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L’Anac fra legalità e deregulation. La versione dell’avv. Collevecchio

Di Marcello Collevecchio

A inizio agosto il Consiglio dei ministri ha provveduto alla nomina del nuovo Presidente dell’Anac, nella persona di Giuseppe Busia, già Segretario generale dell’Autorità garante della privacy, e degli altri componenti del CdA. Egli succede al presidente facente funzioni Merloni, che a sua volta aveva sostituito alla fine del 2019 il dimissionario Raffaele Cantone.

Congiuntamente ad altri interventi legislativi di ampia portata – quali la legge n.190/2012 ed i conseguenti decreti legislativi, in particolare il decreto “trasparenza” n.33/2013 – l’istituzione dell’Anac ha costituito uno degli strumenti con cui il legislatore alcuni anni fa ha scelto di contrastare in modo deciso il fenomeno della corruzione nell’ambito dei contratti pubblici.

In disparte dal dibattito di questi giorni sulle nomine, molti sono concordi nell’attribuire un giudizio positivo sul ruolo dell’Anac in questi anni. In particolare ha riscosso consenso il disegno di evitare che la corruzione potesse assumere rilevanza solo come reato e quindi in una fase patologica del rapporto fra funzionari ed amministrazione, per valorizzare invece la funzione di prevenzione dalla corruzione nel settore degli appalti con rimedi di tipo amministrativo e con una autorità in grado di vigilare sui contratti pubblici.

Fra le tante questioni poste, due sono state le principali. Innanzitutto quella dell’equilibrio fra una funzione strettamente ispirata alla prevenzione e lotta alla corruzione e l’esigenza di una gestione operativa e dinamica del mercato dei contratti pubblici.

L’Anac assume una duplice veste, quella di autorità anticorruzione e quella di autorità regolatrice della materia dei contratti, in questo ultimo caso acquisendo le funzioni dell’Avcp. Si tratta di funzioni fra loro diverse, che rispondono a criteri e logiche non sempre assimilabili, ricondotte nel nostro ordinamento in capo ad un’unica Autorità.

L’altro profilo delicato concerne le funzioni di regolazione e l’attribuzione all’Anac di poteri di soft-law attraverso l’emanazione delle linee-guida. A monte vi è stata la scelta del legislatore di sostituire la fonte regolamentare con un diverso strumento più flessibile rispetto alle esigenze sopravvenute (anche per evitare continue modifiche di regolamenti).

A questo proposito l’Anac ha svolto tale non agevole funzione nei limiti del sindacato del giudice amministrativo, che non di rado ha ravvisato alcune criticità degli atti Anac rispetto al perimetro delle sue competenze ed al corpo della materia.

In estrema sintesi, e con uno sforzo di semplificazione, in questi anni l’Anac ha costituito un utile strumento di prevenzione, trasparenza e vigilanza sui contratti pubblici, con il temperamento del sindacato del giudice amministrativo laddove i profili di regolamentazione venivano in contrasto con i principi della materia o allorquando i provvedimenti invadevano la sfera di discrezionalità delle amministrazioni.

Di certo i nuovi vertici dell’Anac, appena nominati, sono chiamati in questa fase ad un battesimo complicato.

La loro nomina, infatti, coincide con l’emanazione del d.l. 17 luglio 2020, n.76 (cd. decreto semplificazione) che, a dispetto del titolo di natura generale, contiene importanti modifiche della materia inerenti non solo alla scelta del contraente ed alla esecuzione del contratto, ma ad ulteriori profili “di sistema”.

A fronte delle ricadute economiche negative derivanti dalla emergenza “Covid 19”, il testo si propone di conferire un forte impulso alle infrastrutture ed ai servizi pubblici tramite una significativa “deregulation” (così Roberto Garofoli su Formiche.net ad agosto 2020).

Seppur con efficacia limitata nel tempo – vale a dire fino alle determine a contrarre emanate al 31.7.2021 – per il prossimo anno sono previste numerose deroghe alle norme del codice.

In estrema sintesi e senza pretesa alcuna di completezza (in questa sede) si tratta di: innalzamento della soglia di affidamento diretto per lavori, servizi e forniture che passa da € 40 mila ad € 150 mila (art.1); sempre per appalti sotto soglia, innalzamento delle soglie per affidamento tramite procedure negoziate; previsione di termini per il Rup per la stipula del contratto dopo l’aggiudicazione, pena la previsione di una responsabilità erariale; semplificazione delle modalità di verifiche antimafia (informativa provvisoria) per agevolare la stipula del contratto (art.3); indicazione tassativa di cause di sospensione dell’opera (art.5); previsione di opere infrastrutturali strategiche individuate con apposito Dpcm, con nomina di un Commissario Straordinario che opera con ampi poteri (sulla scorta del modello del recente ponte di Genova) (art.9).

A ciò si aggiungono tre modifiche non strettamente inerenti al codice, ma che assumono una indubbia rilevanza nel più ampio scenario della azione della p.a. e dei contratti pubblici:

– Il reato di abuso d’ufficio viene modificato, con restringimento delle condotte penalmente rilevanti (art.23); – fino al 31.7.2021 viene espunta la responsabilità erariale per colpa grave, tranne che per fatto omissivo (art.21); – nei contenziosi sugli appalti innanzi al giudice amministrativo è previsto che di norma il processo possa essere deciso con sentenza all’esito della udienza fissata per la discussione della cautelare (art.4, co.4).

Va da sé che ciascuna di queste modifiche – peraltro introdotte con un decreto legge (scelta criticabile, come rilevato da Beniamino Caravita su Formiche.net il 7 agosto) – meriterebbe una autonoma trattazione. Le ultime citate introducono un elemento di incertezza – se non di irragionevolezza – in merito alle condotte dei pubblici funzionari; a mo’ di esempio solleva molti dubbi la scelta di esonerare da responsabilità erariale il funzionario che arreca un danno con colpa grave per fatto commissivo, sanzionando invece la colpa grave per fatto omissivo.

Così come, nel processo amministrativo, le esigenze di celerità della definizione del giudizio devono essere sempre contemperate, in concreto, con la completezza della istruttoria e con la garanzia del diritto di difesa.

In ogni caso, il dato fondamentale è che in questa fase il legislatore ha operato una scelta netta nella direzione di una semplificazione delle procedure finalizzata ad un impulso dei lavori, dei cantieri, dell’economia reale, della ripresa economica.

Si apre quindi una stagione in cui tutti gli operatori del settore – amministrazione pubblica, funzionari, stazioni appaltanti, operatori economici – saranno chiamati ad un impegno diverso nella gestione degli appalti, in esecuzione delle disposizioni citate, ispirate al fine di una accelerazione ed impulso nella realizzazione di opere.

Con l’accortezza che il ricorso ad ipotesi derogatorie – quale quella di istituzione di un Commissario per la realizzazione di singole opere – possa avvenire secondo criteri di ragionevolezza ed oggettiva utilità, senza trasmodare in una prassi di gestione delle opere pubbliche (sul punto cfr. Franco Frattini, su queste colonne, agosto 2020).

Per quanto concerne l’Anac, essa sarà chiamata nel difficile compito di vigilare che nelle pieghe della “deregulation” non trovino terreno fertile situazioni di illegalità; ma allo stesso tempo contemperando tale esigenza con quella di gestire e regolare la materia in una fase di indispensabile rilancio dell’economia, possibile solo attraverso la effettiva realizzazione di opere e di pubblici servizi di cui il paese necessita.

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