Le poste Usa fanno sapere a 46 Stati su 50 che non sono certe di potere recapitare in tempo schede e voti per posta delle elezioni presidenziali del 3 novembre. La mossa dello Usps, il servizio postale degli Stati Uniti, che ha un nuovo responsabile di stretta osservanza “trumpiana”, Louis DeJoy, mette una freccia in più all’arco di Donald Trump, che è ostile al voto per posta, causa, a suo dire, di brogli e ritardi nella conta dei suffragi.
Il presidente si sta anche rifiutando di rifinanziare le poste, nel braccio di ferro con i democratici sulle misure di rilancio dell’economia. Sulla crisi delle poste, l’ex presidente Barack Obama ha osservato che “tutti dipendono dall’Usps: gli anziani per la pensione, i veterani per le ricette mediche, le piccole imprese… Le poste non possono essere un danno collaterale per un’amministrazione più preoccupata di sopprimere il voto che di sopprimere il virus”.
Un riferimento a quello che sarebbe il timore di fondo di Trump: il voto per posta favorisce la partecipazione e, quindi, favorisce i democratici. La discesa in campo “partigiana” delle poste è un ulteriore segnale d’inasprimento della campagna, nell’imminenza della convention democratica – da lunedì 17 a giovedì 20, a Milwaukee, ma sostanzialmente virtuale – e di quella repubblicana, la settimana successiva.
Ieri, Obama ha frontalmente attaccato Trump, che “non si prende la responsabilità di niente, e si assume il merito di tutto”, e ha detto che “Joe Biden è il candidato giusto, che ha scelto una eccezionale running mate”, Kamala Harris. Per Obama, la convention democratica “sarà un’importante opportunità” per Biden “per spiegare agli americani come intende ‘tirarci fuori dal buco’ in cui siamo. Ma non sarà una convention dal vivo e questo probabilmente ne altererà l’impatto”.
La replica di Trump è arrivata da New York, incontrando il sindacato dei poliziotti locali: “Nessuno sarà al sicuro nell’America di Biden… Vi ha portato via la dignità e il rispetto… Ma io vi dico che il 3 novembre ve li riprenderete”. Trump era a New York anche per andare a trovare il fratello minore, Robert, ricoverato in ospedale in gravi condizioni. “Speriamo che migliori – ha detto Donald, dopo la visita – . Abbiamo un buon rapporto, lo abbiamo avuto fin dall’inizio”.
Ma il bersaglio principale dei repubblicani in questa fase è Harris, anche se Trump ne sminuisce l’impatto sulla campagna (“la sua presenza non mi pone nessun problema”), mentre lei dice “Corro per vincere”. Il New York Times fa un florilegio delle falsità sul conto della vice di Biden diffuse online in questi giorni: dalla tesi che non sia nata negli Stati Uniti all’affermazione di essersi sempre qualificata come “indiana-americana” e di avere assunto l’identità afro-americana solo recentemente per opportunismo; fino agli improbabili coinvolgimenti nei fantasiosi complotti creati da QAnon o in vicende di cronaca cui è completamente estranea.
La campagna democratica considera “ripugnanti” e “patetiche” le parole di Trump, che non esclude la possibilità che la Harris non sia nata negli Stati Uniti e quindi non sia eleggibile vice-presidente. Trump non ha direttamente sposato la teoria del “birther” contro Harris, come aveva invece fatto nei confronti di Obama, ma non l’ha neanche smentita. “Ho sentito che non ha i requisiti… Non so se è vero… Ritengo che i democratici abbiamo controllato se può farlo o meno… In ogni caso è una questione molto seria”.
Mike Pence, il vice-presidente di Trump, la attacca sull’igiene alimentare e dice: “Non lasceremo che Harris riduca i nostri consumi di carne rossa”. Pence si riferiva a dichiarazioni della Harris fatte a un evento sul cambiamento climatico durante le primarie democratiche. La senatrice allora disse che il governo federale doveva raccomandare agli americani di mangiare meno carne rossa, per combattere il cambiamento climatico. “Harris ha detto che cambierà le line guida sull’alimentazione di questo Paese riducendo l’ammontare di carne rossa che gli americani possono mangiare”, commenta Pence dallo Iowa, terra di coltivatori e allevatori. “Io ho appena mangiato della carne rossa”, aggiunge sorridendo.
Infine, fronte coronavirus, gli Stati Uniti hanno quasi raggiunto i 5.512.500 contagi, continuando ad averne oltre 50 mila nuovi ogni giorno, e hanno superato i 168.500 mila decessi, secondo i dati della Johns Hopkins University, aggiornati alla mezzanotte sulla East Coast.
(Usa2020)