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Legge elettorale, cosa si cela dietro il blitz del Pd. Il diario di Colombo

Per una volta, incredibile a dirsi, il Pd ha fatto una furbata. Stretto tra Scilla (i 5Stelle) e Cariddi (Italia Viva), stressato e umiliato da un premier che dice di apprezzare molto l’operato di Zingaretti e poi fa di testa propria, l’iniziativa politica dei dem era ferma, da mesi, davanti a un muro. Eretto, di volta in volta, dall’M5s o da Italia Viva, o da Conte, che riuscivano sempre a mettergliela nel sacco.

LA RIFORMA IN CALENDARIO

Per una volta, invece, ai dem è riuscito un colpo da maestri. Abili, almeno, nella tattica parlamentare, come se fosse una cosa innocua, i dem hanno chiesto di calendarizzare, per fine luglio, per la precisione il 27 di luglio, tra le altre cose (legge sul conflitto di interessi, riforma pdl costituzionale sulla riforma delle carriere, legge sulla transfobia, etc.), la riforma della legge elettorale per l’Aula. Così ha deciso, l’altro ieri, la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.

In teoria, trattasi di mossa innocua. Il 27 luglio, infatti, è come dire che ‘se ne parla a settembre’: le vacanze agostane incombono, e, al massimo, si lavorerà una manciata di giorni di agosto, dal 3 al 7, se ci saranno, come è probabile, decreti leggi del governo in ‘scadenza’. La mossa geniale dei dem, però, è un atto di pura tattica parlamentare: calendarizzare un provvedimento per un mese (quello di luglio, nella fattispecie), vuol dire che, alla ripresa dei lavori, cioè ai primi di settembre, quel provvedimento dovrà essere, per forza di cose, ‘incardinato’ e, dunque, discusso e votato in Aula, quindi approvato.

IL SOGNO DI ZINGA E FRANCESCHINI

Morale, si realizza un sogno che il capodelegazione dem al governo, Dario Franceschini, e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, covavano da tempo e cioè ‘scoprire’ le carte di tutti gli altri partiti su un tema che tocca, da sempre, il loro core business, la legge elettorale. Nella fattispecie, trattasi di un sistema proporzionale puro, con sbarramento fissato al 5%, detto Germanicum: era fermo da mesi nei cassetti della I commissione Affari costituzionali di Montecitorio, presidente il pentastellato Giuseppe Brescia (infatti viene anche detto ‘Brescellum’). e aveva e ha il placet anche dei pentastellati che sperano, col proporzionale, di contenere le sicure perdite di consensi e voti alle prossime elezioni.

Il nuovo testo ha esaurito da tempo il suo consueto ciclo di audizioni, pareri, esperti, ed era pronto, appunto, per andare in Aula. Ma il partito di Renzi – che pure a gennaio aveva firmato una ‘nota congiunta’ con gli altri partner di governo per dare il suo via libera al Germanicum – ha ‘scoperto’ che i sondaggi lo danno molto al di sotto del 5%. Iv ha iniziato a opporre il suo secco ‘niet’, al Germanicum, e Renzi, in diverse uscite pubbliche, ha parlato di ‘modello del sindaco d’Italia’, cioè di elezione diretta del premier, e di altre riforme costituzionali da fare: un modo – furbo – per portare la palla in tribuna. In buona sostanza, sia il Pd che i 5Stelle, a cui il sistema proporzionale va benissimo, sapevano che, se avessero portato il Germanicum in aula, al primo voto segreto, il proporzionale sarebbe stato affossato, e tanti cari saluti. Se bocci un sistema elettorale di un tipo, poi non è che puoi ripresentare lo stesso sistema e vararlo.

VIA LIBERA DA FI

Il fatto nuovo, però, è che Forza Italia – in fase di grande movimento ‘autonomo’ rispetto al resto del centrodestra, per precisa scelta politica del suo leader, Berlusconi – ha dato il suo sostanziale via libera al nuovo proporzionale, capendo che era il modo migliore per affrancarsi da Lega e FdI e per tenersi le ‘mani libere’, in vista di elezioni future. E così, ecco che il proporzionale è stato ‘calendarizzato’ per la fine di luglio e, a settembre, in Aula andrà comunque.

Pd e M5s si fanno forti del soccorso azzurro e si preparano a una svolta epocale. Infatti, dalla fine della Prima Repubblica, quando vigeva un sistema proporzionale praticamente ‘perfetto’ (sbarramento all’1% di voti), il nostro Paese ha conosciuto solo sistemi maggioritari, pur se con recupero proporzionale (il Mattarellum) o sistemi proporzionali con (abnorme) premio di maggioranza (il Porcellum) o sistemi misti col 36% di collegi maggioritari (l’attuale Rosatellum). Ma il ‘combinato disposto’ tra la riforma del taglio dei parlamentari, che si voterà insieme all’election day del 20 settembre, e il sistema elettorale oggi in vigore (il Rosatellum) crea una forte ‘distorsione’ della rappresentanza, specie al Senato e nelle regioni più piccole.

RIECCOLO, IL PROPORZIONALE

Ergo, il motivo pratico e tecnico, per cambiarlo, c’era e c’è, tanto che persino un maggioritarista ‘storico’ come il deputato e costituzionalista dem, Stefano Ceccanti, oggi vede nel proporzionale il ‘migliore dei mondi possibili’. Ed ecco, appunto, arrivare il proporzionale, il Germanicum, che la rappresentanza, con il taglio dei parlamentari (-345 in colpo solo), la distorce molto meno. Ovviamente, quando Iv ha mangiato la foglia, e cioè la calendarizzazione, è salita sugli scudi, provando a far leva sui partiti più piccoli (la parte che afferisce a Sinistra Italiana di LeU, +Europa, etc.) per cercare di far ‘saltare’ l’intesa raggiunta dentro la maggioranza, contando anche sull’ostilità manifesta della Lega che vede come il fumo negli occhi un sistema da ‘liberi tutti’ che farebbe saltare l’attuale centrodestra.

IL TUONO DEI DUE MATTEI

È sceso, in campo, per stoppare la nuova legge elettorale, direttamente Matteo Renzi: “La priorità della politica deve essere la crescita, non la legge elettorale. Se vogliono mettere mano alla legge elettorale, per noi di Italia Viva il messaggio è molto chiaro: si faccia una legge maggioritaria, in modo che la sera delle elezioni si sappia chi ha vinto. Noi continuiamo a essere per l’unica legge elettorale che funziona: quella dei sindaci. Preferirei, tuttavia, vedere il Parlamento discutere di cantieri e non di collegi”. Parole non dissimili da quelle di Matteo Salvini che la butta, come al solito, in caciara demagogica: “Alla manifestazione del centrodestra chiederemo di mettere al centro i temi del lavoro e dell’impresa. A fronte di queste emergenze il governo a cosa pensa? Alla legge elettorale. Una follia”. Roberto Calderoli, invece, si chiede, ironico, se l’attuale “gioiosa macchina da guerra della maggioranza ha i numeri per far passare la riforma della legge elettorale in Senato”.

IL PD NON DEMORDE

Il Pd, però, non demorde e insiste, anche in modo pesante. “Questo Governo – spiega il relatore della legge elettorale per la maggioranza, il dem Emanuele Fiano – esiste anche perché c’è un accordo: taglio dei parlamentari e nuova legge elettorale a garanzia della dialettica democratica. Il taglio dei parlamentari si è votato, la legge elettorale no. Ne abbiamo già discusso per cinque mesi e Iv ha proposto e sottoscritto l’attuale testo. Ora votiamolo in fretta”. Poi, però, Fiano ciurla nel manico, dicendo che “la capigruppo della Camera ha calendarizzato per il 27 luglio l’approdo in aula del provvedimento e l’obiettivo è approvarlo prima di agosto”, dice Fiano, sapendo benissimo che il redde rationem arriverà a settembre, non prima. Conta, però, il messaggio politico: “Quel testo è frutto di un accordo complessivo di governo, bisogna chiedere a Italia Viva se ha cambiato idea. Spero che l’accordo venga rispettato”.

Il primo step della discussione, dunque, sarà a luglio, ma i giochi veri si faranno a settembre. Di certo, si tratterà di un’estate calda, se non torrida, per la maggioranza che regge il governo Conte. E, d’altra parte, se una coalizione non è d’accordo sulla legge elettorale, la ‘madre’ di tutte le leggi, per la politica, su cosa altro mai potrebbe esserlo?

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