Francesco Cossiga ci manca. Si ci manca moltissimo. Come hanno scritto in molti in questi anni, il tratto saliente della sua azione politica fu la straordinaria capacità di anticipare la Storia. La storia di un Paese che aveva bisogno nei tempi giusti di riforme profonde, avendo egli compreso prima di ogni altro, con rara lucidità, quali profondi mutamenti avrebbero cambiato il mondo negli anni successivi.
Avendo dei chiari punti fermi nella sua analisi: la crisi dell’Urss, la rivoluzione thatcheriana, il carattere strategico dell’Alleanza atlantica, la fine della Dc, la crisi della prima Repubblica e di una architettura costituzionale inadeguata ai tempi moderni, insieme alla necessità di costruire equilibri politici nuovi e diversi per governare il cambiamento e incanalare le crescenti reazioni sociali “rivoluzionarie” nel solco delle grandi tradizioni culturali e politiche del nostro tempo sia per evitare improvvisi vuoti di potere, ma soprattutto per garantire la tenuta del sistema democratico.
Egli aveva chiara la necessità di dotare il Paese di apparati di sicurezza all’altezza delle nuove sfide mondiali attraverso una intelligence di qualità che fu oggetto di una importante riforma durante la legislatura 2006/2008 con il suo apporto fondamentale. Io stesso fui designato a seguire il suo complesso iter parlamentare quale sottosegretario di stato alla presidenza del Consiglio dei ministri e la sua guida illuminata fu preziosa per individuare soluzioni legislative innovative tutt’ora in vigore. Fu l’unica legge che in quella legislatura il Parlamento approvò all’unanimità.
Spesso scandalizzava dicendo verità che solo lui trovava il coraggio di dire, era il suo modo di segnalare Alert forse per evitare rischi peggiori. E del resto la sua curiosità di conoscere ed approfondire la applicò al mondo delle tecnologie più avanzate intuendo i futuri clamorosi sviluppi delle tecnologie digitali e le grandi novità che avrebbero invaso e trasformato le società moderne. Convivendo in ogni momento della sua vita, fino all’ultimo giorno, con la straziante sofferenza di non essere riuscito a salvare il suo più grande amico, Aldo Moro.
Sono già 10 anni che Francesco Cossiga, Presidente Emerito della Repubblica, mai compianto abbastanza, è venuto a mancare. Una gravissima perdita per il Paese e per tutti noi che ha lasciato un vuoto incolmabile. Ho avuto il privilegio di stargli accanto per moltissimi anni e per me è stata una esperienza di vita indelebile. Ma incancellabile è stata soprattutto l’impronta che ha lasciato nella storia del Paese, un esempio di rettitudine e di attaccamento alle istituzioni repubblicane all’insegna di un profondo senso dello Stato, di un impegno sempre rivolto alla migliore difesa degli interessi generali del Paese e del bene comune.
La sua proverbiale lungimiranza lo ha esposto talvolta ad incomprensioni amarezze e delusioni anche profonde, cui reagiva sempre con il vigore di chi è convinto, in piena coscienza , di essere nel giusto. Uomo leale che non serbava mai rancore, sempre pronto ad accogliere con una battuta arguta o anche tagliente i suoi peggiori “nemici” (che non aveva) o avversari con i quali aveva verbalmente incrociato le spade. Un uomo profondamente credente e generoso, di una cultura sterminata con una grande passione per la teologia di cui disquisiva con Papi e Cardinali. Un esempio per tutti ed in particolare per i giovani cui spesso si rivolgeva avendo a cuore il loro futuro.
Tutti faremmo bene a riscoprire le sue doti, per molti aspetti uniche ed irripetibili. E sono contento che tante iniziative in sua memoria si moltiplicano a distanza di anni, anche da parte di “cossighiani” che Cossiga non lo hanno mai conosciuto. Sono certo che nella ricorrenza di questo decennale saranno tante le iniziative che metteranno ancor più in luce i tanti aspetti di un grandissimo Servitore dello Stato, che spesso, e soprattutto nei passaggi più significativi, sintetizzava i suoi profondi convincimenti e valori con questa espressione: “Iddio Onnipotente, per L’intercessione di Thomas More, martire, rafforzarci e rafforza sempre nella nostra vita la supremazia della coscienza, sempre fedeli al Re e quindi allo Stato, ma anzitutto a Dio, e cioè alla verità ed alla giustizia”.