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Il piano Usa per il ritiro dalla Germania. Ecco dove andranno (Italia compresa) i soldati americani

Quasi dodicimila militari degli Stati Uniti lasceranno la Germania. Dopo indiscrezioni e anticipazioni, i numeri ufficiali sono arrivati oggi dal Pentagono, nel corso della presentazione alla stampa della nuova “European strategic force posture review” da parte del segretario alla Difesa Mark Esper. Al suo fianco c’era il generale John E. Hyten, vice capo di Stato maggiore. In collegamento da Stoccarda, il generale Tod Wolters, comandante delle Forze Usa in Europa e del Comando Shape della Nato, sostanzialmente il più alto in grado per l’America nel Vecchio continente.

IL PUNTO PER L’ITALIA

Per Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, ci sarà “una intensa interlocuzione tra gli alleati, anche in relazione al possibile impatto che ciò potrà comportare sulla postura di difesa e deterrenza della Nato, con particolare riferimento ai settori di più strategico interesse per la nostra sicurezza nazionale, a partire dal fianco sud dell’Alleanza”. D’altra parte, anche l’Italia è coinvolta nel piano Usa, che richiederà comunque tempi lunghi e “una consultazione costante con gli alleati della Nato”. Per il nostro Paese, con la cautela del caso, potrebbe realizzarsi quanto chiesto da anni: un rafforzamento della Nato nel fronte sud e nell’area mediterranea. In più, lo spostamento dei comandi attualmente in Germania, potrebbe rafforzare ulteriormente il valore strategico del nostro Paese.

I NUMERI

Rispetto a quanto emerso finora, i numeri del ritiro dalla Germania comunicato dalla conferenza stampa del Pentagono sono aumentati. Non saranno 9.500 i soldati che usciranno dal territorio tedesco, ma ben 11.900, rispetto ai 36mila attualmente presenti nel Paese. Di questi, la maggior parte torneranno negli Stati Uniti (circa 6.400), elemento utile alla campagna elettorale di Donald Trump verso le elezioni di novembre. I restanti (5.600) andranno verse altre destinazioni europee. Ora, l’attenzione è per queste destinazioni. Dalla conferenza odierna è arrivato qualche dettaglio, in più, con potenziamenti soprattutto per Belgio e Italia. Si sposteranno anche i comandi per Europa e Africa, attualmente entrambi basati a Stoccarda. Per il primo Wolters ha fatto riferimento a Bruxelles, mentre per il secondo ci sarebbe ancora da definire la destinazione, ma qualche voce fa emergere l’ipotesi di Napoli, lì dove d’altra parte ha sede l’Hub strategico della Nato per il sud. Per tutto questo, ha detto Esper, “ci sarà bisogno di diplomazia”.

TEMPI E DETTAGLI

Nel dettaglio, gli ha fatto eco Wolters, si sposteranno in Belgio tre quartier generali di Brigata, un battaglione per la difesa aerea e un battaglione engineering, tutti diretti in Belgio. “Due organizzazioni più piccole di supporto si sposteranno in Italia”, ha detto il generale. Come nota la Cnn, nel nostro Paese sarebbero diretti anche uno squadrone di caccia F-16 e due battaglioni. Tutto ciò avrà bisogno di “mesi per la pianificazione e anni per l’esecuzione”, ha detto Wolters, lasciando già intravedere ai commentatori d’oltreoceano la possibilità di future modifiche in caso di mancata rielezione di Trump. Il Congresso, ha rimarcato Hyten, sarà avvisato di ogni pianificazione, elemento importante data la contrarietà (piuttosto bipartisan) che le due Camere hanno mostrato per il ritiro dalla Germania. Non è un caso che il piano sia stato anticipato da tempo a Jim Inhofe, presidente della Commissione Armed Services del Senato. Inoltre, nessuno spostamento avverrà senza una consultazione con gli alleati della Nato.

GLI OBIETTIVI

Alla base della rimodulazione, c’è l’esigenza di adattarsi al nuovo confronto tra grandi potenze, almeno a sentire le dichiarazioni dei vertici militari. Il riposizionamento, ha detto Esper, permetterà agli Stati Uniti di avere “una presenza più robusta” in aree come il Mar Nero, “dandoci più flessibilità” nell’azione di deterrenza e difesa. “Stiamo indirizzando le nostre per esercitare deterrenza sul comportamento aggressivo di Russia e Cina e per contrastare la loro influenza malevola”, ha chiarito il generale Hyten, in linea con le linee-guida della National Defense Strategy che ha rimesso al primo posto delle sfide la competizione con Mosca e Pechino. “Vigilare sul confronto tra grandi potenze è un imperativo assoluto”, ha aggiunto Wolters. “Tutti i movimenti di truppe aiuteranno a mantenere o portare la pace in Europa e a rafforzare l’efficacia degli Stati Uniti”, ha rimarcato il comandante di Shape.

LE FRIZIONI CON BERLINO

Agli obiettivi strategici (ed elettorali) si aggiungono le note frizioni tra Washington e Berlino. I punti dolenti sono numerosi. Ci sono le diverse visioni sul rapporto con la Cina (fino alla recente polemica sul G7), i piccati botta-e-risposta sul Nord Stream 2 e le insoddisfazioni americane per l’impegno tedesco nel campo della Difesa. Al nodo del 2% del Pil in ambito Nato (che ha fatto infuriare Trump già dal 2018), si sono aggiunte da qualche mese le discussioni a Berlino sulla partecipazione tedesca alla dissuasione nucleare della Nato. Nonostante le rassicurazioni dei ministeri di Esteri e Difesa, Heiko Mass e Annegret Kramp-Karrenbauer, si sono fatte sentire a Washington le insofferenze dei socialdemocratici dell’Spd all’interno della Grosse Koalition guidata dalla cancelliera Angela Merkel. Un tema che si intreccia al complesso dibattito sulla sostituzione dei Tornado per la Luftwaffe. Dopo la rumorosa esclusione dell’F-35 dalla gara, la scelta del dicastero tedesco della Difesa per un mix tra i Super Hornet di Boeing e gli Eurofighter, non ha soddisfatto nessuno. Così, la presenza in Germania è divenuta un elemento da poter mettere in discussione.

LA RABBIA DI TRUMP

Tutto è iniziato lo scorso 5 giugno, quando il Wall Street Journal e Reuters hanno riportato le indiscrezioni sul piano Usa per ridurre, entro settembre, la presenza in Germania di novemila unità. Solo cinque giorni dopo è arrivata una prima conferma, seppur indiretta, quando 22 deputati del Partito repubblicano hanno scritto “molto preoccupati” a Donald Trump per chiedere di non procedere con il piano che “danneggerebbe in modo significativo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, oltre a rafforzare la posizione della Russia a nostro detrimento”. Una decina di giorni dopo sul tema è intervenuto direttamente il presidente, esplicitando tutta l’insoddisfazione americana: “Li proteggiamo, ma sono delinquenti”.

LA SPONDA POLACCA

Pochi giorni dopo, Trump ha rincarato la dose incontrando alla Casa Bianca il presidente polacco Andrzej Duda: “Stiamo per ridurre le nostre forze in Germania; alcune torneranno a casa, e altre andranno in altri posti; la Polonia sarà uno di questi”, spiegava Trump rilanciando il forte rapporto con Varsavia (e alimentando l’ipotesi di un corposo potenziamento del contingente impegnato nel Paese europeo dell’est). “La Germania sta pagando miliardi di dollari alla Russia per forniture d’energia”, aggiungeva con riferimento al Nord Stream 2. “Tu spendi miliardi di dollari a favore della Russia, e noi ti difendiamo dalla Russia? Credo che non funzioni così”.

TRA ESPER E STOLTENBERG

Nei giorni seguenti, era arrivato a Bruxelles il segretario Esper con l’obiettivo di rassicurare gli alleati sull’intenzione Usa di non abbandonare il Vecchio continente. “Nessuna decisione finale è stata presa su come e quando avverrà il ritiro”, spiegava a margine dell’incontro con il capo del Pentagono il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. “Il segretario Esper ci ha detto molto chiaramente che gli Usa sono impegnati alla sicurezza europea”, aggiungeva. Ora, con i numeri svelati emerge tale volontà, certo legata alle numerose frizioni con Berlino. Il ministero della Difesa italiano spiega che “è in corso una interlocuzione in fase iniziale, in attesa che giungano comunicazioni e richieste più dettagliate e precise da parte dell’amministrazione americana, prodromiche a ogni ulteriore approfondimento ed eventuali decisioni anche da parte italiana e che comunque richiederanno un consistente lasso di tempo per la pianificazione e la conseguente possibile attuazione”. In ogni caso, ha aggiunto palazzo Baracchini, “qualsiasi ulteriore evoluzione avverrà all’interno delle strette consultazioni tra alleati per la più produttiva operatività della Nato”.

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