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Il cambiamento, il ruolo dei cattolici e Draghi. La riflessione di Delle Foglie (Mcl)

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Se c’è un mondo che ha ascoltato con estrema attenzione e vivo interesse le parole pronunciate da Mario Draghi al Meeting di Rimini (qui il discorso completo), è certamente l‘universo cattolico italiano. Quello, per intenderci, che da anni è privo di una leadership e di una rappresentanza politica degni di questo nome. Vittima, infatti, del grande moto collettivo della disintermediazione, il mondo cattolico si è ritrovato sempre più afono. E a poco sono valsi, sino ad oggi, i frequenti stimoli di papa Francesco per una più forte presenza su temi decisivi per il futuro dell’umanità come quello dell’emergenza ambientale, così come l’invito pressante dei vescovi italiani, e in particolare del cardinale presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, a un rinnovato protagonismo. Solo l’11 luglio scorso, in occasione della festa di San Benedetto, il cardinale affermava che “per rispondere alle sfide imposte dalla pandemia nel mondo contemporaneo non abbiamo bisogno soltanto di grandi esperti o di tecnici, ma abbiamo bisogno soprattutto di uomini e donne che si fanno ambasciatori di Cristo. Uomini e donne che esprimono con passione e generosità la loro vocazione e si mettono a disposizione della comunità”. Ed ancora: “In ogni ambito dell’agire umano, nella famiglie e nella scuola, nel lavoro e nel tempo libero, ogni cristiano è chiamato a incarnare le Beatitudini con atti concreti e non solo a parole. Perfino nella vita politica e nell’esercizio del potere”.

Ecco, se rileggiamo in controluce le parole di Mario Draghi, osserviamo che la sua è esattamente la risposta che i cattolici chiedono alla politica: una visione ed un impegno etico al servizio della responsabilità pubblica, prima fra tutte la politica che determina i destini dei popoli, delle nazioni, delle comunità, delle famiglie, dei corpi intermedi e delle singole persone. Può sembrare poco, ma dopo anni vissuti in una bolla mediatico-politica alimentata dal giustizialismo e dai populismi di varia natura che hanno scorrazzato liberamente in Italia, sembra quasi di poter respirare una boccata d’aria pura.

Ma questo non può bastare a riempire il baratro che divide i cattolici dalla politica. Anch’essi divenuti una facile preda dell’offerta politica vincente (normalmente quella che grida più forte) o, al pari di tutti gli altri cittadini-elettori, dell’antipolitica militante. Dunque, ben venga la lezione di Mario Draghi a indicare un percorso per i cattolici che hanno ancora a cuore il futuro del Paese e credono di poter svolgere un ruolo che non si limiti alla denuncia o alla protesta. Ma occorrono menti nuove e gambe nuove. Quando Draghi ricorda la celebre citazione dell’economista John Maynard Keynes , “quando i fatti cambiano, cambio la mia opinione”, parla certamente a tutti, ma anche ai cattolici italiani. Cioè li invita, ci invita, a pensare in modo diverso. Cosa che noi cattolici italiani non facciamo da troppo tempo.

Forse la prossima Settimana sociale dei cattolici (Taranto, febbraio 2021) proverà a tracciare un percorso nuovo, partendo dalla sfida ambientale e sulle orme della Laudato Sì. Ma è sotto gli occhi di tutti che malgrado alcuni piccoli segnali di risveglio, vedi l’intelligente opposizione al ddl sulla omotransfobia, i cattolici italiani fanno fatica a parlare con una sola voce. E tutte le mezze voci, i silenzi e i sussurri, altro non sono che la plastica dimostrazione di un passaggio storico: superata la formula del trasversalismo politico-parlamentare degli anni Novanta e del primo decennio del nuovo secolo (la cosiddetta “dottrina Ruini”), nessun’altra forma di rappresentanza pubblica del cattolicesimo politico si è manifestata.

Ora qualcuno penserà subito a una sorta di candidatura Draghi a ricoprire questo ruolo. Nessuno sinceramente è in grado di strattonarlo. Per ora lo ringraziamo della sua visione di futuro per il Paese e soprattutto per i giovani. Ma siamo tutti ben consapevoli che una sola persona non cambia il corso della politica in un Paese complesso come il nostro. Lo sanno bene Berlusconi, Prodi, Monti e Renzi. E sembrano presagirlo gli stessi Salvini e Grillo. E forse anche il premier Conte. Una ragione in più, per i cattolici italiani che non disprezzano qualunquisticamente la politica, per pensare in modo nuovo. Fatti nuovi, pensieri nuovi.

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