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Da Meloni a Mannino, così la politica ricorda il Picconatore

Alla vigilia del decennale dalla morte di Francesco Cossiga, le forze politiche di ieri e di oggi hanno scelto di ricordare il Presidente emerito della Repubblica con parole di stima e qualche rimpianto. Dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni all’ex ministro democristiano Calogero Mannino, fino ad arrivare a Sergio D’Elia, ex esponente di Prima Linea e oggi segretario di Nessuno tocchi Caino. E ancora il figlio di Giulio Andreotti, Stefano, e il figlio dello stesso Cossiga, Giuseppe, che ricorda il padre più che l’uomo politico.

DA PRESIDENTE NOTAIO A PICCONATORE

“Il Brigadiere a titolo onorifico dell’Arma dei carabinieri Francesco Cossiga non era un conformista, non si allineava al pensiero unico e tantomeno al politically correct e restano indimenticabili alcune sue dichiarazioni e apparizioni tv. ‘Facevo il matto per farmi ascoltare dal mondo politico’ raccontò in un libro'”, dice all’Adnkronos Giorgia Meloni, leader di Fdi, ricordando Francesco Cossiga. “Da presidente ‘notaio’ a ‘picconatore’, lui è stato un capo dello Stato unico nel suo genere, fuori dagli schemi fino a quel momento conosciuti, diverso dai suoi predecessori e dai suoi successori. A Cossiga -conclude – va riconosciuto di aver difeso con forza e amore le istituzioni e, semmai, ha picconato giustamente la cattiva politica con coraggio e sottile ironia”.

MANNINO, FALCONE E COSSIGA

“Fui io a portare il giudice Giovanni Falcone all’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Una mattina alle 8 Cossiga aprì la porta e si trovò dietro la porta me e Falcone. Il magistrato era molto amareggiato per la mancata nomina a giudice istruttore ma anche al Csm e voleva andare all’Onu, a Vienna, ma Cossiga lo fermò e gli disse che si doveva prima occupare del maxiprocesso”. A raccontare l’aneddoto all’Adnkronos è l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, ricordando l’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga alla vigilia dell’anniversario della sua scomparsa. “Cossiga – racconta Mannino nell’intervista – fu il vero artefice della nomina di Giovanni Falcone agli Affari penali al Ministero della Giustizia. Pur rendendo onore a Claudio Martelli, a cui va riconosciuta la nomina, fu un pensiero di Cossiga, una proposta dell’ex ministro della Giustizia Giuliano Vassalli che era, però, alla fine del suo mandato perché venne nominato giudice costituzionale”.

Oggi, prosegue Mannino, “manca uno come Cossiga”, e servirebbe “in un periodo come questo”. “Basterebbe andare leggere il passaggio che fece al Parlamento sulla crisi istituzionale, sulla crisi del rapporto tra Parlamento e governo e, soprattutto, la crisi del rapporto legislativo, esecutivo e giudiziario. Cossiga era un costituzionalista per cultura e formazione, un costituzionalista liberal. E’ stato un liberale degasperiano”. “Aveva una dimensione di personalità singolare, straordinaria”.

IL RAPPORTO CON ALDO MORO

“Giovanissimo, giunto in Parlamento, entra nel circolo dei leader, per i rapporti con Segni, con Taviani, ministro della Difesa di quel tempo, un personaggio importante”, prosegue Mannino. “E stabilisce anche un rapporto con Aldo Moro, del quale diviene se non un prediletto, un alunno molto apprezzato di cui si fida moltissimo”. “Sarà la ragione per cui nel momento in cui si deve formare un appoggio del Partito comunista, Aldo Moro manda Cossiga al Viminale”, dice ancora l’ex ministro. “Quasi a volere sottolineare che è una persona di fiducia non solo nel rapporto personale: sa che conosce i meccanismi del mondo che integrano l’Italia a una parte del mondo o la contrappongono a un’altra parte del mondo. Fuor di metafora, Cossiga conosce benissimo la Nato, la Cia, l’Fbi e conosce benissimo Londra, quindi è un uomo non sprovveduto, provvisto di conoscenza ed esperienza e sensibilità”.

“Questo rapporto con Aldo Moro è poi essenziale ai fini della strategia politica. Fino a quando il rapporto prevalente di Cossiga è stato con Segni e Taviani si è mosso nell’area dei Dorotei, lo erano Segni e Taviani ma anche Moro in un primo momento”, racconta. E poi c’è la vicenda dolorosa del sequestro e la morte di Aldo Moro. “Cossiga ha avuto dal destino purtroppo affidata la vicenda del sequestro e l’uccisione di Moro – dice – molte volte nelle periferie disinformate o malamente informate si mette in discussione il ruolo di Cossiga durante il sequestro Moro, e parlo per testimonianza personale e non de relato”.

LE LUCI CHE PREVALGONO SULLE OMBRE

“La figura di Cossiga sicuramente ha una sua originalità e una sua particolarità nella storia della Repubblica: non può essere omologato nella categoria dei presidenti ‘normali’, è stato eccentrico e anticonformista. Nel bene e nel male, perché non è possibile dimenticare quello che nella sua prima fase di vita politica ha compiuto”, ricorda ancora l’ex esponente di Prima Linea Sergio D’Elia, oggi segretario di Nessuno tocchi Caino. “Non si possono dimenticare la gestione dell’ordine pubblico in occasione delle manifestazioni per il divorzio – continua D’Eelia – il suo comportamento dopo l’assassinio di Giorgiana Masi, un tentativo di usare il problema della sicurezza e dell’ordine pubblico a fini autoritari. Cossiga è stato anche questo, ma è stato anche nell’ultima parte della sua vita politica e istituzionale quello che ha posto un freno alla magistratura”.

Eppure, per D’Elia le luci prevalgono sulle ombre: “Di lui ricordo una cosa per cui alla fine prevale un apprezzamento per questa figura: è ciò che disse sulla strage di Bologna. Cossiga non solo disse che non era opera di Fioravanti e Mambro, e su questo non c’erano dubbi, ma in generale non era opera dei fascisti: spezzò quel luogo comune per cui lo stragismo italiano equivaleva al fascismo. Ha avuto il coraggio di dirlo, un coraggio che forse avrebbe potuto portare alle estreme conseguenze svelando le verità che non potevano essere rivelate, andare a toccare i santuari del potere. Aveva il potere di farlo? Questo non lo so, pubblicamente però ha espresso il suo pensiero che pone la certezza sul fatto che quella strage è impunita e i parenti delle vittime sono vittime anche della negazione della verità”.

UN PERSONAGGIO SCOMODO, MA SEMPRE IN ANTICIPO

“Cossiga è stato un personaggio scomodo sia con gli amici che con gli avversari, capace di grande generosità e di incredibili scene di ira. Il suo carattere era tutt’altro che facile.. Però è stato una personalità capace di leggere il segno dei tempi prima degli altri”. Ha detto all’Adnkronos l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ricordando Cossiga. “Visto con gli occhi di oggi – sottolinea Casini – è stato l’uomo politico della Dc che ha capito prima di tutti le conseguenze della svolta epocale che stava avvenendo con la caduta del muro di Berlino e dell’Unione sovietica. Ha capito che nel momento della maggiore vittoria politica della Dc rischiavano di venirne fatalmente meno le condizioni dell’egemonia nella società italiana”. “Un paradosso, quello della Dc che ha dovuto abbandonare il campo (e non l’ha abbandonato per Tangentopoli) per esaurimento dell’obiettivo che aveva raggiunto. Mentre noi festeggiavamo Cossiga diventava sempre più preoccupato e ha cercato in qualche modo di prevenire la fine della Dc con le sue picconate ma non è stato assecondato da nessuno”, sottolinea Casini.

Poi, il ricordo di un episodio: “Cossiga ha sempre raccontato del mio invito al Crest Hotel a Bologna per fare il primo discorso pubblico dopo le sue dimissioni da ministro dell’Interno, rompendo il silenzio in cui si era ritirato e in una città che aveva visto la scritta ‘Kossiga’ sui muri (lui aveva mandato blindati per l’ordine pubblico). La storia di Cossiga è piena di ferite, ma anche di grandi intuizioni e generosità”, conclude l’ex presidene della Camera.

IN PRIMA FILA SU TUTTO

Non solo Casini, anche Fabrizio Cicchitto, Presidente Riformismo e Libertà, ha ricordato la capacità di Cossiga di immaginare e intuire i tempi che arrivavano. “Cossiga capì in anticipo su tutti che il crollo del Muro di Berlino avrebbe rappresentato un problema non solo per il Pci ma anche per la Dc. e per il Partito Socialista. Cossiga capì anche quale rischio per la democrazia sarebbe stato il prepotere della magistratura associata. Egli fu in prima linea nella lotta al terrorismo e durante il caso Moro espresse una linea di assoluta intransigenza. Anche per questo francamente non ho condiviso la sostanza delle lettere da lui inviate ad alcuni terroristi”.

IL RAPPORTO CON GIULIO ANDREOTTI

A raccontare il rapporto tra Cossiga e Giulio Andreotti è il figlio di quest’ultimo, Stefano Andreotti. Tra i due, spiega, ci fu un rapporto “schietto”, durante il quale “non mancarono momenti di contrasto”, in ogni caso “cordiale e di amicizia. Basti pensare che fu uno dei pochi politici che avemmo modo di incontrare insieme a mio padre”. “Noi come famiglia siamo sempre rimasti ai margini rispetto all’attività di mio padre – racconta – tuttavia ci fu qualche eccezione, come appunto con Cossiga”

Quanto ai rapporti tra il sette volte presidente del Consiglio e l’ex Capo dello Stato, il figlio di Andreotti non nasconde che tra i due “ci furono contasti. Penso ad esempio alla vicenda del decreto legge per lasciare in carcere i boss mafiosi imputati nel maxi processo, che suscitava più di una perplessità per il rispetto dei diritti di libertà e che Cossiga disse di firmare con gli occhi chiusi”. Poi la vicenda Gladio, “un’organizzazione le cui ragioni di esistere secondo mio padre erano venute meno una volta caduto il Muro di Berlino”. “Tutto questo però – tiene a rimarcare Stefano Andreotti – sempre nell’ambito di un rapporto schietto, di collaborazione, contrassegnato anche da momenti drammatici come il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e della sua scorta, basato su reciproca stima e direi anche su affetto”.

“Del resto fu Cossiga nel 1991 a nominare mio padre senatore a vita e, ripeto, Cossiga fu uno dei pochi politici che mio padre incontrava fuori dagli impegni ufficiali, in privato e con i suoi familiari. Segno di un rapporto di amicizia che andava oltre la politica”.

IL RICORDO DEL FIGLIO, GIUSEPPE COSSIGA

“Di mio padre ho ricordi allegri, così come ricordi tristi, ma il Cossiga politico io non lo conosco, non c’ho avuto molto a che fare, non sono un ‘cossigologo’. Ricordo, però, che ha mandato al diavolo De Mita ma mai Andreotti”, ha ricordato il figlio del Presidente emerito, Giuseppe Cossiga, sentito ancora da AdnKronos. Una figura, quella di Francesco Cossiga, che ha sempre diviso, “ma io, in questo senso, mi colloco nel limbo del completo disinteresse”, evidenzia il figlio di Cossiga, “nel senso che non so dire se è stato una grande presidente della Repubblica o un pessimo ministro dell’Interno, so solo che è stato mio padre, quindi ai posteri l’ardua sentenza, però io non faccio parte né dei denigratori né degli adulatori, non di mio padre”. “Non è mai stato un notaio né una persona facile da capire – prosegue -, in più, com’è noto, era bipolare, lo diceva anche lui, e quindi è ovvio che anche quello che ha fatto o non ha fatto venga percepito in maniera diversa, e siccome siamo una democrazia ognuno si fa un’idea ed emette un giudizio”. Quanto al nome di Cossiga scritto con la K sui muri negli anni ’70, il figlio Giuseppe non ha dubbi: “Beh, lui mandava i carabinieri coi blindati a fare gli sgomberi, quindi per quei giovani era un nazista, e il suo nome scritto anche con la doppia esse delle SS naziste era divertente, tanto che mia sorella ha fatto anche una mostra su quelle foto”.

10 ANNI SENZA UN AMICO PREZIOSO

“Sono passati dieci anni dalla morte di Francesco Cossiga, amico prezioso a cui non volli mai dare del tu e che per me restò sempre ‘il presidente’, anzi ‘il presidentissimo’ come mi piaceva chiamarlo nelle nostre lunghe telefonate. Cossiga non c’è più, e, oggi più di ieri, stupisce la sua incredibile capacità di previsione, quell’attitudine all’intuizione che gli consentiva di decrittare il futuro anche lontanissimo. Allora Cossiga già sapeva come sarebbe stato il mondo di oggi, anche se davvero pochi furono in grado di dargliene atto”. Un ricordo accorato quello dell’editore dell’Adnkronos Pippo Marra del Presidente Cossiga, nonché amico personale. “Cossiga è stato prima di tutto uno statista, l’uomo che ha contribuito a evitare che l’Italia deragliasse dai binari della sua storia, e un politico dall’ineguagliabile corsus honorum – sottolinea Marra – E’ stato anche uno straordinario comunicatore, capace di parlare all’opinione pubblica con un linguaggio semplice e diretto, comprensibile da tutti. Ma quello che di lui ricordo con maggiore nostalgia è il padre e l’amico affettuoso, il maestro di vita dalla sterminata cultura, l’uomo curioso che si interessava a ogni aspetto dell’esistenza, anche a quelli all’apparenza più banali. Un uomo coraggioso, e libero, che servirebbe anche all’Italia di oggi”.

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