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Perché l’Italia non può rimanere a lungo in apnea

Li aspettavamo con preoccupazione e finalmente sono arrivati. L’Istat nel suo rapporto trimestrale registra che a maggio 2020 i dati mensili sul mercato del lavoro descrivono un’evoluzione diversa rispetto a quella dei mesi precedenti: rispetto a marzo e aprile, la diminuzione dell’occupazione è più contenuta, il numero di disoccupati sale sensibilmente a seguito del contenimento delle restrizioni previsto dal Dpcm del 26 aprile e si osserva un recupero consistente di ore lavorate. Ciononostante, da febbraio 2020 il livello di occupazione è diminuito di oltre mezzo milione di unità e le persone in cerca di lavoro di quasi 400 mila, a fronte di un aumento degli inattivi di quasi 900 mila unità.

L’effetto sui tassi di occupazione e disoccupazione è la diminuzione di oltre un punto percentuale in tre mesi. E la diminuzione dell’occupazione su base mensile (-0,4% pari a -84mila unità) coinvolge soprattutto le donne (-0,7% contro -0,1% degli uomini, pari rispettivamente a -65mila e -19mila), i dipendenti (-0,5% pari a – 90mila) e gli under50 mentre aumentano leggermente gli occupati indipendenti e gli ultracinquantenni. Nel complesso il tasso di occupazione scende al 57,6% (-0,2 punti percentuali). Se si riparte, se riaprono le industrie, è sufficiente leggere uno dei tanti protocolli stipulati a livello delle grandi aziende (come la Fca e la Luxottica) al fine di garantire insieme sicurezza e ripresa dell’attività produttiva, per accorgersi che il primo problema non sarà legato all’organizzazione del lavoro,al rapporto tra nuove tecnologie, intelligenza artificiale e lavoro umano, alle problematica di nuove professionalità (tutti temi affascinanti e controversi) che hanno suscitato il dibattito degli ultimi anni.

E che per ora restano confinati lì. Già l’ingresso in azienda, l’accesso al posto di lavoro, la frequentazione degli spazi comuni, le stesse relazioni con i colleghi somiglieranno ad un percorso di guerra caratterizzato da comportamenti e movimenti preventivamente definiti. Ma proprio per questa logica, finiscono per entrare in contrasto con la naturale gestualità della persona che lavora. Il lavoro ai tempi del coronavirus ha comportato rigorose prescrizioni, i percorsi guidati, gli orari rigidi, i turni spezzettati. A stare addosso al lavoratore e alla lavoratrice non è l’esperto di tempi e metodi che cronometra ogni singola operazione, ma il sorvegliante sanitario che accorrerà ad ogni colpo di tosse.E soprattutto il e la compagna di lavoro non sembra più un amico, un sodale, un collega, ma un possibile attentatore alla sua sicurezza.

Ma un Paese non può resistere a lungo in apnea. Le istituzioni europee hanno disposto un piano di difesa dell’economia degli Stati membri di una dimensione tale che nessuno avrebbe mai immaginato. Nel mondo si sono già messi in moto: negli Usa il Congresso ha approvato il 27 marzo 2020 un piano da 2mila miliardi di dollari con un assegno di 1.200 dollari per gli adulti con reddito fino a 75mila dollari all’anno (500 dollari per bambino). Ed è aumentata la spesa destinata alla disoccupazione (3,5 milioni di richiedenti sussidio dall’arrivo del coronavirus in Usa) e agli ospedali (100 miliardi di dollari); è istituito un fondo per il sostegno finanziario delle grandi corporation di 500 miliardi di dollari, nonché prestiti a garanzia statale fino a 350 miliardi per le piccole imprese.

In Germania il pacchetto approvato dal Bundestag, permette al governo di stanziare 356 miliardi di euro (756 miliardi, tra prestiti e garanzie), all’incirca il 10% del Pil. Più 100 miliardi per un fondo di stabilizzazione a favore delle aziende danneggiate. Altri 400 miliardi di garanzie statali per debiti di imprese colpite dalla crisi. Inoltre, altri 100 miliardi sono destinati a sostegno della banca di investimento statale Kfw, la Cassa depositi e prestiti tedesca, che grazie ai suoi 357 miliardi potrà a sua volta garantire prestiti in futuro per 822 miliardi di euro.

Ulteriori fondi vengono sbloccati per la sanità: 3,5 miliardi a disposizione immediata. In Francia Parigi ha varato un piano da 45 miliardi di euro a favore di imprese e lavoratori e garantisce prestiti alle aziende fino a 300 miliardi. I fondi si aggiungono ai 300 miliardi di garanzie sui prestiti governativi. Infine, vengono stanziati come “dispositivo straordinario” anche i 5 miliardi a sostegno della ricerca, di cui uno diretto al campo sanitario.

Il governo britannico si impegna a coprire l’80% degli stipendi, garantendo fino a 2.500 sterline a persona. Per evitare i licenziamenti sarà lo Stato a pagare,tramite stanziamenti a fondo perduto, i salari di quei lavoratori delle aziende che hanno fermato l’attività a causa del contagio. Inoltre, il governo ha stanziato 330 miliardi di sterline di garanzia sui prestiti e sospeso per 12 mesi le imposte per i lavoratori nei settori della vendita al dettaglio, del turismo e del tempo libero.

In Spagna il governo ha mobilitati 200 miliardi di euro da parte del governo spagnolo. Tolto il contributo dei privati, ammontano a 117 i miliardi messi in campo interamente dallo Stato per le garanzie di liquidità. Dunque, quasi il 20% del Pil del paese verrà messo a disposizione di lavoratori e aziende contro la crisi. 600 milioni vanno ad estendere i sussidi di disoccupazione a una fascia più ampia della popolazione;le bollette di gas, elettricità e acqua sono congelate per un mese; sono esentate dai contributi le piccole aziende. E noi siamo ancora qui a soffrire per un ddl Rilancio che non rilancia.


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