Inizia a dare i suoi frutti la mossa con cui il dipartimento del Commercio statunitense ha di fatto spezzato la catena di fornitura di Huawei impedendo la vendita di semiconduttori e altro equipaggiamento con componenti di tecnologia statunitense. Un bloody nose, notavamo su Formiche.net, che ha costretto ad esempio il colosso taiwanese del settore Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsmc), principale fornitore di semiconduttori di Huawei, a rallentare le commesse nel timore di incappare nelle sanzioni statunitense. “La stretta sui diritti di proprietà intellettuale e i semiconduttori costringerà Huawei a un’indigenizzazione della produzione e avrà un enorme impatto nei prossimi 5-10 anni: rallenterà gli investimenti nell’innovazione, obbligando l’azienda a lavorare duro per mantenere la sua quota di mercato”, spiegava Brad Glosserman, senior advisor del Pacific Forum del Csis (Center for strategic and international studies) ed editorialista del Japan Times.
LA DECISIONE DI TSMC
E così ieri Tsmc ha confermato l’intenzione di sospendere i nuovi ordini per la fornitura di microchip dalla cinese Huawei, in ottemperanza ai nuovi regolamenti per l’export varati dagli Stati Uniti, e confermato l’obiettivo di incremento del fatturato annuo nell’ordine del 20%, grazie alla solida domanda globale di smartphone 5G, infrastrutture elettronica e computazione ad alte prestazioni. “Ci atterremo senza eccezioni ai nuovi regolamenti” varati dalle autorità statunitensi ha dichiarato il presidente di Tsmc, Mark Liu, nel corso di una conferenza degli investitori. “Non abbiamo accettato nuovi ordini da Huawei a partire dal 15 maggio”, ha spiegato.
“Anche se le regolamentazioni in oggetto hanno appena superato la fase dei commenti pubblici, il Bis (Bureau of Industry and Security, agenzia del dipartimento del Commercio Usa che si occupa di questioni riguardanti la sicurezza nazionale e l’alta tecnologia) non ha ancora formulato regole definitive. Date le circostanze, non intendiamo fornire wafer (a Huawei) dopo il 14 settembre”, ha spiegato Liu. Come ricorda Agenzia Nova, i nuovi vincoli alle esportazioni varati dagli Stati Uniti nei confronti dei fornitori di Huawei obbligano questi ultimi a ottenere licenze speciali laddove le forniture includano tecnologie e sistemi di produzione statunitensi. Tsmc e altri produttori di chip non hanno ottenuto dagli Stati Uniti il permesso di processare nuovi ordini da parte di Huawei dopo il 15 maggio, ed hanno tempo sino al 14 settembre per evadere gli ordini già ricevuti.
IL DIBATTITO A TAIWAN
In una recente intervista al quotidiano Nikkei, il ministro per il Digitale di Taiwan, Audrey Tang, ha dichiarato che integrare apparecchiature elettroniche nell’infrastruttura per le telecomunicazioni di un Paese equivale a consentire l’ingresso di un “cavallo di Troia” nella rete. Nel mirino del ministro ci sono le cinesi Huawei e Zte. “In Cina non esistono aziende private. Dal punto di vista del Partito comunista cinese, il partito può sostituire la dirigenza a seconda delle esigenze del momento”, ha dichiarato il ministro con un passato da hacker informatico. “Includere (aziende cinesi) nella propria infrastruttura significa dover prestare la massima attenzione ogni qual volta si aggiorna il sistema, perché potrebbe rendere la rete vulnerabile all’ingresso di un cavallo di Troia nel sistema”.
LA SPONDA USA
Come raccontavamo su Formiche.net, alcune settimane fa nel corso della sua conferenza annuale Apple ha annunciato la fine, dopo 15 anni, della collaborazione con Intel decidendo di rafforzare i suoi legami con Tsmc, che già è l’unico fornitore di processori per iPhone, iPad e AirPods: sarà il colosso taiwanese (che poco prima aveva annunciato l’apertura di una fabbrica in Arizona — un investimento da 12 miliardi e 1.600 nuovi posti di lavoro benedetto dal presidente statunitense Donald Trump) a produrre i chip per le nuove generazioni di Macbook e Mac.
Come dettagliava Fortune, la rivoluzione dei chip Apple è un elemento “positivo anche per Tsmc”. Gli analisti, sottolinea la rivista statunitense, “affermano che il colpo per Intel sarà più simbolico che finanziario. I Mac rappresentano il 5% delle entrate di Intel, ma perdere Apple come cliente potrebbe compromettere la fiducia nell’icona della Silicon Valley”. Il contratto con Apple, invece, “aiuterà Tsmc a compensare alcune delle sue potenziali perdite” causate dalla fine del rapporto con Huawei, i cui ordini rappresentano circa il 15% delle entrate.