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Il lockdown di Conte? Fu una scelta giusta. Il prof. Becchetti spiega perché

Se hai fatto troppo poco e il problema che volevi evitare è scoppiato allora nessun dubbio. Sei certamente colpevole (un po’ quello che sta succedendo con le opinioni pubbliche in Brasile e negli Stati Uniti giustamente fortemente critiche verso l’atteggiamento dilettantesco, ondivago ed arruffone dei loro leader). Se hai fatto abbastanza per rendere il problema inoffensivo, il problema diventa per ciò stesso invisibile, di poco conto e quindi le misure prese sono state esagerate, eccessive e hanno costituito un limite inaccettabile alla libertà e alla vita economica, un attentato alla costituzione.

Così è stato con il contrasto alla pandemia in Italia. A marzo la situazione era grave (impossibile dimenticare gli ospedali congestionati, i medici costretti a stabilire criteri inevitabilmente crudeli per decidere chi aveva diritto alla terapia intensiva, le file di bare dentro i camion militari a Bergamo). Le decisioni drastiche sono state fondamentali per frenare l’epidemia.

Ci viene in soccorso un bel lavoro scientifico recente che confronta la ripresa di reddito ed occupazione nelle città americane dopo la Spagnola (Correia, Luck and Verner, 2020). A parità di altre condizioni le città con restrizioni più severe hanno realizzato nel tempo performance migliori dal punto di vista economico. Il motivo è che la ripresa è stata poi decisa e non ci sono stati strascichi o seconde ondate.

Anche i dati recentissimi del secondo trimestre 2020 ci dicono qualcosa di simile. Per la prima volta forse non siamo fanalini di coda tra i Paesi europei e abbiamo fatto meglio di Spagna e Francia in termini di dinamica economica nei tre mesi da Aprile a Giugno. Con un lockdown severo, esteso a tutto il Paese, abbiamo evitato guai peggiori. Purtroppo la prova assoluta di quest’affermazione è impossibile da avere perché non possiamo confrontare ciò che è successo con quello che sarebbe successo con un lockdown più leggero o senza lockdown. Le fosse comuni in Brasile e l’epidemia ancora in pieno corso negli Stati Uniti (oltre all’esperienza storica delle città americane ai tempi della Spagnola) dovrebbero però insegnarci qualcosa.

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