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Il giallo Navalny, tra oligarchi, Mosca e Berlino. Analisi del prof. Savino

Quanto accaduto a Alexey Navalny, blogger e politico noto per le proprie posizioni antiputiniane, è un ulteriore giallo nella già ricca serie di avvenimenti degli ultimi mesi. Navalny si trovava in viaggio a Tomsk, per coordinare la campagna per il “voto intelligente” (umnoe golosovanie) alle amministrative di settembre, che riguarderanno tra l’altro l’elezione di 20 governatori e il rinnovo di 11 parlamenti locali.

Si è già scritto di come il blogger si sia sentito male in aereo, del coma e del suo ricovero in ospedale, episodi su cui si è scatenata anche una certa attenzione morbosa, con tanto di voci incontrollate – da canali Telegram che attribuivano lo stato di Navalny ai postumi di una bevuta a chi ha ipotizzato una grave forma di diabete.

Saranno i medici a chiarire cosa è successo, quali sostanze siano state somministrate a Navalny, e quali danni abbiano causato al suo organismo, ma le implicazioni possono essere di enorme importanza per gli sviluppi politici futuri.

Probabilmente, l’attività del Fondo di lotta alla corruzione (Fond borby s korruptsiej – Fbk) e la campagna per il “voto intelligente” hanno toccato interessi particolari, e sembrerebbero essere le ragioni dietro all’attacco subito da Navalny.

Il Fondo di lotta alla corruzione ha rappresentato per anni la principale arma politica del blogger, e proprio le inchieste sulle fortune di oligarchi, ministri, sino ad arrivare all’allora premier Dmitrii Medvedev, avevano contribuito alla crescente indignazione verso gli atteggiamenti cleptocratici di un settore importante dell’establishment russo.

Da qualche settimana però l’Fbk non esiste più. Dalla fine di luglio al suo posto c’è il Fondo per la difesa dei diritti (Fond zashit prav), intenzionato a proseguire quanto avviato dal predecessore. A rendere necessario lo scioglimento dell’Fbk è stata la causa per diffamazione vinta dall’oligarca Evgeny Prigozhin, a seguito dell’inchiesta sugli appalti per le mense scolastiche a Mosca.

La società Moskovsky shkolnik, principale fornitrice dei servizi mensa, si è trovata al centro degli scandali nel dicembre 2018, quando vi furono 127 casi accertati di intossicazione alimentare nelle scuole, e un’inchiesta di Fbk fece emergere i collegamenti tra la società, gli appalti e Prigozhin.

L’oligarca non è nuovo alle cronache – a lui sono riconducibili alcune delle operazioni maggiormente opache degli ultimi anni. La compagnia privata di contractor Wagner, l’Agenzia di studi su internet (meglio nota come la fabbrica dei troll), la testata online Ria Fan, sono iniziative ricondotte a Prigozhin, anche se nel corso degli anni l’oligarca in alcuni casi ha smentito di essere il proprietario di queste società.

Nell’ottobre del 2019 Moskovsky shkolnik vince la causa intentata contro Fbk, e il fondo di Navalny è condannato a pagare 87,7 milioni di rubli. La mattina del 26 agosto la compagnia Konkord, controllata da Prigozhin, ha annunciato l’acquisto da parte dell’oligarca del credito di Moskovsky shkolnik verso FBK, segnale interessante per chi ha negato propri interessi in quel settore – in questo modo l’oligarca ha ottenuto il diritto a rivalersi sul fondo.

Segnali di una possibile mossa del genere si erano avuti già all’annuncio della chiusura di FBK, e in quel caso Prigozhin aveva donato un milione di rubli, subito respinti al mittente dai sodali di Navalny.

Nel comunicato stampa della Konkord sono citate alcune dichiarazioni di Prigozhin, intenzionato a «spogliare di tutto questo gruppo di disonesti», per poi continuare:

“Ovviamente, se Navalny renderà l’anima a Dio, io personalmente non sono intenzionato a perseguitarlo nell’aldilà, ne riparleremo in seguito, per poi rifarmi con tanto piacere. Ma se Navalny vivrà, dovrà rispondere davanti alla severità della legge russa. Per quanto riguarda il Fondo per la lotta alla corruzione e Lyubov Sobol (già a capo di Fbk – Gs), i miei avvocati da oggi stesso cominceranno a lavorare per il pagamento obbligatorio del debito nell’ambito della legge russa”.

Un avvertimento? Una rivendicazione? Difficile dirlo, ma di certo si tratta di un nemico importante, che se da un lato è riconducibile all’entourage del potere russo, dall’altro è in grado di agire e perseguire autonomamente i propri obiettivi.

La capacità da parte di alcuni attori del sottobosco politico ed economico russo di perseguire i propri interessi non dovrebbe sorprendere, d’altronde: l’idea di una struttura del potere reale monolitica e capace di muoversi come un sol uomo, per quanto possa risultare affascinante, denota un certo grado di pigrizia intellettuale e di incomprensione delle contraddizioni presenti in Russia.

Anche le narrazioni di un complotto ordito da potenze estere contro il Cremlino appaiono lasciare il tempo che trova, perché cadono di fronte ad alcuni elementi: l’intervento del governo tedesco attraverso una Ong vicina agli ambienti ministeriali di Berlino, le conversazioni tra il presidente russo, Angela Merkel e il capo di Stato finlandese Sauli Niinistö, smentite dal portavoce di Putin Dmitry Peskov ma riportate dalla stampa di Helsinki, e la reazione di Mosca in ordine sparso.

Provando ad allontanare i sospetti dal Cremlino, questo tipo di narrazioni in realtà forniscono un’immagine particolarmente debole di un Paese in balia dei servizi segreti di mezzo mondo.

Sempre nell’ambito delle speculazioni, anche chi prova a cercare dei collegamenti tra Navalny e la crisi bielorussa sembrerebbe non tener conto delle evoluzioni intercorse nei rapporti tra Minsk e Mosca, e pecca di un eccessivo automatismo.

Al momento, c’è di certo che la Merkel ha chiesto chiarezza su quanto avvenuto al blogger, che Berlino è un importante partner per la Russia, che la voce del governo tedesco è sempre molto ascoltata a Mosca. E a un partner così importante e necessario sarà difficile non fornire risposte.


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