L’Assemblea Nazionale Costituente, iniziativa prevista dalle leggi in Venezuela per la stesura di una nuova Costituzione, era stata istituita nel 2017 da Nicolás Maduro. La nuova Costituzione non è mai stata scritta, ma ora il regime ha deciso di chiudere l’assemblea, in attesa delle nuove elezioni legislative a dicembre.
In un intervento trasmesso dalla tv statale Venezuelana de Televisión, Maduro ha annunciato che “per tutto il tempo che le resta, i membri della Assamblea Nazionale Costituente metteranno in ordine tutto il lavoro legislativo realizzato e lasceranno al Venezuela un progetto avanzato. Grazie a Dio a suo tempo attivammo il potere costituente e così abbiamo ottenuto la pace nel Paese, sconfiggendo il tentativo di portarci ad una guerra civile”.
Per il presidente socialista, è in atto un “boicottaggio mondiale”, per fare fallire il progetto del voto il 6 dicembre. Ha approfittato per accusare i leader dell’opposizione Juan Guaidó, Henry Ramos Allup e Julio Borges di essere “responsabili della distruzione, del fatto che il Venezuela non abbia un Parlamento. Il popolo deve prepararsi a recuperare l’Assemblea nazionale”. Tutto grazie al sostegno del governo degli Stati Uniti.
Per Maduro, “costi quello che costi”, il 6 dicembre i venezuelani andranno alle urne “e per noi sarà la 23° vittoria su 25 elezioni realizzate”, da quando il presidente Hugo Chávez è arrivato al potere.
A dicembre i venezuelani dovrebbero votare per scegliere i 277 deputati del Parlamento unicamerale. Ma l’opposizione, che ha la maggioranza dei seggi dopo le elezioni del 2015, ha denunciato che non ci sono le condizioni per svolgere elezioni libere e trasparenti, per cui non si candideranno.
Due settimane fa, il leader dell’opposizione e presidente del Parlamento, Juan Guaidó, ha chiamato all’opposizione ad “mobilitarsi” contro queste elezioni, giacché il contesto è complesso, molti politici dell’opposizione sono stati arrestati o inabilitati a candidarsi, e in più si rischia di aumentare la diffusione del Covid-19.
Maduro insiste che nel mondo non ci sono tanti Paesi con “più di 100 partiti di tutte le tendenze politiche”, ma la verità è che molte organizzazioni – tra cui Accion Democrativo e Primero Justicia – sono state soggette a pressioni da parte del regime.
Pochi giorni fa, invece, un gruppo di 28 Paesi, tra cui gli Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Israele e Ucraina (assente invece l’Italia) hanno avvertito che “le elezioni parlamentarie in Venezuela, da sole, non rappresentano una soluzione politica. Al contrario, potrebbero polarizzare ancora di più una società già divisa.