Almeno 800 persone potrebbero essere morte in tutto il mondo a causa della disinformazione sul coronavirus nei primi tre mesi di quest’anno. È quanto si legge in uno studio pubblicato da alcuni esperti della University of New South Wales in Australia sull’American Journal of Tropical Medicine and Hygiene. Si stimano, inoltre, in 5.800 unità le persone ricoverate in ospedale a seguito di fake news sui social media.
Il rapporto sottolinea la presenza di un’infodemia parallela alla pandemia fatta di disinformazione, fake news, teorie del complotto in almeno 25 lingue e in 87 Paesi. Sono state almeno tre da gennaio ad aprile le ondate infodemiche a colpi di affermazioni false o non verificate, frasi discriminatorie e complottismo.
Tuttavia, difficilmente conosceremo mai il bilancio reale dei morti e dei ricoverati a causa della disinformazione. Basti pensare all’Iran, i cui dati ufficiali sono stati messi in dubbio da autorevoli inchieste giornalistiche e dove si sono verificati molti dei presunti decessi per avvelenamento da metanolo, che però sono impossibili da verificare.
Come raccontato da Formiche.net, alcune settimane fa in audizione alla commissione Esteri della Camera Stefano Mele, avvocato esperto di cybersicurezza, partner dello Studio Carnelutti e presidente della Commissione cibernetica del Comitato atlantico italiano, affrontava il tema della “guerra attraverso le informazioni”. Tra gli obiettivi: creare divisioni tra nazioni alleate; manipolare tensioni tra gruppi etnici; creare attrito tra individui in un gruppo o in un partito; minare la fiducia che gruppi specifici di una comunità hanno nei confronti delle loro istituzioni; erodere la legittimità di un governo o la reputazione di un individuo; facilitare una specifica decisione politica.
“Questi obiettivi vengono attuati attraverso operazioni di propaganda (che cerca di coinvolgere emotivamente i bersagli) e di disinformazione (che cerca invece di manipolare la parte razionale dei bersagli attraverso, ad esempio, informazioni false) attuate oggigiorno principalmente – anche se non esclusivamente – per mezzo di Internet”, spiegava l’avvocato Mele evidenziando come il coronavirus abbia rappresentato una ghiotta occasione per attori quali Russia e Cina per diffondere disinformazione in Occidente. La “disinformazione può uccidere”, come aveva avvertito l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell in primavera, all’inizio della pandemia.