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Missione Onu in Libano (a guida italiana). Ecco cosa cambia e cosa no

FORZE ARMATE

La missione Unifil dell’Onu potrà operare in Libano ancora un altro anno. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato nella notte italiana la risoluzione 2539, basata sulla proposta presentata dalla Francia, mossasi da qualche settimana per cercare un compromesso non semplice. Il mandato della missione al comando del generale italiano Stefano Del Col era infatti in scadenza per il prossimo 31 agosto. Gli Stati Uniti chiedevano un rafforzamento dei compiti dei Caschi blu in funzione anti-Hezbollah. Dopo l’opposizione al rinnovo dell’embargo sulle armi all’Iran, si temeva da parte di Russia e Cina un blocco all’ipotesi di modifica. Alla fine, la proposta francese è stata approvata: “Un passo in avanti per rafforzare l’efficacia della missione”, ha detto soddisfatta Kelly Craft, ambasciatrice Usa all’Onu.

NUMERI E COMPITI

Il dispiegamento massimo possibile scende da 15mila a 13mila, elemento che avrà pochi effetti a livello operativo, considerando che quest’anno le forze Unifil si aggirano intorno alle 11mila unità. La novità più rilevante riguarda la “call” al governo del Libano per facilitare il “rapido e pieno accesso” dei militari dell’Onu ai siti richiesti, compresi quelli a nord della “blue line” al confine con Israele, tra cui si citano espressamente i tunnel utilizzati da Hezbollah. C’è poi l’introduzione di un meccanismo rafforzato di reporting all’Onu di eventuali violazioni e incidenti, connessa alla richiesta rivolta al segretario generale per la creazione di un dettagliato piano d’azione per ottimizzare l’efficacia delle forze.

LA PARTECIPAZIONE ITALIANA

L’impegno Onu in Libano è iniziato nel 1978, trovando nel 2006 la configurazione attuale con la missione Unifil, con l’obiettivo di interporsi tra Hezbollah e Israele e tutelare il cessate il fuoco tra le rispettive forze. Dopo il contributo alla lotta all’Isis in Iraq, la partecipazione a Unifil rappresenta il maggiore impegno italiano all’estero. Per il 2020, il Parlamento ha confermato un dispiegamento massimo di 1.076 unità. Due anni fa, il comando dell’intera missione è stato assegnato per la quarta volta all’Italia, nelle mani del generale Stefano Del Col, alla guida di oltre diecimila militari da 42 Paesi. Il generale ha accolto il rinnovo del mandato: “Il supporto unanime del Consiglio di sicurezza rafforza la nostra determinazione a perseguire i nostri obiettivi con rinnovato vigore insieme alle parti”. Il quartier generale è a Naqoura, cento chilometri a sud di Beirut, al confine con Israele. Lì si concentra l’impegno italiano, nel “sector west”, in un’area che si estende per circa 55 chilometri lungo la linea di confine, tra il fiume Litani e la “blue line”. A metà luglio è cambiato il contingente italiano, con il generale Diego Filippo Fulco della Brigata Granatieri di Sardegna che ha ceduto il comando al collega Andrea Di Stasio della Brigata Sassari.

L’EMERGENZA CEDRI

A tutto questo si aggiunge l’operazione interforze “Emergenza Cedri” arrivata a Beirut la scorsa settimana (con il ministro Lorenzo Guerini) nell’ambito dell’impegno umanitario nazionale dopo l’esplosione che ha colpito la capitale a inizio mese, sommandosi alla già complicata situazione da Covid-19. Sono arrivati per questo in Libano oltre 500 militari, due navi con elicotteri imbarcati, un ospedale da campo con personale specializzato dell’Esercito e tanti assetti per sostenere la popolazione, dai nuclei Cbrn all’elicottero per il trasporto in biocontenimento, fino al team del Comsubin per la bonifica di ordigni esplosivi. Un impegno corposo che dimostra i forti legami tra Italia e Libano, alla base dell’auspicio espresso di recente da Guerini per un rinnovo del mandato di Unifil.

IL MANDATO

La missione ha “un impegno di interposizione, senza compiti diretti, che prevede proprio che gli uomini si interpongano (anche fisicamente) tra i due contendenti per impedire loro di venire alle mani”, ci ha spiegato il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi) e della Brigata Folgore. In sostanza, si tratta di operazioni di pattugliamento e sorveglianza, al fine di garantire il mantenimento del cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah. Troppo poco per l’attuale amministrazione americana, che voleva una missione più incisiva in linea con le richieste dell’alleato israeliano. In particolare, Washington chiedeva che i Caschi Blu potessero condurre ispezioni non preventivate senza l’accompagnamento delle forze libanesi (come da attuali regole d’ingaggio).

LA SITUAZIONE SUL CAMPO

Le richieste americane seguono l’aumento dell’attivismo di Hezbollah nell’area contro Israele, particolarmente evidente dall’uccisione a gennaio del leader iraniano Qassem Soleimani. Attivismo che ha portato spesso a picchi di tensione. A inizio agosto, dopo la denuncia di un tentativo di intrusione di Hezbollah nel territorio israeliano, Tel Aviv ha colpito postazioni avversarie a Damasco e sulle alture del Golan, azioni per cui Hassan Nasrallah, capo politico di Hezbollah, ha minacciato ritorsioni. Tramite l’Onu, Israele ha dunque avvertito che, in caso di reazione, la contro-reazione sarebbe stata ancora più forte.

LA PROPOSTA FRANCESE

I rischi di escalation hanno dato vigore alle richieste americane per modificare il mandato di Unifil, fino alla minaccia di veto al rinnovo del mandato. Alla ricerca di una soluzione si è mossa la Francia, che ha presentato una bozza di accordo per frenare l’opposizione americana ed eventuali blocchi russo-cinesi a soluzioni troppo drastiche. Il risultato accontenta anche Washington. “Oggi abbiamo messo fine a un lungo periodo di compiacenza del Consiglio di sicurezza sulla missione Unifil con la crescente e destabilizzante influenza dell’Iran e dell’organizzazione terroristica Hezbollah”, ha commentato Kelly Craft, ambasciatrice Usa all’Onu. “La risoluzione – ha aggiunto – è un passo in avanti per rafforzare l’efficacia della missione”.

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