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Così Maduro strumentalizza la pandemia Covid-19 in Venezuela

La situazione Covid-19 in Venezuela è preoccupante. L’ultimo bilancio (ufficiale) sostiene che nelle ultime ore sono stati verificati 861 nuovi contagi e otto morti. Tutti casi locali, cioè, non “importati”, giacché il Paese sudamericano mantiene le frontiere completamente chiuse. Il bilancio totale quindi è di 22.299 infezioni e 195 morti a causa del virus. L’ong A Window to Freedom ha pubblicato ha denunciato che molti casi si sono registrati nei centri di detenzione organizzati dal governo, tra cui uffici della polizia politica Cicpc.

Ed è che in Venezuela tutto può essere trasformando in uno strumento di manipolazione politica, compressa l’emergenza sanitaria Covid-19. Per il regime di Nicolás Maduro la pandemia non è altro che un complotto contro la Cina, ma a momenti anche un “virus colombiano”, con il quale agenti esterni vogliono attaccare la rivoluzione bolivariana. Secondo l’agenzia Efe, il Venezuela “è un Paese che appare in un nuovo tavolo di scacchi della vecchia Guerra Fredda e per questo le accuse si incrociano senza possibilità di replica”. Infatti, i nomi della Russia, Cina e Stati Uniti, sempre presenti quando si tratta dell’America latina, si moltiplicano nella retorica venezuelana quando si parla della crisi sanitaria, anche se il virus non ha nessun collegamento con la politica.

Ritornare a febbraio, quando la pandemia era agli inizi, “è necessario per vedere le radici della narrativa del governo venezuelano sul coronavirus”, si legge nell’agenzia. Prima sono stati i media del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv), il partito del governo, a fare partire le prime teorie complottiste.

Dagli articoli di opinioni legati al regimi “la paranoia è saltata velocemente nel discorso delle autorità e dello stesso presidente, Maduro”. Il leader del regime, infatti, aveva detto a febbraio che “molti analisi nel mondo dimostrano che il coronavirus può essere un virus creato per la guerra biologica contro la Cina […] Ci sono molti elementi che si vedono negli analisi mondiale e bisogna alzare la voce, richiama l’attenzione, suonare il campanello. Attenzione che il coronavirus non sa un’arma che si sta usando contro la Cina”.

Siccome la frontiera tra Colombia e Venezuela è diventata un simbolo della crisi venezuelana, con milioni di migranti attraversando il confine a piedi. Per quelle stesse strade, più di 70 mila persone sono passati senza nessun controllo nei primi mesi dell’anno, portando sicuramente il virus. Per questo, Maduro ha puntato sulla Colombia come responsabile dell’arrivo del coronavirus sul territorio venezuelano. “E se Donald Trump chiama il Covid-19 il ‘virus cinese’, i suoi detrattori in Venezuela lo imitano – si legge su Efe -, senza fare molte domande sulla similitudine, usano la stessa retorica chiamandolo il ‘virus colombiano’”. Il termine è diventato così popolare che è stato trending topic su Twitter e titolo di molti articoli sulla stampa. Tanto che persino l’ambasciata cinese in Venezuela ha twittato: “In questo momento cruciale di lotta contro il Covid-19, suggeriamo che alcune persone prendano seriamente il ‘virus politico’. Sono già molto malati di questo”.


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