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Il modello Genova e la piaga dell’iper-burocrazia. L’opinione di Rospi (Popolo Protagonista)

Di Gianluca Rospi

La realizzazione in tempi record del Ponte di Genova non è stato un miracolo, ma la dimostrazione che se si procede con tempestività, ordine e meno burocrazia le cose funzionano. Peccato però che come sempre anche questo tema sia diventato uno strumento politico, sterile, che nulla ha che vedere con il bene comune dei cittadini.

Da che prima c’era una certa ritrosia nell’ammettere che il Decreto Genova, di cui sono anche stato relatore, era un modello pienamente operativo e replicabile, ora, seppur in ritardo, anche il governo ha capito che può essere utile per lo sblocco di molte delle opere ancora ferme.

Utile sì, ma non pienamente funzionante se non modificato in qualche punto. Perché? Perché il Ponte di Genova è stato un caso di eccezionale emergenza, e il Decreto riguardava un tipo d’infrastruttura già preesistente, crollata e da ricostruire, che bene si adattava a un modello come quello poi utilizzato.

Ma per chi ha letto davvero il Decreto, e non per chi non sa di cosa si parla, è impensabile adottare le stesse modalità in tutte le altre opere bloccate nel Paese.

Sbloccare i cantieri è sicuramente prioritario in Italia, perché l’edilizia è volano dell’economia e se per farlo si vuole utilizzare il Modello Genova occorrerebbe attuare alcune piccole modifiche che siano in grado di snellire la burocrazia, da sempre nostro tallone d’Achille, responsabilizzare meglio le stazioni appaltanti e soprattutto dare tempi certi per la fine dei lavori.

Considerata la situazione di grave emergenza in cui ci troviamo oggi, per tutte le opere sotto il milione e che ricadono nei territori comunali, sarebbe utile nominare i sindaci come commissari manager delle opere, proprio perché conoscono il territorio e per questo possono meglio tutelarlo.

Per tutte le altre opere al di sopra del milione di euro, invece, basterebbe dare la possibilità alle stazioni appaltanti di procedere utilizzando l’art. 63 del codice degli appalti che prevede una procedura negoziata senza pubblicazione del bando, con un numero minimo di imprese non superiore a dieci, con l’accuratezza di garantire la rotazione delle imprese, favorendo le imprese più solide.

Per le opere superiori al milione e di valenza extra comunale invece è bene che i commissari manager, nominati dal Governo, operino di concerto con i Provveditorati Interregionali alle opere pubbliche, costituendo anche strutture autonome di missione.

Come sempre ciò che manca è il tempismo, ma anche se tardi, qualcosa si muove. Sembra infatti che già nella bozza del Dl Semplificazione, incaricato anche di sburocratizzare l’intero sistema delle piccole e grandi opere in attesa di essere sbloccate, si sta andando nella direzione dell’uso dell’’art. 63 e la nomina di commissari straordinari, anche se rimangono ancora da chiarire sia le procedure d’appalto sia gli effettivi poteri commissariali.

Ma come sempre non possono mancare le solite polemiche su chi difende il Codice degli Appalti e su chi vuole il Modello Genova, che ci fanno perdere il tempo prezioso che, invece, dovremmo investire per mettere in sicurezza le strade e i ponti che versano in situazioni drammatiche, con il rischio di avere altre tragedie come Genova.

Polemiche che continuano anche in questi giorni sulla questione concessioni del Ponte Morandi. Benetton si, Benetton no, è stato il mantra degli ultimi 2 anni, dopo la tragedia che ha visto la morte di 43 persone, ancora non siamo riusciti a dare il giusto messaggio alle famiglie delle vittime.

Anche in questo caso si è preferito andare avanti attraverso slogan politici invece di mettersi intorno a un tavolo e discutere soluzioni valide per sostituire il concessionario.

Da subito ho consigliato al governo che, per fare i lavori bisognava subito acquisire i tronchi autostradali connessi al Ponte per evitare interferenze con il concessionario e contestualmente, se la volontà era quella di togliere la concessione ad Aspi avviare una gara europea, in piena trasparenza, per l’individuazione di un nuovo concessionario a condizioni più vantaggiose per lo Stato Italia.

Questo sarebbe stato l’unico modo per togliere la concessione ad Aspi e contestualmente garantire la sicurezza dei cittadini. Tutto il tempo che si perde ancora, non solo crea disagi per le strade della Liguria, ma rende inutile l’efficienza e la velocità con le quali il Ponte è stato ricostruito.

Occorre tenere bene a mente che la politica nasce per dare benefici ai cittadini, in questo momento invece stiamo solo andando contro i loro interessi. Serve un cambio di marcia, una nuova visione delle istituzioni. Manca da troppo tempo quell’etica sociale e culturale che è riuscita a fare da collante tra politica e cittadini per tantissimi anni e che da oltre 30 anni non esiste più.

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