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Bielorussia, prove generali di politica estera europea (guida Merkel)

“Non riconosciamo il risultato delle elezioni” in Bielorussia del 9 agosto scorso. È la posizione chiarissima emersa oggi dal vertice straordinario Ue in videoconferenza e annunciata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “A breve” i 27 imporranno sanzioni contro “un numero consistente di persone responsabili di violazioni dei diritti, di violenze e di brogli elettorali” in Bielorussia, ha confermato Michel spiegando poi che non è escluso che tra i destinatari della misure ci sia anche il contestato presidente Aleksandr Lukashenko. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Il popolo bielorusso vuole il cambiamento e lo vuole adesso, siamo impressionati dal coraggio del popolo bielorusso, che da dieci giorni scende in piazza in numeri senza precedenti”.

Ma la Germania, presidente di turno dell’Unione europea, si è già chiamata fuori (probabilmente anche alla luce dell’estrema sensibilità del dossier per Mosca, importante partner energetico di Berlino): non possiamo svolgere un ruolo di mediazione nella crisi in Bielorussia perché il presidente Lukashenko si è rifiutato di rispondere alla richiesta di un colloquio con la cancelliera tedesca Angela Merkel. A dichiararlo è stata proprio Merkel al termine della riunione straordinaria del Consiglio europeo che ha fatto emergere con chiarezza la leadership tedesca (interlocutrice privilegiata del presidente russo Vladimir Putin).

Il governo bielorusso deve “astenersi dall’usare la violenza contro manifestanti pacifici, rilasciare immediatamente i prigionieri politici e avviare un dialogo nazionale con l’opposizione e la società al fine di superare la crisi”, ha dichiarato Merkel. Nella telefonata Putin ha sottolineato però “l’inaccettabilità” di “interferenze straniere negli affari interni della Bielorussia”.

Da Mosca, intanto, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha spiegato che non c’è bisogno al momento di “sostegno russo” alla Bielorussia: il Trattato di sicurezza collettiva e il Trattato sullo Stato dell’Unione di Russia e Bielorussia “contengono una serie di obblighi delle parti, che prevedono l’assistenza reciproca ma al momento non ce n’è bisogno e, in realtà, la leadership bielorussa ha ammesso l’assenza di tale necessità”. Il portavoce ha inoltre sottolineando che la situazione va tenuta all’interno “dell’alveo legale” e va costruito “il dialogo”. E il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, ha definito il voto “non ideale”. Due segnali che sembrano dimostrare gli interessi di Mosca a giocare un ruolo centrale anche nel post Lukashenko.

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