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5G e rete unica, diciamo no al takeover della Cina. L’affondo di Capitanio (Lega)

Di Massimiliano Capitanio

L’Italia rischia di tornare ad essere un Paese analfabeta, e quindi più facilmente colonizzabile (dalla Cina). Se da una parte è sotto gli occhi di tutti il disastro delle nostre scuole, in balia di banchi a rotelle e direttive fantasma, dall’altra sprofondiamo nell’analfabetismo digitale proprio nel momento in cui e-learning e smart working sono diventati elementi chiave per giudicare la civiltà di uno Stato. Dal 2015 l’Italia è priva dell’autostrada digitale, il Piano Renzi per portare la banda ultralarga in tutta Italia entro il 2020 è miseramente fallito, complice anche la staffetta al Mise con Di Maio e Patuanelli.

Dei 6.753 Comuni che sarebbero dovuti essere connessi con i bandi 1 e 2 affidati a Open Fiber, solo 715 hanno visto accesa la fibra: bisogna fare i conti con questa realtà quando si dice che “la rete la fa lo Stato”. Quale Stato, si è chiesta la Lega? Mentre il governo è spaccato in mille posizioni diverse (molti invocano la rete unica statale ma il Pd con Enza Bruno Bossio e il ministro pentastellato Pisano ribadiscono la necessità di partner privati), è incombente l’ombra cinese. Conte ha bloccato con una telefonata aberrante l’operazione Tim-Kkr e aperto le porte al 5G cinese con un Dpcm secretato.

Luigi Di Maio in queste ore si è inginocchiato al ministro degli esteri cinesi Wang Yi per un motivo ben preciso, la Via digitale della Seta: garantire che la rete unica (da cui passano i nostri dati e la nostra sicurezza) la farà il governo con Huawei, ovvero non l’Italia, ma la Cina. E noi così facendo metteremo il primo piede fuori dalla Nato. Con brindisi dell’ala marxista del M5S. Il Pd ne è complice?

Oltre alle ragioni geopolitiche, ci sono poi le ragioni della nostra quotidianità. Quotidianità che ci impone di rispondere ad aziende, scuole, cittadini che viaggiano a 5 mega, mentre la civiltà digitale ne imporrebbe almeno 100. Dove le cose funzionano, purtroppo bisogna constatare che ci hanno pensato i privati. Le parole di Delrio, persona seria e competente, sono sbalorditive: è paradossale che importanti esponenti del governo si siano accorti di questo deficit solo ad agosto 2020. Lo Stato non deve possedere la rete, deve controllarla. Lo Stato di cui parla Delrio non è stato capace nemmeno di portare i 400 milioni di euro per la bul nelle scuole, sbloccati con una Risoluzione della Lega visto che Pd e M5S li tenevano congelati dal 2017. Se oggi esiste una rete in fibra o comunque ad alta velocità è grazie ai tanti privati che garantiscono la connettività ai nostri territori, e non si tratta solo di Tim, penso al pionieristico impegno delle aziende che usano tecnologia fwa. Lo Stato dovrebbe fare una cosa: vigilare sulla sicurezza dei dati che passano dalla rete, e invece apprendiamo dalla stampa che li stiamo per offrire in pasto alla dittatura cinese.


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