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2020, il miglior podcast della nostra vita

L’anno zero del Podcast, che insieme ai 60mila titoli di audiolibri disponibili su Audible, sono stati l’interesse culturale e di intrattenimento per un quinto di italiani durante la quarantena. Il 20% della popolazione, un totale di 12milioni raggiunti – in particolare tra i 25 e i 34 anni, la fascia degli appassionati consumatori di contenuti in streaming – ma c’è stato un 16% in più, rispetto al 2018.

È stato del resto il più lungo week end della storia. Si sarebbe potuto misurare in pagine di Guerra e Pace, e scoprire che Tolstoj non era così lungo. In questi mesi gli audiolibri hanno accompagnato i nuovi stili di vita con un comportamento molto simile a quello che in precedenza si registrava nel fine settimana: picchi di ascolto tra le 11 e le 15 e intorno alle 22.

Solo da quattro anni si è aperto questo segmento del mercato, con un solito ritardo italiano, e un desiderio neanche nascosto di molte persone, in particolare i millennials, cresciuti a pane amore e  multitasking. Ricordo di aver indicato col mio primo 5 X 1000 una associazione che tra le prime aveva preso a cuore la lettura ad alta voce dei libri, da riascoltare, partendo dai classici di cui erano decaduti i diritti e affiancando anche i testi. Erano gli anni in cui le app non esistevano. Adesso al prezzo del più economico puoi avere a disposizione una biblioteca digitale.

Sono di rientro dalla settima edizione del Festival della Comunicazione, a Camogli, “Abbiamo dato seguito in questa edizione – dice la direttrice Rosangela Bonsignorio – a un tema scelto prima dell’inizio della pandemia, ‘Socialità’ e che è divenuto centrale in questi mesi”.

“La voglia di esserci”. E c’erano anche il Country Manager – Audible Italia, Marco Azzani e il resto della squadra ad aspettarmi per un’intervista che, per chi come me si occupa del mondo del lavoro e vede nella cultura un’industria non meno importante della manifattura o dell’edilizia, del commercio e dei servizi, semmai una integrazione moderna tra questi mondi – rappresenta un modo per raccontare la scatola nera, cosa c’è dietro le nuove aziende, chi lavora per quelle app che ogni giorno usiamo e cosa c’è dentro il mondo Amazon. Gli uffici, in questo caso, sono con base esclusivamente in Germania. Dal 2016 l’azienda investe su circa 12mila titoli italiani, era partita con 1400, e collabora con artisti e lettori professionisti generando l’indotto grande o piccolo che c’è intorno.  L’azienza è stata fondata 25 anni fa ed è stata comprata per oltre 300 milioni di dollari nel 2009 da Amazon. Il numero di dipendenti totali è circa di 30 persone, lo sappiamo le aziende digitali hanno fatturati da capogiro chi più chi meno, ma non si parla di catene di montaggio e dell’organizzazione del lavoro fordista, c’è però un importante lavoro alle spalle anche sul piano editoriale, una vocazione che il manager ci tiene a sottolinearmi. “Soltanto la metà si occupa di business marketing, l’altra metà si occupa dei contenuti e questo dà anche il senso dell’importanza della parte editoriale e della partecipazione ai festival”.

E se, come sottolineavano alcuni bambini durante la dura prova del lockdown, con le scuole chiuse, le maestre non hanno letto loro le filastrocche di Gianni Rodari, in una delle faticose lezioni a distanza, sicuramente Audible ha registrato un picco di ascolti per il centenario dalla nascita dello scrittore. A dimostrazione dell’interesse e dell’importanza dell’iniziativa imprenditoriale che, se vogliamo, risponde anche a un bisogno e talora meglio di altre politiche per il diritto allo studio.

Il festival della Comunicazione con le sue 25 mila presenze e 227mila visualizzazioni sul sito della manifestazione, dà appuntamento all’anno prossimo, dal 9 al 12 settembre, anche grazie agli sponsor come Audible che se da una parte fa sentire meno soli nelle nostre case, nelle giornate lontani, dall’altra c’è per accorciare le distanze tra cittadini e cultura, tra parole e abbracci fisici, malgrado questa fosse una situazione con regole scrupolose, osservate, e particolari, speriamo uniche. Arriviamo al prossimo anno con un carico di desiderio ancora più evidente.

Sono stati 114 gli ospiti che hanno popolato le vie, le piazze, le terrazze, in questi quattro giorni. Sono arrivata a pranzo e la prima persona che ho visto al ristorante è stata Aldo Cazzullo. Sicuramente il Corriere della Sera dà, come è giusto che sia, ogni anno un grande contributo in termini di protagonisti e di spessore, con le sue firme, quest’anno mancava il direttore, forse il 115esimo ospite, e in tanto nelle stesse ore a Milano andava in scena alla Triennale il Tempo delle Donne, a Vicenza il Festival Città Impresa, e a Mantova il Festival della Letteratura. Le dirette streaming e i video hanno permesso e permetteranno per altro di poter fare un ottimo “zapping”. E chi ha potuto ha cercato di vivere almeno una delle atmosfere, quella ligure quest’anno è stata speciale.

Beppe Severgnini ha proposto il suo Book Jukebox. Negli anni, quelli in cui ha rivalutato i punti di forza del nostro Paese è diventato anche più interessante, ironizza sulle sue personali caratteristiche come la vanità, sembrandolo in realtà sempre meno. Segno che l’America ha perso colpi. Ne è meno attratto, con ironia ha posto l’attenzione su alcuni passaggi e alcune esasperazioni.

L’ottava edizione sarà sotto il tema della “Conoscenza”. E trovo sia interessante in queste ore nelle quali si ritorna tra i banchi di scuola pensare al gemellaggio e al binomio, tra Comunicazione e Conoscenza. Un tandem che, come l’esempio dei podcast e dei libri nei vari formati, dà il senso di futuro. La scuola dovrebbe assomigliare di più a un cartellone di uno di questi festival citati, o forse dovrebbe saperli cavalcare tutti, in quella interdisciplinarietà che già di per sé è un obiettivo di buon senso.
Ma un festival ha tante figure che la scuola non ha, e forse varrebbe la pena partire ad allargare l’organico in questa direzione.
Il Festival della Comunicazione, mi permetto di aggiungere, ha il miglior ufficio stampa in presenza che abbia incontrato negli anni. E meno male. Seguiranno le interviste nel dettaglio, vi anticipo quella tra me e Federico Fubini su “Perché l’Economia”.
Se non fosse stato per la solerzia dell’ufficio stampa la tentazione di lasciarsi prendere dalle distrazioni era altamente superiore che in altri Festival.

 

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