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Così la Privacy rimbalza l’Inps sui furbetti. Triste storia italiana, sic!

Il Garante della privacy ha ribadito all’Inps il via libera alla pubblicazione dei nomi dei politici che hanno percepito il bonus 600 euro per le partite Iva in difficoltà.

“Spetta all’Inps verificare caso per caso, previo coinvolgimento dei soggetti controinteressati, la possibilità di rendere ostensibili tramite l’accesso civico i dati personali richiesti — valutando anche la diversa posizione ricoperta dai titolari di cariche politiche elettive a livello nazionale e locale — alla luce della normativa e delle Linee guida dell’Anac, in conformità con i precedenti del Garante in materia di accesso civico. Il Garante si riserva di valutare in separata sede, anche a conclusione dell’istruttoria aperta nei confronti dell’Inps, eventuali altre ipotesi di comunicazione dei dati personali trattati in occasione della vicenda in esame”. È quanto si legge in una nota odierna Garante per la protezione dei dati personali in merito alla vicenda dell’erogazione del bonus Covid dopo le richieste di chiarimenti da parte del presidente dell’istituto di previdenza Pasquale Tridico. Che, audito in commissione Lavoro venerdì scorso, aveva riferito di aver chiesto al Garante della privacy chiarimenti sulla possibilità di diffondere i dati anche dei soggetti che avevano fatto richiesta del bonus senza però ottenerlo

Nello specifico, per quanto riguarda l’eventuale pubblicazione dei dati personali dell’intera lista dei beneficiari di contributi economici, che riguardano diversi milioni di cittadini, il Garante ha ribadito all’Inps le indicazioni già fornite alle pubbliche amministrazioni con le proprie Linee guida in materia di trasparenza.

Nelle Linee guida è evidenziato che la disciplina sulla trasparenza prevede – quale condizione di efficacia per l’erogazione del contributo – l’obbligo di pubblicazione degli atti di concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati di importo superiore a mille euro. Non possono, tuttavia, essere pubblicati i dati identificativi delle persone fisiche destinatarie di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici, nonché gli elenchi dei relativi destinatari nel caso in cui, fra l’altro, “da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati” (art. 26, comma 4, d. lgs. n. 33/2013).

Così, continua il garante: “Spetta dunque all’amministrazione destinataria dell’obbligo di pubblicazione valutare la sussistenza delle condizioni di disagio e, nel caso, provvedere all’erogazione del contributo economico, senza procedere alla pubblicazione dei dati personali del beneficiario. Ciò è già stato fatto dall’Inps all’atto dell’erogazione del contributo, classificando il beneficio del bonus 600 euro, alla luce del cd. Decreto Cura Italia, fra gli ammortizzatori sociali cioè un genere di prestazioni erogate dall’Istituto a sostegno del reddito e dunque idonee a rivelare in quanto tali una situazione di disagio economico-sociale del soggetto che le percepisce”. Mentre, continua ancora la nota, “per quanto riguarda, invece, le richieste di accesso civico generalizzato ricevute dall’Inps riguardo ai dati dei beneficiari del bonus, il Garante ha ritenuto che, nel caso di specie e in questa fase procedimentale, non ricorrano i presupposti per l’adozione di un parere formale dell’Autorità. Il Garante, infatti, è chiamato a intervenire solo successivamente, a seguito della richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza in caso di riesame laddove l’accesso generalizzato sia stato negato o differito per motivi attinenti alla protezione dei dati personali”.

E ancora: “Il Garante ha ritenuto tuttavia opportuno richiamare l’attenzione dell’Inps su quanto riportato nelle Linee guida dell’Anac, laddove si chiarisce che per valutare l’esistenza di un reale pregiudizio concreto alla riservatezza degli interessati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso civico ai loro dati, l’ente destinatario della richiesta deve far riferimento a diversi parametri. Tra questi vi è anche “il ruolo ricoperto nella vita pubblica, la funzione pubblica esercitata o l’attività di pubblico interesse svolta dalla persona cui si riferiscono i predetti dati”, unito alla circostanza – come indicato anche nel comunicato stampa dell’11 agosto – che nel particolare caso esaminato per singole posizioni si può venire a conoscenza, successivamente all’erogazione del contributo, della non sussistenza di una vera situazione di disagio economico-sociale di chi ha percepito il bonus”.


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