Un balzo di 150 metri avvicina SpaceX a Luna e Marte. Dopo la distruzione dei primi quattro prototipi, il quinto esemplare della navicella Starship è riuscito nella notte italiana ad alzarsi in volo. “Andremo sulla Luna, avremo lì una basa, manderemo persone su Marte e renderemo la vita multi-planetaria; è l’inizio di una nuova era dell’esplorazione spaziale”, spiegava due giorni fa Elon Musk, accogliendo il ritorno a terra della capsula Crew Dragon.
IL DECOLLO
Con un solo motore Raptor (a regime saranno sei), l’argentea navicella si è alzata fino a 150 metri sul sito di Boca Chica, nel sud del Texas, fluttuando per circa quaranta secondo prima di ri-poggiarsi a terra avvolta da un denso fumo, supportata dai propulsori di rallentamento già sperimentati per gli altri lanciatori di SpaceX. Dopo diversi rinvii, il test è ritenuto un “successo”.
Starship takes flight pic.twitter.com/IWvwcA05hl
— SpaceX (@SpaceX) August 5, 2020
Si tratta del prototipo numero cinque della serie Starship, decisamente il più fortunato, visto che i precedenti quattro sono tutti esplosi o bruciati durante i test. Il programma procede comunque rapidamente. Il primo prototipo della navicella è stata svelato da Elon Musk, alla fine di settembre dello scorso anno. Come ormai da tradizione per SpaceX, a undici anni dal primo lancio del Falcon 1, la presentazione a Boca Chica si colorava allora delle tinte hollywoodiane, delle sonorità e delle scenografie che hanno già rivoluzionato lo stile classico della corsa allo Spazio.
IL PROGRAMMA
Oltre i colori c’è però di più. Precedentemente conosciuto come Big Falcon Rocket, il programma è stato ridefinito a novembre 2018, distinguendo tra secondo stadio e navicella (Starship), e primo stadio (Super Heavy). Quest’ultimo è pensato come veicolo pesante nel parco di SpaceX, dotato di una potente propulsione e capace di atterrare verticalmente. Insieme alla navicella completa il sistema “Starship”, progettato per essere “completamente e rapidamente riutilizzabile” così da “condurre equipaggi e merci nelle orbite terrestri, sulla Luna, su Marte e in qualsiasi altro posto nel sistema solare”. Con 50 metri d’altezza (120 se si considera anche il lanciatore), la navicella dovrebbe realizzare prima di tutto voli suborbitali, a circa 20 chilometri dalla superficie per poi atterrare verticalmente. Poi, la campagna di test procederà (“rapidamente”, diceva Musk a settembre) verso le orbite terrestri. Erano previsti per quest’anno i primi voli con equipaggio, anche se l’obiettivo sembra ormai posticipato al 2021.
IL COMMENTO DI VITTORI
Anche perché i primi quattro prototipi della Starship sono tutti esplosi durante i test. “Poco male per Elon Musk che, prima di iniziare, ha messo in conto che i fallimenti iniziali sono parte integrale del successo finale”, ha spiegato su Airpress l’astronauta Roberto Vittori, generale dell’Aeronautica militare. “Starship – ha aggiunto il generale dell’Aeronautica militare – è al contempo razzo e navetta, è un aeroplano e una capsula; il disegno è talmente innovativo da rovesciare completamente tutti i paradigmi ad oggi noti; ovviamente, sempre che l’incredibile sforzo di innovazione abbia successo, e che Starship diventi una realtà”. In prospettiva, ha rimarcato Vittori, “c’è un solo disegno in grado di superare Starship: lo spazio-plano”.
LA FORZA DI ELON MUSK
Dopo il successo dalla missione Crew Dragon di pochi giorni fa, con il rientro in mare di Robert Behnken e Douglas Hurley, l’azienda ha così incassato un altro successo, da intrecciare nuovamente alle ambizioni spaziali degli Stati Uniti. Se per la Dragon riguardava il ritorno all’accesso autonomo alle orbite terrestri degli astronauti Usa, per la Starship si tratta dei programmi che puntano verso Luna e Marte. Ma quale è la forza di Musk? “Ha selezionato accuratamente i propri compagni di avventura, ha scelto investitori pazienti, disposti ad attendere il tempo necessario prima di monetizzare gli investimenti”, ha detto ad Airpress David Avino, managing director e fondatore di Argotec. “Quelli classici non avrebbero retto; avrebbero al massimo atteso quattro o cinque anni prima di passare in cassa per riscuotere”.
LA PAZIENZA SPAZIALE
E invece, ha aggiunto Avino, “lo Spazio ha bisogno di tempo, di pazienza per sviluppare tecnologie; ha bisogno di passare per errori, fallimenti e finalmente vedere maturare una soluzione che potrebbe di cambiare il modo di arrivare nello spazio e sfociare in applicazioni per la vita di tutti i giorni sulla Terra”. Certo, ha spiegato il numero uno di Argotec, rimane un interrogativo: “Se Musk, al posto di scegliere gli Stati Uniti, dal Sudafrica si fosse fermato in Europa, o più precisamente in Italia, avrebbe avuto lo stesso successo?”.