto ieri John Sawers, ex capo dell’MI6, gli ultimi sei mesi hanno rivelato di più sulla Cina rispetto agli ultimi sei anni”. Il giornalista esperto di sicurezza elenca poi una serie di legami tra Regno Unito e Cina che preoccupano per la postura occidentale di Londra, a partire dai finanziamenti che da Pechino arrivano nelle casse delle grandi università britannica. “Per questi motivi, bandire Huawei dalla rete 5G, per quanto costoso e rischioso, sarà un primo passo necessario, ma tutt’altro che sufficiente”, conclude.