(fonte foto www.enordest.it)
Dopo otto anni di duro calvario dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre della Marina militare, appartenenti al corpo del Battaglione San Marco, finalmente si chiude la controversia tra l’Italia e l’India. Con la sentenza definitiva emessa dai cinque giudici dell’arbitrato internazionale del mare a seguito dell’incidente del mercantile Enrica Lexie avvenuto nel 2012. Della vicenda mi sono occupato quando ho scritto un libro. Grazie anche alla collaborazione dell’ambasciatore Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Esteri all’epoca dell’incidente. All’ex ministro devo la prefazione delle mie pagine.
La drammatica odissea dei due marò, a bordo della petroliera Enrica Lexie, come nuclei di protezione militare per difendere la nave da attacchi di pirati, è incominciata nell’Oceano indiano. Al largo delle coste dello Stato del Kerala. E’ iniziato tutto quando il bastimento, battente bandiera italiana, incrociò un peschereccio indiano reputato una minaccia dal gruppo di militari presenti sulla nave. I due fucilieri italiani spararono dei colpi di avvertimento.
Accidentalmente finirono per raggiungere due dei pescatori indiani che si trovavano a bordo del peschereccio. Ciò portò alla reazione delle autorità indiane che, con un escamotage ingannevole, riuscirono a convincere la nave privata Enrica Lexie ad entrare nelle acque territoriali. Sino ad attraccare nel porto di Kochi.
Non terminò qui. Anzi le stesse autorità di polizia indiane chiesero ai due marò di scendere dalla nave per raccontare l’accaduto e raccogliere informazioni. In realtà, anche nei loro confronti la stessa polizia locale, sempre con astuzia e raggiro, alla presenza del console italiano, ci si comportò furbescamente procedendo al fermo. Poi alla traduzione dei due militari italiani verso il carcere. Solo successivamente, grazie all’intervento del governo di Roma, furono trasferiti presso la sede diplomatica italiana a Nuova Delhi. Sino alla costituzione dell’arbitrato del mare ad hoc. Dalla istituzione di questo tribunale arbitrale a partire dal 2016 sino ad oggi iniziava la via crucis per i due italiani al servizio del nostro Paese.
Il compito dei giudici dell’arbitrato del mare era determinare a chi spettasse la giurisdizione sul caso. E non di giudicare le responsabilità dei due militari. I due fucilieri italiani, considerati
organi dello Stato, erano coperti dall’immunità funzionale. Pertanto, non potevano essere convocati per rispondere dalla propria condotta considerata illecita da parte delle autorità indiane. Quanto detto non sta a indicare che i due militari siano esenti da essere perseguiti dalla giustizia italiana. Tanto è vero che è la stessa sentenza dell’arbitrato a evidenziare gli aspetti di diritto interno del comportamento di Girone e Latorre e che tale condotta di entrambi dovrà essere sottoposta all’esame della giurisdizione penale competente (in tal caso il Tribunale di Roma).
Questo non può renderci che felici. Ma va detto che i giudici del mare hanno considerato la richiesta dell’India e, quindi, statuito i due fucilieri, in quanto organi ufficiali diretti dello Stato italiano, responsabili di aver violato quello che viene chiamato il principio della libertà di
navigazione in alto mare. Il che comporta – sempre a parere dei cinque giudici – il vincolo di riparazione dell’illecito che si è venuto a consumare. La cosa davvero ambigua di questa sentenza è che, pur non avendo il nostro Paese arrecato danni di tipo materiale e morale al peschereccio indiano, volente o nolente, deve sborsare danaro come misura idonea per
risarcire i pescatori del piccolo bastimento St. Anthony. Anche se il nostro Paese aveva già provveduto a risarcirli qualche anno fa.
Non si può non essere contenti del risultato ottenuto. Cioè quello che i due militari non dovranno essere giudicati dall’autorità giudiziaria indiana. Tuttavia la sentenza sembra offuscata da qualche perplessità. È vero – da una parte – che i due marò non dovranno essere giudicati all’estero cioè dai giudici indiani, in quanto la condotta viene imputata allo Stato, il solo diretto responsabile, e non ai due fucilieri. Ma è anche vero – dall’altra parte – che il nostro Paese viene condannato per essere stato responsabile dell’incidente avvenuto in acque internazionali. E aver violato il principio della libertà di navigazione in alto mare.
Un altro punto titubante è che, nella sentenza, non vi è traccia delle responsabilità dell’India di aver violato il diritto internazionale. In particolar modo quello dell’immunità dalla giurisdizione. Dove i due militari furono tratti in arresto e imprigionati (ingiustamente!). In questa sentenza il nostro Paese ha vinto per modo di dire. In realtà esce da questa assurda storia malconcia. Mentre l’India è uscita indenne senza accuse delle proprie responsabilità sul piano internazionale.
Giuseppe Paccione
(il mio articolo già pubblicato sulla testata giornalistica https://www.enordest.it/2020/07/18/caso-maro-italia-vittoriosa-a-meta/)