Il Pil che si contrae (crollo record del 32,9% nel secondo trimestre — unica magrissima consolazione: le attese degli analisti scommettevano su -34,5%). I morti da coronavirus che hanno superato quota 150.000 in tutta la federazione (oltre 4,4 milioni i contagiati). Le tensioni con gli alleati storici (la Germania) e con i rivali geopolitici (la Cina), ma anche con i big della tecnologia. I sondaggi che lo danno dietro, e non di poco, rispetto allo sfidante democratico Joe Biden.
Così, attraverso il suo media preferito, cioè Twitter, oggi il presidente statunitense Donald Trump ha lanciato una pazza idea: “Con il voto per posta universale (non la votazione a distanza, il che è positivo), quelle del 2020 sarebbero le elezioni più inaccurate e fraudolente della storia. Sarà un grande imbarazzo per gli Stati Uniti. Rinviare le elezioni fino a quando le persone possano votare in modo corretto, tranquillo e sicuro???”, si legge nel tweet.
E via Twitter è arrivata la replica secca di uno dei membri della Commissione elettorale federale (Fec), Ellen Weintraub, già presidente della Commissione stessa: “No, signor presidente. No. Non hai il potere di rinviare le elezioni. Né dovrebbero essere rinviate. Gli Stati (confederati) e le città chiedono a te e al Congresso fondi per poter gestire correttamente le elezioni in modo sicuro e tutte le richieste degli americani. Perché non ci lavori?”, ha aggiunto.
No, Mr. President. No. You don’t have the power to move the election. Nor should it be moved. States and localities are asking you and Congress for funds so they can properly run the safe and secure elections all Americans want. Why don’t you work on that?
— Ellen L ? Weintraub (@EllenLWeintraub) July 30, 2020
GLI OSTACOLI
Non è affatto facile rinviare le elezioni, per due motivi. Il primo: serve un voto del Congresso, che è diviso. Il Partito repubblicano controlla il Senato mentre il Partito democratico la Camera dei rappresentanti. E, date le reazioni alla proposta, non sembra che a sinistra siano intenzionati a concedere un rinvio al presidente. Il secondo: il mandato presidenziale scade il 20 gennaio, è scritto in Costituzione. Per questo, un rinvio non sarebbe sufficiente a superare la crisi da coronavirus, che è sanitaria ed economica.
Senza considerare le reazioni contrarie, se non addirittura indegnate. Il potente senatore repubblicano Lindsey Graham ha bocciato la proposta del presidente definendola “non la risposta giusta”.
LE RAGIONI
Perché, dunque, quell’idea? Come nota Agenzia Nova, già in passato Trump aveva messo in dubbio la legittimità del voto per posta, già utilizzato in numero molto crescente nelle elezioni primarie per via della pandemia di coronavirus e che si prevede verrà preferito da moltissimi cittadini statunitensi nelle presidenziali di novembre per timore del contagio. Esiste inoltre la possibilità (temuta da alcuni, auspicata da altri) che un massiccio ricorso al voto per posta possa condizionare l’affluenza e quindi anche il risultato, specialmente in un Paese in cui votare può essere reso complicato dalle lunghe code ai seggi, e in particolar modo nelle zone più popolate dalle minoranze etniche, sottolinea Nova ricordando come lo stesso presidente Trump abbia votato per posta alle ultime elezioni, così come il vicepresidente Mike Pence e il procuratore generale, William Barr. Eppure Trump ha detto e scritto più volte che l’estensione del voto per corrispondenza esporrebbe le elezioni presidenziali a una manipolazione senza precedenti, falsandone il risultato.
Ci sono poi ragioni più “politiche” dietro la proposta. E non solo la necessità di “coprire” i disastrosi dati economici (la notizia del Pil è delle 8.30 ora locale, un quarto d’ora dopo è arrivato il tweet di Trump). Come ha scritto Guido Olimpio del Corriere della Sera su Twitter, “Certo che Trump non ha potere di rinviare il voto, ma lui parla ai suoi, solleva polvere. E poche settimane fa era stato Fai una ipotesi sulla mossa del presidente. Trump aveva lasciato aperti dubbi su accettazione dei risultati in caso di sconfitta”.
Ecco perché quella provocazione del presidente suona più come una chiamata alle armi che una sfida alla Costituzione americana. In attesa, forse, di una October surprise o, quantomeno, dei dibattiti contro lo sfidante che potrebbero risollevare le sorti del presidente uscente.