Nel giorno in cui l’epidemia di coronavirus torna a fare più di mille morti negli Stati Uniti – non accadeva dal 9 giugno, Donald Trump fa dietro front: la situazione “peggiorerà ancora – dice -, prima di migliorare”; ed è opportuno mettere la mascherina, anche se non lo si fa volentieri. Resta, però, l’ottimismo di fondo: “Il coronavirus scomparirà”.
Il dietro front del magnate presidente avviene durante un briefing alla Casa Bianca, assenti esperti e scienziati: non c’è il virologo Anthony Fauci né la dottoressa Deborah Brix, che segue l’incontro con i giornalisti “fuori dalla porta”, dice Trump rispondendo a una domanda.
La frase sulla mascherina, che il presidente non ha mai messo volentieri – solo due volte in pubblico finora, è sintomatica del dietro front: “Mettetela, che vi piaccia o no. Ha un’efficacia e abbiamo bisogno di tutto quello che può servire”.
I contagi giornalieri negli Stati Uniti hanno raggiunto numeri record a luglio, ma i decessi restavano sotto i mille, lontano in ogni caso dal record di 2.752 morti in un giorno il 15 aprile. Il New York Times nota che gli esperti prevedevano che i decessi avrebbero cominciato a risalire un mese dopo la risalita dei contagi, conseguente alla cessazione dei lockdown e alla riapertura delle attività. Stati come Nevada, Oregon e Tennessee hanno ieri registrato il picco assoluto delle loro vittime.
Secondo i dati della Johns Hopkins University, alla mezzanotte di ieri sulla East Coast, l’Unione contava quasi 3.900.000 contagi e quasi 142.000 decessi, rispettivamente più di un quarto e quasi un quarto dei totali mondiali.
Indietro nei sondaggi, Trump non si limita a fare dietro front sull’epidemia di coronavirus: era già tornato a indossare i panni di presidente Law&Order, riproponendo lo scontro con i poteri locali guidati dall’opposizione. Il magnate aveva così minacciato di inviare agenti federali a New York, Chicago e in altre metropoli con sindaci democratici, dove, a suo dire, la criminalità dilaga a causa del lassismo delle autorità.
Da New York, gli ribatte il sindaco Bill De Blasio: “Se ci manda i federali, lo denuncio e lo trascino in tribunale”. Poi De Blasio ironizza: Trump spesso ‘bluffa’ e non vale quindi la pena di dare troppo peso alle sue parole. Pronti a dare battaglia anche la sindaca di Chicago, afro-americana e lesbica, Lori Lightfoot – “Se vuole fare qualcosa per noi, il presidente aumenti i controlli sulle armi” – e vari altri governatori, sindaci e procuratori: “E’ un abuso di potere”.
Spunto dello scontro sui federali sono le violenze esplose nelle ultime settimane in alcune città, specie a Chicago, dove le cifre delle vittime delle sparatorie fanno impallidire il ricordo della Notte di San Valentino (12 morti e una cinquantina di feriti nel fine settimana). E ieri un conflitto a fuoco durante un funerale ha fatto 14 feriti.
Nella polemica, c’’è pure un’eco delle filippiche del presidente contro i sindaci delle ‘città santuario’ tolleranti verso gli immigrati clandestini e verso le manifestazioni antirazzismo del mese di giugno, spesso degenerate, da Seattle ad Atlanta, da New York a San Francisco, da Chicago a Louisville.
I sondaggi, ormai costanti nel dare avanti il candidato democratico Joe Biden in doppia cifra, confortano, in qualche misura, la scelta di Trump di riesumare lo slogan Law&Order: gli elettori stanno con Black Lives Matter, il movimento nero antirazzista, ma sono contro i saccheggi e l’abbattimento delle statue.
La battaglia tra Trump e i poteri locali democratici si combatte anche sui fronti del voto per posta, che il presidente osteggia, e dell’epidemia di coronavirus. Il presidente spingeva, almeno fino a ieri, per la riapertura delle scuole a settembre, pur senza avere il potere di imporla. I sussulti dei contagi stanno però inducendo anche governatori repubblicani e ‘trumpiani’, come Greg Abbott in Texas e Ron De Santis in Florida, a fare marcia indietro e a ripristinare forme di chiusura.
Il ritorno ai briefing sull’epidemia, cessati a giugno, e il dietro front su pericolosità della situazione e mascherine riflette, a giudizio dei media, più preoccupazioni elettorali che convinzioni personali del magnate presidente. E non commuove l’opposizione: “Questo è il virus di Trump”, commenta Nancy Pelosi, speaker della Camera.