Il presidente statunitense Donald Trump ha scelto: sarà Douglas Macgregor, colonnello in pensione dell’esercito statunitense e presenza fissa dell’emittente trumpiana Fox News, il prossimo ambasciatore in Germania. “Un decorato veterano di guerra, è amato da alcuni analisti ed ex ufficiali a causa delle sue critica all’ortodossia dell’esercito”, scrivono Bryan Bender e Nahal Toosi su Politico. “Ma è anche criticato da alcuni che lo giudicano un opportunista sconvolto dal fatto di non essere stato promosso al rango di generale”.
Macgregor ha vissuto per anni in Germania e parla fluentemente il tedesco ma è privo di esperienze diplomatiche. Dopo il ritiro dall’esercito è diventato consulente fondando una sua società, la Burke-Macgregor, e secondo i suoi sostenitori la sua critica all’impiego dei militari statunitensi all’estero (basti pensare che ha definito l’ex generale a quattro stelle David Petraeus, ex capo delle operazioni in Iraq e in Afghanistan poi direttore della Cia, un “utile idiota” promosso da politici e media) è perfettamente in linea con l’agenda America First della Casa Bianca. In un articolo di due anni fa sul National Interest scriveva: “Gli Stati Uniti non hanno alcun interesse strategico in Siria che giustifichi una guerra con Russia, Iran o Turchia. Una guerra con uno di questi Stati distruggerebbe la prosperità, per creare la quale il presidente Trump ha lavorato instancabilmente. Invece, ha senso ritirare le forze statunitensi. Un ritiro militare americano dalla Siria eliminerebbe la fragile logica strategica della cooperazione russo-turca in Siria ed eliminerebbe nettamente i pochi interessi condivisi che legano l’Iran alla Russia”.
IN ATTESA…
Ora è in attesa del via libera (o meno) del Senato (a maggioranza repubblicana), dopo essere stato già nella short list del presidente Trump per il posto di consigliere per la sicurezza nazionale dopo la rumorosa uscita di scena di John Bolton. Ma fu preferito Robert O’Brien, ieri risultato positivo al coronavirus (su Formiche.net abbiamo spiegato perché si tratta di una notizia importante per gli Stati Uniti ma non solo).
“Se confermato per il posto a Berlino, Macgregor succederà a un’altra figura divisiva, Richard Grenell”, continua Politico. “Lo stile duro e schietto di Grenell, con cui promuoveva costantemente le idee America First di Trump, ha allontanato molti tedeschi”. Compresa la cancelliera Angela Merkel (fu lui, il 9 novembre dell’anno scorso, a 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino a inaugurare all’interno dell’ambasciata statunitense a Berlino, con il segretario di Stato Mike Pompeo, la statua dell’ex presidente Ronald Reagan che inizialmente avrebbe dovuto essere posta su territorio tedesco).
… DI SOSTITUIRE GRENELL
Il trumpianissimo Richard Grenell ha infatti lasciato ufficialmente l’incarico di ambasciatore statunitense in Germania lo scorso primo giugno, con grande gioia da parte dell’establishment tedesco con cui le tensioni si acuivano di giorno in giorno — basti pensare che Wolfgang Kubicki, vicepresidente del Bundestag ed esponente di punto del Partito liberale democratico (Fdp), nel marzo dell’anno scorso ne aveva chiesto l’espulsione dopo averlo accusato di “interferire” con le decisioni di Berlino e di agire come “un alto commissionario di una potenza occupante”.
Tanti i temi che hanno alimentato l’astio della politica tedesca verso l’ambasciatore Grenell quanto le divergenze tra Stati Uniti e Germania: i rapporti tedeschi con la Cina (scambi commerciali), con la Russia (questioni energetiche: Nord Stream 2) e con l’Iran, ma anche la Nato (con Berlino che tarda a soddisfare il requisito del 2% del Pil in spesa militare e Washington che prepara il taglio dei militari statunitensi in territorio tedesco).
LE TENSIONI USA-GERMANIA
Come notavamo ieri su Formiche.net, le dichiarazioni del ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, al quotidiano Rheinische Post rappresentano un ulteriore motivo di frazioni tra Washington e Berlino. Il capo della diplomazia tedesca ha bocciato i piani del presidente Trump sostenendo che la Russia non ha al momento alcuna possibilità di rientrare nel G7, da cui è stata esclusa nel 2014 a seguito delle sue iniziative in Ucraina, culminate con l’annessione della Crimea. Inoltre, secondo il ministro degli Esteri tedesco, “G7 e G20 sono due formati coordinati, non abbiamo bisogno di G11 o G12”. Il riferimento è alla possibilità di allargare il G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) ad altri Paesi (Australia, Brasile, Corea del Sud e India), oltre alla Russia, in chiave anti Cina.
“Le ambizioni globali della Cina e quelle europee della Germania riunificata generano apprensioni a Washington che qui da noi si fatica a comprendere. Purtroppo, Maas non ha contribuito a mitigarle”, ha commentato ieri su Formiche.net Germano Dottori, professore di Studi Strategici alla Luiss.