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Meloni, i moderati e la lezione di Tatarella. L’analisi di Giubilei

La crescita nei sondaggi di Fratelli d’Italia si accompagna a un dibattito sul posizionamento del partito della Meloni in cui sono intervenuti numerosi opinionisti sulle pagine dei principali quotidiani.

Il comune sentire tra gli analisti estranei al mondo della destra che si soffermano sullo sviluppo di Fdi, è la necessità di una maggiore moderazione del partito. Su La Stampa è stata invocata una “Fiuggi 2”, mentre sulle colonne de Il Foglio si è parlato di Giorgia Meloni come nuovo leader del centrodestra senza risparmiarle la stoccata di “non aver ancora scelto del tutto che fare da grande”.

Partiamo da un presupposto: cercare di ridurre l’esperienza di Fratelli d’Italia a un partito con un retroterra neofascista significa non solo non comprenderne in modo oggettivo la crescita ma mistificare la realtà. La destra italiana ha già compiuto un’evoluzione nel 1995 con la svolta di Fiuggi, invocare oggi cambiamenti, aperture ed evoluzioni che sono già avvenute venticinque anni fa, vuol dire alimentare una visione fuori tempo massimo.

Dietro alle richieste di moderazione sembra celarsi un tentativo – che ciclicamente si ripete – da parte della sinistra o in ogni caso di commentatori di quell’area, di costruire una destra a propria immagine e somiglianza. La parola d’ordine, oltre a moderazione, è sdoganamento ma c’è un grande malinteso di fondo.

Ci sono valori e battaglie su cui non è possibile scendere a compromessi perché significherebbe abbandonare il concetto stesso di destra: la destra che piace alla sinistra non è tale. Non si può chiedere a un partito di destra di abbandonare le battaglie per l’identità, per l’interesse nazionale, per le radici cristiane, per la conservazione della natura, per la legalità, per la natalità, perché significherebbe snaturarne il messaggio politico.

La crescita di Fratelli d’Italia è avvenuta proprio mantenendo ben saldi i valori della destra (non dimentichiamoci che si tratta di un partito con la fiamma nel proprio simbolo) ma al tempo stesso aprendosi a nuovi mondi e realtà fino a poco fa estranei al progetto della Meloni.

Un’apertura che guarda alla lezione di Tatarella ai tempi del passaggio dal Msi ad An invece che all’esperienza di Fli di Gianfranco Fini. La distinzione è fondamentale: mentre Tatarella favorì la nascita di una nuova destra mantenendone ben saldi i cosiddetti “principii permanenti”, Fini costruì un partito lasciandosi influenzare proprio dalle stesse sirene che oggi si rivolgono alla Meloni.

Ma la leader di Fratelli d’Italia, proprio perché memore dell’esperienza finiana, sta evitando di cadere nel tranello di snaturare Fdi e, allo stesso tempo, non si fa trascinare nella querelle con cui la si vorrebbe mettere in contrasto con Salvini.

Invocare una “svolta moderata” rischia perciò di essere un boomerang, è evidente che sia necessario prendere le distanze e segnare un netto e preciso confine tra la destra istituzionale ed esperienze estremiste ma ciò è avvenuto da tempo. Ad eccezione di singoli episodi e persone – da cui il partito ha preso prontamente le distanze – Fratelli d’Italia è lontana da posizioni di estrema destra.

Il punto semmai deve essere quale tipo di destra vuole rappresentare Fratelli d’Italia, in tal senso, per quel che conta, chi scrive non ha dubbi: una destra conservatrice. Ed è la direzione che la stessa Meloni ha intrapreso prima con l’adesione al gruppo europeo dell’Ecr, poi con una serie di battaglie e di dichiarazioni, oltre alla partecipazione alla National Conservative Conference a Roma a febbraio che ha segnato a livello globale un accreditamento molto importante nel mondo conservatore anche in ambito culturale.

Un partito conservatore dovrebbe distinguersi nella sostanza, attraverso battaglie e posizioni che vanno oltre slogan e semplificazioni, e nella forma, con modalità di comunicazione e un modo di porsi che la distingua da chi vorrebbe etichettare la destra come gretta e priva di contenuti.

Una destra conservatrice per definizione non può essere accostata al fascismo o al neofascismo, Fratelli d’Italia ha già intrapreso un percorso che sta portando all’adesione di nuove anime, consiglieri comunali, regionali, persone sui territori che hanno contribuito alla crescita del partito.

Per aumentare il consenso è necessario aprirsi ma senza smarrire la propria identità, altrimenti il rischio è quello di ottenere l’effetto opposto a quanto desiderato, aggregando persone che nulla hanno a che fare con la storia della destra e pronte a voltare le spalle alla prima occasione di difficoltà in uno scenario politico sempre più liquido.  Inseguire la strada della moderazione rischia di essere un’arma a doppio taglio.

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