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Così la decisione di Johnson su Huawei spacca il fronte dei ribelli

5g, salvini

La decisione del governo britannico di vietare il ricorso a forniture Huawei nella realizzazione dell’infrastruttura 5G ha spaccato il fronte dei ribelli tory, quegli stessi che tanto hanno pressato il premier Boris Johnson fino a fargli compiere il dietrofront odierno.

Su Formiche.net annotavamo la reazione di Damian Green, ex numero due di Theresa May a Downing Street e membro China Research Group, un gruppo di deputati conservatori decisi a ripensare il rapporto tra Regno Unito e Cin.: “Bene che il il governo e Oliver Dowden (il segretario di Stato al Digitale, ndr) abbiamo ascoltato e preso una buona decisione riguardo alla rimozione di Huawei dal 5G in tempi rapidi ma pratici”.

Alcune settimane fa, intervistato da Formiche.net, Green dichiarava: “Molto sta ai cinesi: se vogliono continuare a colonizzare pezzi di mondo — la Via della Seta è diventata questa cosa qui — allora noi abbiamo l’obbligo di affrontarli. Molte istituzioni britanniche devono ripensare il loro rapporto con la Cina ed essere molto più attente. Per esempio, l’Imperial College (le cui ricerche sul coronavirus sono utilizzate anche dal governo britannico, ndr) poche ore fa ha annunciato un accordo di sponsorizzazione da 5 milioni di sterline con Huawei, che finanzierà la ricerca. È uno dei molti casi che dimostrano come il governo cinese stia cercando di acquisire influenza nelle istituzioni britanniche. È una cosa piuttosto discutibile, non penso che l’Imperial College avrebbe dovuto accettare”.

Soddisfatto anche un altro falco anticinese David Davis, ex ministro degli Esteri.

Ma poche ore fa, sottolineando il commento di Green all’annuncio odierno del governo britannico, aggiungevamo: “I silenzi di molti dopo l’annuncio lasciano pensare che non tutti siano soddisfatti. Quella data, 2027, sembra troppo in là”. Troppo tempo dovrà passare affinché Huawei sia a tutti gli effetti fuori dalla rete 5G britannica. Il segretario Dowden spera le apparecchiature Huawei vengano rimosse entro due, massimo tre anni. Ma c’è tempo fino al 2027, ha spiegato.

E infatti… “Un’importante vittoria per il Parlamento”, ha scritto Tom Tugendhat, presidente della commissione Affari esteri della Camera dei Comuni e uomo simbolo del China Research Group. Che però ha aggiunto: Ma… La scadenza del 2027” è “oltre la fine di questo Parlamento e più di quanto molti vorrebbero”. “Quindi, dobbiamo andare oltre: più dettagli, più velocità”, ha aggiunto.

Soddisfatto della decisione ma non delle tempistiche (e del fatto che le apparecchiature 2G, 3G, 4G di Huawei potranno rimanere) anche Iain Duncan Smith, ex leader del Partito conservatore, anch’egli membro del China Research Group.

Il timore è quello dichiarato da un altro falco conservatore Bob Seeley: che Huawei venda più kit possibile in questi ultimi sei mesi del 2020 per poi fare pressioni nei prossimi 5 anni (con il Parlamento che andrà in scadenza naturale a fine 2024) per annullare il divieto.



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