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I libanesi invocano la rivoluzione, Macron offre un nuovo patto politico

Ieri due aerei militari francesi erano decollati per consegnare 20 tonnellate di aiuti alla popolazione libanese. Oggi il presidente Emmanuel Macron ha visitato la capitale Beirut, teatro delle due esplosioni che hanno causato almeno 137 vittime e oltre 5.000 feriti e lasciato senza casa 300.000 persone. Il presidente francese ha sollecitato un’indagine “trasparente e veloce” sulla duplice esplosione. Al termine di un colloquio con l’omologo libanese Michel Aoun, presso il palazzo presidenziale di Baabda, Macron “ha parlato con franchezza alle tre massime autorità dello Stato” per sottolineare che “devono essere prese iniziative per compiere le riforme, fermare la corruzione e sistemare il dossier sull’elettricità”. All’incontro hanno preso parte anche il primo ministro, Hassan Diab, e il presidente del parlamento, Nabih Berri.

La crisi economica e finanziaria richieder “forti iniziative politiche”, ha evidenziato il titolare dell’Eliseo. E in questo quadro rientra la sua proposta di un “nuovo accordo politico” presentata alla leadership libanese e annunciata tra le strade della città dove la folla intonava slogan chiedendogli di aiutare il popolo libanese a “deporre la leadership” o “la popolazione vuole un cambiamento del governo” o ancora “rivoluzione”.

Che cosa intende Macron con “nuovo accordo politico”? Una svolta — chiarita su Twitter da Gérard Araud, ex ambasciatore francese in Israele, alle Nazioni Unite e negli Stati Uniti — rispetto al Patto nazionale stabilito fra maroniti e sunniti libanesi nel 1943, quando finì il mandato francese nato dagli accordi di Sykes Picot e Libano e Siria diventarono indipendenti: la comunità cristiana accettò la definizione del Libano come Stato arabo rinunciando alla protezione francese, in cambio del riconoscimento dei confini del 1920 e della rinuncia dei sunniti a ricercare l’unione con la Siria.

“Tornerò il primo settembre, e se loro (i leader libanesi, ndr) non potranno farlo, mi assumerò io la responsabilità politica”, ha detto Macron alla popolazione in strada. “Ma ciò che è necessario anche qui è il cambiamento politico. Questa esplosione dovrebbe essere l’inizio di una nuova era”, ha aggiunto. In base a una convenzione costituzionale risalente a quel patto, le più alte cariche dello Stato sono assegnate ai tre gruppi principali: il presidente della Repubblica è maronita, il primo ministro è sunnita, mentre il presidente del Parlamento è sciita. Forse è da qui che Macron vorrebbe ripartire. Ma è sempre l’ambasciatore Araud a suggerire che Hezbollah non può essere tenuto fuori dal dialogo (figuriamoci definita organizzazione terroristica, dice): “Nulla è possibile in Libano contro Hezbollah, piaccia o no”, ha scritto.



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