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Perché gli Stati Uniti non mollano la presa sul regime di Maduro e bussano all’Italia

MAduro

“È ora che anche l’Italia riconosca Guaidó leader del Venezuela”. Questo è il titolo di un’intervista di Paolo Mastrolilli pubblicata oggi su La Stampa a Mauricio Claver-Carone, avvocato americano di origini cubane e uno dei principali influenzatori della politica anti-castrista e anti-chavista del governo di Donald Trump. Claver-Carone è direttore dei Western Hemisphere Affairs al Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti ed è uno dei favoriti per diventare il nuovo presidente dell’Inter-American Development Bank a settembre. La sua, dunque, è una voce di peso all’interno della Casa Bianca.

“Oltre 60 Paesi hanno riconosciuto il governo ad interim del presidente Guaidó – ha dichiarato  Claver-Carone a La Stampa -. Ci farebbe molto piacere se anche voi prendeste questa iniziativa, necessaria per favorire la transizione democratica, e quindi la stabilizzazione e lo sviluppo di Caracas e dell’intera regione”.

Un invito cortese, quasi dolce, che però è preceduto da parole più forti, pronunciate dal funzionario del governo statunitense non troppo lontano. Perché è importante ricordare che a maggio di quest’anno, Claver-Carone ha minacciato con “sanzioni devastanti” per le compagnie che continuano gli affari con la petrolifera statale venezuelana, Pdvsa, sotto il controllo del regime di Nicolás Maduro.

In un’intervista con l’emittente colombiano NTN24, il funzionario ha detto che tra le imprese nel mirino di Washington che non hanno smesso di estrarre greggio dalle riserve venezuelane, per venderlo sul mercato internazionale, ci sono la spagnola Repsol, l’italiana Eni e l’indiana Reliance Industries.

In quell’occasione, per supportare la sua tesi, Claver-Carone ha ricordato lo stop alla Chevron, la seconda petrolifera degli Stati Uniti, che ha smesso di operare in Venezuela, seguita da Halliburton.

Per gli Usa non ci sono eccezioni, le limitazioni devono arrivare a chi mantiene attività commerciali con il regime venezuelano. Nell’intervista Claver-Carona aveva detto che Eni, Repsol e Reliance Industries erano state contattate dal governo americano per ricordare quanto accaduto con TNK Trading International, filiera della petrolifera statale russa Rosneft Oil, sanzionata a febbraio per esportare petrolio venezuelano sul mercato internazionale: “Le sanzioni per queste tre imprese sarebbero devastanti, e non vogliamo che questo accada”.

Sanzioni però che potrebbero essere in arrivo. Secondo l’agenzia Bloomberg, l’amministrazione Trump sta valutando nuove misure per fermare le poche transazioni di carburanti rimaste a Maduro: “Le misure potrebbero mirare a scambi di greggio con società in Asia ed Europa […] I funzionari statunitensi hanno discusso la mossa per mesi, ma inizialmente hanno dato la priorità alle azioni contro l’Iran, che ha iniziato ad esportare benzina nel Venezuela […] Le sanzioni non sono state decise e i colloqui sono in corso”.

Senza le raffinerie americane, le esportazioni petrolifere del Venezuela sono scese a 535.000 barili al giorno, il punto più basso della produzione del Paese dal 1950. “Aziende come la Reliance Industries dell’India, la Repsol SA della Spagna e l’italiana Eni SpA hanno caricato petrolio in cambio della fornitura di diesel a Caracas – ha scritto Bloomberg – […] Un portavoce di Eni ha affermato che la società è in piena conformità con il quadro delle sanzioni statunitensi e in dialogo con le autorità competenti”.

La regolarità delle attività di Eni con Pdvsa è stata sottolineata anche dal deputato leghista Alessandro Pagano in una recente intervista al sito PanAm Post: “Eni, essendo una multinazionale del settore petrolifero che opera in tutto il mondo, ha con lo Stato venezuelano rapporti solidi da molti anni, anche prima dell’arrivo del regime chavista, dall’anno 1963”.

Pagano sostiene che il Venezuela “ha un debito sostanziale con l’Eni di circa 800 milioni di euro, per cui quest’estrazione di petrolio probabilmente fa parte degli accordi di recupero, anche se parziale, per questi debiti di vecchia data”.

Sul presunto finanziamento del regime venezuelano al Movimento 5 Stelle e il presunto traffico illegale di coltan in Italia organizzato dal figlio di Nicolás Maduro, Pagano dice di non potere dare risposte precise perché il tribunale italiano ha secretato tutti i documenti delle indagine che sono in corso.

Tuttavia, il parlamentare della Lega crede che il governo italiano, guidato da Giuseppe Conte e sostenuto dal Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico, “sembra attratto come mai prima dal regime venezuelano e anche dal regime cubano, che sappiamo ha legami stretti  con il venezuelano. Allora, oltre i problemi del coltan, abbiamo visto che esiste un dialogo notevole con questi regimi, che non si è fermato durante il periodo di emergenza del coronavirus in Italia. Come può confermarlo la presenza di due delegazioni di medici cubani che sono arrivati in Italia per l’emergenza. Medici e paramedici cubani sono arrivati su invito di Conte e sono stati sostenuti con una grande propaganda, mentre l’utilità reale bisognerebbe confermarla”.

Ma nel Parlamento italiano c’è chi da anni è impegnato, sul campo, a favore della democrazia in Venezuela. Oltre alle molte risoluzioni e iniziative, e ai viaggi a Caracas, Pier Ferdinando Casini parlamentare è l’artefice di aver riportato in Italia a dicembre del 2019 due deputati di opposizione italo-venezuelani, Mariela Magallanes e Americo De Grazia. I due deputati erano stati minacciati per terrorismo e tentato colpo di Stato dal regime e si erano rifugiati nell’ambasciata italiana a Caracas.
Per Casini, invece, il M5S deve chiarire la vicenda del presunto finanziamento dal Venezuela, ma ha voluto precisare, all’epoca dello scandalo, che Luigi Di Maio, tanto sul Venezuela quanto sugli altri dossier di politica estera, ha mantenuto una posizione inattaccabile al governo: “Peraltro, bisogna riconoscere che il Ministro degli Esteri in questi mesi si è mosso in modo ineccepibile in ordine alle nostre alleanze internazionali”.
E anche il deputato del Movimento 5 Stelle, Antonio Zennaro, che tempo fa lanciò un appello sul Venezuela. Con un post intitolato “Venezuela basta tentennamenti”, il parlamentare ha riferito che in Abruzzo vive la più grande comunità di venezuelani in Italia “(soprattutto nel mio collegio) e tutti i giorni sentiamo in maniera diretta da chi ha ancora parenti ed amici in Venezuela su cosa è la dittatura di Maduro: libertà fondamentali negate, soprusi e violenze di ogni tipo”. “Qualsiasi sarà il nuovo governo – aveva scritto – dovrà prendere una posizione chiara ed inequivocabile sul regime di Maduro. Viva Venezuela libre”.

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