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Mediterraneo e Russia, guida la Germania. Intervista all’amb. Valensise

Bielorussia, caso Navalny e crisi tra Grecia e Turchia: non c’è da meravigliarsi se la Germania ha preso in mano la politica estera europea. C’è piuttosto da lavorare per coglierne l’opportunità rispetto agli interessi italiani, dalla Libia al Mediterraneo orientale, fino alla Difesa europea e al Recovery Fund. Parola dell’ambasciatore Michele Valensise, presidente del Centro italo-tedesco per il dialogo europeo Villa Vigoni, già segretario generale della Farnesina e ambasciatore d’Italia a Berlino. Formiche.net lo ha raggiunto per capire da dove nasce il rinnovato impegno tedesco nella politica estera europea. Ieri, dopo l’avvio da parte della Grecia di esercitazioni navali intorno a Creta in risposta all’assertività turca, il ministro Heiko Maas si è messo in volo verso Atene e Ankara per cercare di fermare il recente aumento di tensione nelle acque del Mediterraneo orientale. Analogo tentativo di mediazione è partito da ormai due settimane sulla Bielorussia, con Angela Merkel a guidare la ferma presa di posizione dell’Ue sul non riconoscimento delle elezioni. Nel frattempo, sono stati i medici di Berlino a certificare l’avvelenamento di Aleksej Navalny, l’oppositore di Vladimir Putin, con una posizione tutt’altro che scontata. E domani, a Berlino, si ritrovano i ministri della Difesa dell’Ue.

Ambasciatore, la Germania sembra aver inaugurato un nuovo attivismo per guidare la politica estera europea. È così?

Direi di sì. Non c’è da meravigliarsi se lo si legge in connessione con l’esercizio della presidenza europea di questo semestre e con la solidità relativa del panorama politico interno tedesco. Da qui nasce la determinazione nello sviluppo di iniziative di politica estera sul piano nazionale e su quello europeo.

Il ministro Heiko Maas cerca di mediare tra Grecia e Turchia. La Germania ha davvero la possibilità di abbassare il livello di tensione su un dossier così spinoso?

Lo vedremo man mano che si svilupperà l’iniziativa. Certamente, la Germania può contare su una posizione favorevole sia nei confronti della Grecia (partner Nato e Ue), sia rispetto alla Turchia, partner Nato e con un tradizionale vincolo bilaterale. Berlino cerca così di far valere la sua autorevolezza presso entrambi i Paesi per un abbassamento della tensione. È presto per dire se avrà successo, ma il tentativo è apprezzabile.

Già a gennaio, la conferenza di Berlino sulla Libia certificava l’impegno tedesco per il Mediterraneo. Cosa spinge la Germania sui temi del mare nostrum?

Per la Germania, la crisi libica investe non solo gli interessi di alcuni Paesi partner europei, ma anche dell’Unione europea in quanto tale. Anche qui non deve meravigliare che un Paese attento agli equilibri regionali e circostanti voglia dire la sua su una crisi solo apparentemente distante a livello geografico. Con gli effetti che ha sulle dinamiche strategiche, di sicurezza e migratorie, la crisi libica ha un impatto diretto su tutta l’Europa.

L’attivismo tedesco è evidente anche sulla crisi in Bielorussia, con la Merkel che ha guidato l’Ue contro le pretese del presidente Aleksandr Lukashenko.

I tedeschi sono sensibili a tutto quello che riguarda l’esercizio dei diritti fondamentali dall’altra parte di quella che una volta era la Cortina di ferro. Lavora da sempre per mantenere buoni rapporti e ricercare contatti con Russia, Ucraina e Bielorussia, ma anche con un’elevata attenzione a certi aspetti fondamentali.

È per questo che Berlino sta ospitando il dissidente russo Aleksej Navalny?

Esattamente. Prima il soccorso da parte dei medici tedeschi, e poi il ricovero presso lo Charité Hospital fanno parte di questo modo di prestare attenzione ad alcuni elementi sensibili, comunque nel rispetto della sovranità altrui e delle regole.

Quanto influisce in questo rinnovato attivismo il fatto che (salvo sorprese) siamo nell’ultimo mandato di Angela Merkel?

Per come la conosciamo, la signora Merkel è persona di grande ponderazione e di forte capacità riflessiva che precede l’azione. Credo che tali caratteristiche non vengano meno neanche in questo scorcio di mandato da cancelliera. Certo, trovandosi (come tutto indica) alla fine di un lungo percorso politico da qui a un anno, è umano sentirsi leggermente meno condizionata e dunque più disposta ad agire in modo incisivo. Mantiene la consueta riflessività, ma anche un senso di relativa disinvoltura sapendo che non dovrà correre per un nuovo mandato.

Intanto continua a far discutere l’annunciato ritiro (parziale) delle truppe Usa dalla Germania. La risposta di Berlino è stata piuttosto pacata al riguardo. Come la legge?

Il governo tedesco ha reagito in maniera obiettiva, ricordando agli americani che la presenza di truppe statunitensi in Germania serve agli interessi tedeschi, europei, ma anche a quelli americani. Un appello utile per avviare, seppur tardivamente rispetto all’annuncio, un dialogo sulle migliori modalità del ripiegamento. In ogni caso, la prima reazione, non sorprendente, è stata ricordare agli alleati (perché questo sono e restano gli Stati Uniti) il significato profondo della presenza Usa in Europa.

A proposito di Europa. Domani, si terrà il vertice informale tra i ministri della Difesa dell’Ue. La tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer ha già fatto sapere di voler rilanciare la Difesa comune dopo che il budget è stato rivisto al ribasso. Un obiettivo credibile per Berlino?

Credo di sì. I tedeschi sono coscienti che devono fare qualche cosa di più per la Difesa, sia sul piano interno (dove soffrono alcuni ritardi di spesa e di riorganizzazione) sia sul piano multilaterale. Ci sono dunque le condizioni perché il dossier sia preso in mano con impegno dalla presidenza tedesca e in particolare dalla ministra Kramp-Karrenbauer. Anche qui dobbiamo aspettare per vederne il seguito, ma ritengo l’impegno autentico.

Dal punto di vista italiano, come giudicare l’attivismo tedesco su tutti questi dossier? Ci sono punti di convergenza da sfruttare?

Sì. Ancora una volta i punti di convergenza con la Germania sono molteplici. Abbiamo parlato di Mediterraneo orientale, di Libia, Difesa europea e dei rapporti con Russia e i Paesi a lei vicini. Già su questi dossier (per non parlare di Brexit e di interventi di stabilizzazione finanziaria come il Recovery Fund) la convergenza è piuttosto evidente.

Che fare dunque?

Dobbiamo stare attenti a cogliere tutto ciò che sia convergente rispetto ai nostri interessi, sfruttando le occasioni a nostro favore e facendo valere i punti per noi prioritari in un quadro più ampio in cui la nostra azione sia più efficace.


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