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Antonella Argenti, la sindaca in lotta contro la solitudine

Finché tutto fila liscio, la solitudine può essere una fantastica forma di indipendenza. Ci si libera dagli antiquati, e spesso soffocanti, contesti familiari, amicali o di vicinato. Contesti che possono rappresentare gabbie, perché comportano condizionamenti e cristallizzano la nostra personalità in cliché dai quali è difficile affrancarsi. Però, quando le cose non vanno come dovrebbero, la rete delle relazioni personali può essere la nostra unica ricchezza, perché può assicurarci qualcosa che non si può comprare.

Lo sa bene Antonella Argenti, sindaca di Villa del Conte, una cittadina in provincia di Padova, che ha instituito l’Assessorato alla Solitudine ed è stata candidata come miglior sindaco dal World Mayor Prize 2020. L’abbiamo intervistata per PRIMOPIANOSCALAc, il foglio mensile di Telos A&S, per la serie “Interviste con i sindaci”. Leggi l’intervista.

L’assessorato è stato creato prima dell’emergenza Covid, diventando indispensabile in un periodo in cui il problema della solitudine si è ulteriormente esasperato, a causa del lockdown: “con l’arrivo del Covid-19 lo smarrimento è diventata paura ed isolamento, e l’intuizione dell’Assessorato alla Solitudine (avvenuta una settimana prima del famoso 21 febbraio) è diventato un sostegno indispensabile per tutti. Consegna a domicilio di spesa, pasti, medicine, giornali, hanno affiancato le telefonate quotidiane di supporto e cura di persone e famiglie”.

Con il suo assessorato, la sindaca Argenti ha messo il dito nella piaga del difficile rapporto tra indipendenza e solitudine. Su questo tema si scontrano due modelli sociali, che mostrano entrambi pro e contro: da una parte un sistema che spinge all’indipendenza, ma comporta l’effetto collaterale dell’individualismo; dall’altra un sistema che si appoggia sulle relazioni, ma non favorisce lo smarcarsi dalla rete familiare e, solo per fare un paio di esempi, inchioda le donne sulla croce dei lavori di cura, troppo spesso a discapito di un loro ruolo di rilievo nel mercato del lavoro, e i giovani a rimanere troppo a lungo alle dipendenze dei genitori.

Un tema affrontato da Eric Gandini nel suo documentario del 2015 “La teoria svedese dell’amore”. Gandini, italiano che vive in Svezia, ha messo in discussione il modello dell’indipendenza di un Paese nel quale la metà della popolazione vive da sola e, un quarto, muore da sola. “In Svezia tutto andava bene, standard di vita alti, progresso, pensiero moderno. Poi venne il momento di fare un altro passo avanti per liberarci da strutture familiari antiquate che condizionavano il modo di stare insieme rendendoci dipendenti l’uno dall’altro” recita la voce narrante del suo documentario.

La vicenda del Covid-19 ci ha messo di fronte alla nostra dipendenza dagli altri e ci ha fatto capire l’importanza della comunità. Ne potremmo ricavare una lezione, e mettere a punto un modello adeguato ai tempi moderni e più attento a non stritolare le donne e i giovani. Una “Teoria italiana dell’amore”.

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