Hong Kong è Cina? Allora anche ai prodotti che provengono dall’ex colonia britannica andrà applicata la dicitura “Made in China”. Suona così l’avviso, pubblicato oggi dal Federal Register statunitense, con cui gli Stati Uniti hanno deciso che a partire dal 25 settembre i beni prodotti a Hong Kong e importati negli Stati Uniti devono recare l’indicazione della loro origine in Cina. Sulle merci non conformi verrà applicata una tassa del 10% nei porti degli Stati Uniti.
LE RIPERCUSSIONI
Il South China Morning Post definisce la scelta di Washington “un altro duro colpo per l’economia di Hong Kong in difficoltà e per la base di esportatori di alto valore, anche se a basso volume, nella città”.
Bloomberg sottolinea però come l’impatto effettivo delle nuove regole “sarà probabilmente limitato in quanto vi sono poche esportazioni dirette dalla città agli Stati Uniti”. Infatti, continua l’agenzia, “la stragrande maggioranza delle spedizioni della città negli Stati Uniti consiste in riesportazioni o merci che passano attraverso il suo territorio senza modifiche sostanziali”. Ecco i numeri: solo l’1,2% dei circa circa 304 miliardi di dollari hongkonghesi (39 miliardi di dollari statunitensi) di esportazioni da Hong Kong agli Stati Uniti lo scorso anno erano esportazioni nazionali. Quasi l’80% è stato invece riesportato dalla Cina agli Stati Uniti.
L’ESCALATION
Seppur l’impatto sarà probabilmente limitato, la decisione di Washington non è passata affatto inosservata. È stata l’ultimo atto — il più recente, ma difficilmente l’ultimo — della sfida tra Stati Uniti e Cina, che ha subito un brusca accelerata dopo l’imposizione da parte di Pechino di una legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong (letta agli attivisti pro democrazia come una misura per reprimere il dissenso anti regime) e la decisione di Washington di porre fine allo status speciale dell’ex colonia britannica ai sensi della legge statunitense (secondo il presidente Donald Trump il Porto profumato “non è più sufficientemente autonomo da giustificare un trattamento differenziato rispetto alla Cina”). Soltanto ieri la Cina aveva imposto sanzioni su undici cittadini statunitensi (tra cui sei membri del Congresso) in risposta alle restrizioni decise venerdì dagli Stati Uniti contro alcuni funzionari di Pechino e Hong Kong, tra cui la governatrice dell’ex colonia britannica, Carrie Lam.
LA REAZIONE
Il governo filocinese dell’ex colonia britannica ha protestato contro la decisione statunitense, accusando Washington di ignorare il fatto che Hong Kong sia membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) “indipendente” dalla Cina e minacciando ricorsi.