Ritorno alla casella di partenza: cinque mesi fa, subito dopo il decisivo Super-Martedì, il 3 marzo, Kamala Harris era in pole position come vice di Joe Biden, quasi una scelta scontata; poi, ci sono stati in mezzo 150 e più giorni di illazioni e decine di nomi alternativi; ma, ieri, Biden ha scelto Harris come suo vice.
È la terza donna a essere nominata per la vice-presidenza da uno dei due maggiori partiti Usa, dopo Geraldine Ferraro – democratica, nel 1984, e Sarah Palin – repubblicana – nel 2008 ed è la prima afro-americana (ed anche asiatico-americana: ha padre giamaicano e mamma indiana). A 54 anni, può rappresentare il cambio generazionale della leadership democratica fin qui mancato, dietro Biden, Hillary Clinton, Bernie Sanders, Elizabeth Warren, tutti ultrasettantenni.
Pragmatica e moderata, la senatrice della California, che Donald Trump e i repubblicani hanno subito cominciato a dipingere come una ‘liberal’ sfegatata, è stata considerata la scelta più sicura dalla campagna di Biden.
Il processo di selezione, andato avanti per mesi, è giunto al suo epilogo martedì pomeriggio: il candidato democratico ha comunicato la sua scelta al suo stafff e ha poi cominciato un giro di telefonate per informare chi aveva preso in considerazione e non aveva scelto, come Karen Bass, deputata della California e presidente del caucus afro-americano in Congresso, e Gretchen Whitmer, governatrice del Michigan.
Poi, 90 minuti prima dell’annuncio, la telefonata alla Harris, di cui Biden aveva sempre espresso giudizi lusinghieri, dal momento in cui aveva abbandonato la corsa alla nomination, nonostante scontri accesi nei dibattiti fra gli aspiranti democratici. È “intelligente, tosta e pronta per essere leader”: così l’ha presentata agli elettori americani.
La Harris gli ha così fatto eco su Twitter: “Joe Biden può unire gli americani … ha trascorso la vita a battersi per noi. Come presidente, realizzerà un’America all’altezza dei nostri ideali … Sono onorata di unirmi a lui e di fare tutto il possibile per farlo divenire il nostro comandante-in-capo”.
Biden aveva più volte detto di volere una vice in grado di assumere il comando se ce ne fosse bisogno. Se conquisterà la Casa Bianca, Biden, a 77 anni, sarà infatti il presidente più anziano mai eletto e mai entrato alla Casa Bianca – ne avrà 78 al momento dell’insediamento.
D’altro canto, si era detto che Biden voleva una vice concentrata sul suo lavoro e non tutta proiettata sul 2024: la Harris, in questo senso, dovrà fare uno sforzo, perché, come vice, sarà potenzialmente vista come la naturale candidata democratica fra quattro anni.
Largo e immediato il coro d’apprezzamenti positivi da parte democratica. Barack Obama: “Conosco la senatrice Harris da lungo tempo … Con lei, Joe ha un partner ideale che lo aiuti ad affrontare le vere sfide del nostro Paese …È più che preparata per l’incarico. Ha fatto la sua carriera difendendo la Costituzione. E’ una bella giornata per il nostro Paese. Ora vinciamo”.
Hillary Clinton: Kamala Harris é una “leader incredibile, sarà una partner forte di Joe Biden”. Bernie Sanders: la senatrice “capisce che cosa serve per essere a fianco ai lavoratori, per combattere per la sanità per tutti e per rimuovere la più corrotta Amministrazione della storia”. Nancy Pelosi: è “una tappa fondamentale per il nostro Paese”. Dal mondo dello sport a quello dello show-biz, fioccano consensi. Mary Trump, nipote del presidente, autrice d’un libro molto critico sul magnate, twitta: “Grazie Biden. La Harris sarà la nostra prossima vice-presidente. Ci riprenderemo il Paese”.
Trump e la sua campagna cercano invece di sgretolare il ticket democratico. Prima dell’annuncio, Trump dice a Fox Radio Sport che Biden si è “legato le mani”, impegnandosi a scegliere una donna come vice, una scelta dalla quale molti uomini si sentono “insultati”. Dopo l’annuncio, Trump twitta con un video che Sleepy Joe e Kamala ‘la falsa’ sono “perfetti insieme, ma sbagliati per l’America” e attacca la Harris, espressione – dice – della sinistra radicale che vuole aumentare le tasse di miliardi di dollari.
La Harris ha un soprannome impegnativo, l’ “Obama donna”. Colta e capace di trascinare le folle, Kamala, ex procuratrice di San Francisco prima e della California poi, prima donna afro-americana a ricoprire tali incarichi, conquistò il seggio al Senato nel 2016 e dichiarò subito guerra al magnate appena divenuto presidente, che a suo avviso non è l’America o almeno non è la sua America.
In Senato la sua statura politica e il suo prestigio si sono rapidamente imposti: i suoi ‘interrogatori’ al segretario alla Giustizia Jeff Sessions o al futuro giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh, durante varie audizioni, divennero virali e la accreditarono presso gli elettori democratici in cerca d’un volto nuovo per il loro partito.
Da qui, la decisione di provare a correre per la Casa Bianca: costretta a ritirarsi, a corto di fondi, era però emersa come una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle primarie. I repubblicani già sfruttano l’aspro confronto fra i due nel corso di uno dei dibattiti, quando la senatrice rinfaccio all’ex vice-presidente di avere collaborato con due senatori segregazionisti negli anni Settanta.
La Harris aveva raccontato di conoscere una ragazzina nera che, per fortuna, aveva potuto andare in una scuola migliore grazie al servizio di scuolabus istituito per le minoranze dei quartieri più disagiati, servizio al quale il senatore Biden si era opposto: “Quella ragazzina ero io”.
Ma anche i Trump hanno qualche scheletro nell’armadio da nascondere, circa la Harris: Donald e sua figlia Ivanka donarono, infatti, migliaia di dollari alle sue campagne, quando, in California, correva per cariche locali. Adesso, il presidente dice che “è più cattiva di Pocahontas”, come lui chiama la Warren, che è ‘liberal’, che vuole aumentare le tasse, che non è la scelta giusta per Biden – o non lo è per lui? – e che l’America non la vuole.
Il soprannome ingombrante di ‘Obama donna’ non l’ha mai spaventata, anzi la senatrice si è sempre mostrata desiderosa di raccogliere le sfida. L’ex presidente non ha mai nascosto la sua ammirazione per lei, nonostante lei ne abbia talora preso le distanze, ad esempio sulla politica delle espulsioni degli immigrati illegali. “Non ero d’accordo con il mio presidente”, il cui ordine era di procedere con le espulsioni di ogni immigrato senza documenti, a prescindere dai loro precedenti penali, riconobbe, durante il primo dibattito fra gli aspiranti democratici a Usa 2020.
L’effetto Harris s’è già fatto sentire sulle casse democratiche: in quattro ore, la maggiore piattaforma che raccoglie donazioni per i democratici, ha ricevuto 10,8 milioni di dollari, quasi cinque volte più di quanto aveva raccolto nello stesso arco di tempo il giorno prima.
Fronte coronavirus, gli Stati Uniti hanno registrato ieri quasi 47 mila nuovi contagi e 1.074 decessi: secondo i dati della Johns Hopkins University, alla mezzanotte sulla East Coast i totali erano oltre 5.141.000 contagi e oltre 164.500 decessi. Ma Trump dice che i casi negli Usa diminuiscono e aumentano in Europa.
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