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La Clinton c’è e detta la sua linea a Biden (e Harris). Ecco come

Impegnarsi di nuovo con il mondo. È l’obiettivo principale della prossima presidenza degli Stati Uniti secondo Hillary Clinton, grande protagonista (seppur in ombra per evitare imbarazzi) della corsa che ha portato l’ex vicepresidente Joe Biden (i due anni lavorato assieme per quattro anni nella prima amministrazione di Barack Obama) a scegliere la senatrice Kamala Harris come running mate.

L’ex segretario di Stato e candidata dem alla Casa Bianca quattro anni fa è intervenuta all’Atlantic Council (che la prossima settimana ospiterà il segretario di Stato Mike Pompeo) dialogando con Fred Kempe, presidente e Ceo del prestigioso think tank. “Dovremo agire rapidamente per cercare di riconquistare la leadership e ricostruire le nostre alleanze e chiarire ai nostri concorrenti e avversari che il vuoto non c’è più, che gli Stati Uniti stanno per riprendere una posizione di leadership globale e unire i popoli contro le minacce comuni, che si tratti del cambiamento climatico o della pandemia globale”, ha dichiarato nel corso di un evento che dimostra la sua presenza ancora forte nel mondo dem, in particolare quando si parla di politica estera.

CONTRO L’AMMINISTRAZIONE TRUMP

Quanto sopra riportato è un chiaro affondo al presidente Donald Trump. Contro cui Clinton si è scagliata anche per la gestione del coronavirus puntando il dito contro il nazionalismo imperante nelle decisioni dell’amministrazione: servirebbe partecipare all’Organizzazione mondiale della sanità (da cui Trump ha ritirato gli Stati Uniti; decisione rispetto alla quale Joe Biden ha promesso di ordinare un dietrofront in caso di vittoria a novembre) e all’alleanza per il vaccino Gavi: “Non possiamo lasciare spazio al nazionalismo vaccinale proprio ora”, ha dichiarato l’ex candidata dem.

IL RUOLO DEL CREMLINO IN USA2020

“Dovremo affrontare le continue interferenze nelle nostre elezioni da parte di Putin e del Cremlino”, ha spiegato Clinton. “Questa è una minaccia continua per la nostra stessa democrazia, ma anche per altre democrazie, e deve essere affrontata una volta per tutte e con fermezza, piuttosto che permetterle di peggiorare, perché sappiamo da recenti rapporti di intelligence che i russi stanno ancora una volta cercando di favorire e aiutare Donald Trump a essere eletto”, ha aggiunto facendo riferimento a un documento del National Counterintelligence and Security Center (omettendo però una parte del rapporto: la Cina starebbe lavorando per Biden alla Casa Bianca).

LA SFIDA CINESE

La Cina sta riempiendo il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, ha spiegato l’ex segretario di Stato. Le “politiche incoerenti” dell’amministrazione Trump nei confronti della Cina — azioni economiche “non particolarmente efficaci” e “molti insulti” — hanno lasciato un “vuoto” che Pechino sta riempiendo. Clinton rilancia il ruolo statunitense nel Pacifico — “Non possiamo permettere alla Cina di dominare la regione del Pacifico e oltre e cercare di sostituire un ordine globale basato sulle regole con il proprio potere e la propria influenza. Secondo lei un’amministrazione Biden-Harris punterebbe a riportare le “relazioni degli Stati Uniti con la Cina su un corso più stabile e prevedibile”.

NATO E DEMOCRAZIA

“Uno dei grandi vantaggi che storicamente hanno avuto gli Stati Uniti, che purtroppo abbiamo sperperato negli ultimi tre anni e mezzo, è la nostra rete di alleanze”, ha detto Clinton sottolineando la centralità della Nato e osservando il ruolo dell’alleanza atlantica davanti all’“aggressione russa” (una visione della Nato ferma a quattro anni fa, appunto, visto che l’ex segretario di Stato neppure evoca il fronte cinese per l’alleanza)

“La democrazia è sotto attacco in tutto il mondo”, in parte perché “il sistema di governance non è stato all’altezza di ciò che le persone che vivono nelle democrazie hanno tutto il diritto di aspettarsi. Abbiamo molto lavoro da fare all’interno dell’alleanza atlantica per ricostruire i pilastri democratici delle nostre nazioni e le nostre interrelazioni”, ha aggiunto sottolineato però anche come gli sforzi di democratizzazione all’interno dei Paesi Nato come Ungheria e Turchia siano “stati a dir poco deludenti”.


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