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Russiagate, così Trump ha salvato l'(ex) amico Stone. Il punto di Gramaglia

Donald Trump rinvia di una settimana o due il comizio nel New Hampshire, causa imminente tempesta tropicale, ma va come previsto in Florida, uno dei peggiori focolai del nuovo sussulto dell’epidemia di coronavirus. E prima di partire evita il carcere al suo amico ed ex consigliere Roger Stone, che doveva presentarsi in una prigione federale per scontare una condanna a 40 mesi per ostruzione alla giustizia nel Russiagate.

Il magnate presidente nelle prossime ore sarà nella contea di Miami, in una zona che ha registrato un incremento dei contagi vertiginoso nelle ultime settimane. Il programma della visita comporta una tappa a Doral, non lontano dal suo golf club, per visitare lo Us Southern Command e ricevere un briefing sul traffico di droga dal Sud America e poi un incontro con esponenti venezuelani. Ci sarà, infine, una raccolta fondi a Hillsboro Beach prima del rientro a Washington.

La visita di Trump suscita polemiche e preoccupazioni: in una sola giornata, ieri, la Florida ha avuto oltre 11 mila nuovi contagi; e tre i 93 deceduti delle ultime 24 ore c’è una bambina di 11 anni. Nell’Unione, venerdì, i nuovi contagi sono stati quasi 64 mila: secondo i dati della John’s Hopkins University, alla mezzanotte sulla East Coast, i contagi superavano i 3.184.500 e i decessi i 134.000.

Il candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden sostiene che la visita di Trump in Florida è “una photo opportunity e serve a distrarre dai suoi fallimenti”. Il magnate, a sua volta, sostiene che Biden l’ha “plagiato”, copiando il piano di rilancio dell’economia presentato giovedì e la campagna ‘Buy American’ con la promessa di creare cinque milioni di posti di lavoro nuovi.

Ma il fatto nuovo saliente delle ultime ore è la commutazione della pena di Stone, che non cancella i reati come avrebbe fatto una grazia, ma gli evita il carcere, e riapre le polemiche sull’uso dei poteri del presidente da parte di Trump a favore dei suoi sostenitori e collaboratori.

L’amico ed ex consigliere era stato condannato in febbraio a 40 mesi di prigione per avere mentito al Congresso, corrotto testimoni e ostacolato l’indagine della Camera su collusioni tra la campagna di Trump ed emissari russi nel 2016. Stone doveva entrare in carcere martedì 14 ed aveva appena lanciato un appello al presidente, non negando le proprie colpe, ma ricordando di non avere ceduto alle pressioni degli investigatori e di essergli rimasto leale.

Lo stesso Stone ha riferito che Trump lo ha personalmente avvisato della commutazione di pena. “È una vittima della bufala russa che ha la sinistra e i suoi alleati nei media hanno per anni perpetuato per minare la presidenza Trump”, afferma la Casa Bianca, deplorando in una nota “l’ingiusta sentenza”.

Nella nota, si sostiene che Stone è stato “accusato” perché i procuratori non erano riusciti a scoprire collusioni tra la campagna di Trump e la Russia; si cita “lo spettacolo vergognoso del suo arresto”, avvenuto all’alba con grande dispiegamento di mezzi e personale sotto le telecamere della Cnn; si mette in dubbio l’imparzialità della giuria del processo, ricordando che una donna aveva twittato contro Trump e i suoi sostenitori.

La Casa Bianca dice che Trump non desiderava “interferire con gli sforzi” di Stone di fare appello e ottenere un nuovo processo. Ma, “visti i fatti oltraggiosi e le circostanze legate al suo procedimento, al suo arresto e al suo processo ingiusti”, il presidente ha commutato la sentenza. “Roger Stone ha già sofferto grandemente … ora è un uomo libero”, conclude la nota.

Nella ‘guerra delle scuole’, da segnalare una nuova minaccia via Twitter del presidente Trump: “Troppe Università e sistemi scolastici non sono altro che indottrinamento della sinistra radicale, non istruzione. Dirò al Dipartimento del Tesoro di riesaminare il loro status sull’esenzione fiscale”.

Fronte immigrazione, Trump ha annunciato, in un’intervista alla tv in spagnolo Telemundo, che nelle prossime settimane firmerà un ordine esecutivo che prevede un percorso per la concessione della cittadinanza ai ‘dreamers’, cioè agli immigrati arrivati negli Stati Uniti da piccoli coi genitori in modo irregolare.

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