L’intelligence è una materia incandescente, da maneggiare con cura.
Dopo il 2008 è stato osservato che le classi dirigenti hanno gestito la devastante crisi economica come un’opportunità per loro stessi e non come un problema della collettività.
Il rischio di non perseguire il bene comune viene oggi evidenziato in occasione del decreto legge sull’emergenza che contiene una norma sulle modalità di proroga della durata dei vertici dei Servizi.
La legge 124/2007 prevede che l’incarico possa durare al massimo quattro anni, attraverso una sola eventuale proroga.
Cosa c’entra, allora, occuparsi dei vertici dei Servizi nel decreto sull’emergenza coronavirus?
Non è la la prima volta, né sarà l’ultima, in cui le norme più disparate vengono inserite in contesti assolutamente estranei, poiché lo fanno da decenni tutte le maggioranze politiche.
Però questa è la prima volta che riguarda l’intelligence, che non è una materia qualsiasi, perché rappresenta il cuore vero della Repubblica.
Non a caso appena tre giorni fa abbiamo ricordato una strage in cui i Servizi sono stati insistentemente evocati.
È, quindi, il caso di occuparsi dei vertici dei servizi in un provvedimento sull’emergenza? Ed è proprio necessario farlo in tale contesto?
Senza coinvolgere in qualche modo il COPASIR e il CISR come sembrerebbe essere avvenuto?
Va rilevato che le leggi sui Servizi, la prima del 1977 e la seconda del 2007, sono state approvate con ampie maggioranze, perché è un argomento che non può essere divisivo.
Peraltro, secondo me, la funzione dell’intelligence sarà decisiva nei prossimi mesi quando il disagio sociale potrebbe superare i livelli di guardia, mettendo in discussione la stessa stabilità delle istituzioni democratiche.
Quindi le scelte che riguardano questo settore devono avere il massimo della credibilità e del consenso, senza essere indebolite da polemiche politiche.
I Servizi sono un argomento tremendamente serio e richiedono la massima condivisione istituzionale.
È sensato sostenere che occorra stabilità nel lavoro dei Servizi perché rappresentano la necessaria continuità dello Stato a prescindere dalle cangianti maggioranze politiche.
Ma un’iniziativa del genere proposta senza dibattito, senza coinvolgimento politico serve al Paese, a chi l’ha proposta e a chi potrebbe beneficiarne?
Molte sono ancora le questioni aperte. Ieri sera il premier Conte ha invocato in televisione riforme strutturali, proprio quelle che dovrebbe fare il governo da lui presieduto.
A proposito dei Servizi, le riforme strutturali potrebbero riguardare gli strumenti ulteriori per garantire la sicurezza cibernetica e applicare il golden power per difendere l’economia italiana dagli interessi stranieri e dalle mafie.
Inoltre, facendo in modo che gli agenti italiani operino fuori dalla capitale e all’estero e che la selezione degli operatori non sia concentrata nel circuito prevalente delle forze di polizia.
Occorre essere intellettualmente onesti, nella consapevolezza che oggi è assai difficile percepire la realtà, essendo immersi nella società della disinformazione dove confondiamo la realtà con gli annunci e la politica con l’intelligenza artificiale.