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Phisikk du role – L’interesse nazionale al tempo del conflitto globale

parlamentari

Il coronavirus, che vive e lotta (ancorché ammosciato dal caldo), purtroppo, ancora in mezzo a noi, nei mesi più drammatici del lockdown produsse un risultato inedito per lo sgangherato nuovo galateo della politica. Infatti, per alcune settimane maggioranza di governo e opposizione sembrarono seppellire l’ascia di guerra regalando agli italiani un dignitoso silenzio. Ne apprezzammo subito l’importanza pratica (i pastoni dei tiggì ci risparmiarono quelle facce improbabili impegnate a sputare improperi contro avversari con espressione catatonica), ma anche un qualche senso nobile che abbiamo volentieri imputato all’atteggiamento di rispetto nei confronti delle tante vittime di questa pestilenza e degli italiani vivi costretti ai domiciliari.

La tregua, però, è finita e il nuovo conflitto fa luccicare le lame delle asce ed anche il ferro delle Colt. Eppure non sono esaurite le ragioni che spingerebbero ad una nuova tregua nell’interesse nazionale. I verbi difettivi della nostra economia, il depauperamento di aree  sempre più vaste, le plaghe di disperazione sociale che la pandemia ha sparso per l’Italia e, ancora, l’importante mole di risorse che l’Europa metterà a disposizione del  nostro paese, sono tutti elementi che concorrono a spingere per un nuovo patto tra gli attori della politica – il Capo dello Stato evocava il 2 giugno lo spirito costituente, insomma, noi, guardando la platea, ci accontenteremmo anche di meno – nel nome degli italiani.

Un paio di mesi fa lanciammo nel corso di un convegno tra giuristi sullo “stato di necessità”, l’idea di una Commissione parlamentare bicamerale per la ripresa dopo l’emergenza pandemica. Oggi registriamo con piacere che si stanno moltiplicando le iniziative parlamentari, di opposizione ma anche di  maggioranza,  che si muovono nella stessa direzione. E sarebbe un buon segno, se la partita venisse giocata con un senso effettivamente collaborativo: non si può, per esempio, pensare – da parte della maggioranza – di escludere l’opposizione da ruoli di responsabilità  in questa speciale commissione,così come accade in alcuni importanti ordinamenti democratici (per esempio la Germania), né l’opposizione può  pensare di rivendicare una paritarietà che sfiderebbe le logiche basilari del principio di proporzionalità proprie dell’esperienza parlamentare.

Che significa dare senso oggi alla collaborazione tra forze politiche rispettandone i ruoli di governo e di opposizione? Significa riportare il Parlamento al centro, istituendo uno spazio di lavoro condiviso sulla falsariga delle Commissioni di controllo e garanzia, come la vigilanza Rai, che devolvono il ruolo di presidente ad un esponente dell’opposizione. Oggetto del lavoro della nuova Commissione non può che essere il programma per la ripresa, che attingerà alle provviste importanti provenienti dall’Europa col Recovery Fund e con il Mes, e dalle risorse nazionali. Non si tratta di una torsione “consociativistica” per spezzare la simmetria naturale della dialettica tra maggioranza e opposizione. Si tratta di promuovere, nel contesto consentito in questo tempo, quello spirito di collaborazione leale per non sprecare un solo grammo delle risorse che risarciscono gli italiani dopo mesi drammatici.

Attenzione: senza nulla togliere alla missione compiuta dal governo in Europa, è bene rammentare che le risorse sono dirette a lenire le sofferenze di un popolo che ha pagato tanto in questa trista pandemia. Insomma: una specie di piano Marshall per la ripartenza. Non sono ammesse, dunque, mance elettorali, non deve trovare spazio la contestazione pregiudiziale che indulge alla piazza per capitalizzare un consenso antagonista. Si riuscirà, oltre la fuffa estiva che sembra circonfondere i dibattiti politici prima delle vacanze parlamentari, a mettere un punto su questa Commissione? Francamente non è chiaro. Peccato, però, se non si riuscisse a vararla: sarebbe lo spreco di una grande occasione per ripristinare una qualche civiltà della politica di oggi.

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