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Altolà a Huawei. Perché il ministro Amendola (Pd) alza le barricate sul 5G

Con un’intervista al Corriere della Sera il ministro degli Affari europei Enzo Amendola è tornato a parlare di 5G in relazione al piano italiano per investire i 209 miliardi di Next Generation Eu, che ha il compito di preparare.

“Non ho mai messo in discussione i rapporti commerciali e di scambi con la Cina, ma sulla sicurezza non si possono fare compromessi”, ha spiegato il ministro dem rispondendo a una domanda dell’intervistatore, Federico Fubini, sulla possibilità dii finanziare con gli aiuti europei i grandi fornitori cinesi come Huawei o Zte. “I dati sono il nuovo petrolio, i dati degli italiani sono la proprietà intellettuale del Paese. Dunque mi auguro che non solo l’Italia, ma l’intera Europa, sia molto più rigida”, ha dichiarato Amendola riprendendo oltre al concetto di sicurezza nazionale anche quello di “sovranità, come dice il presidente francese Emmanuel Macron”: sono “temi che un Paese come il nostro tratta con gli alleati europei e atlantici, non con altri”, ha scandito il ministro mettendo in guardia da passi indietro rispetto alla linea indicata dal governo nelle ultime settimane.

Le parole di Amendola fanno il paio con quanto dichiarato a Formiche.net negli scorsi giorni dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “L’Italia prende seriamente le preoccupazioni Usa e mantiene uno stretto coordinamento con l’Unione europea”, ha illustrato il capo della diplomazia italiana sottolineato il lavoro del comitato Golden Power istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri.

Dunque niente aziende cinesi nel 5G italiano?, ha chiesto ancora Fubini. “Ormai ne stiamo discutendo a livello europeo. Non è questione di essere anti-cinesi, è un fatto normale. Le chiavi di casa mia io le do ai miei familiari, non ad altri”; ha risposto secco il ministro. Che ha aggiunto: “Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e io ne parliamo molto”. Una presa di posizione forte che tiene dentro anche le preoccupazioni per la cooperazione d’intelligence con l’alleato a Washington e che sembra una risposta agli sforzi di una lobby cinese trasversalmente presente nelle istituzioni che evidentemente come una talpa continua a scavare.

Poi, da Amendola, una stoccata a chi spera che con un cambio di amministrazione Washington possa ammorbidire sulla questione cinese ma anche a chi, come il premier Giuseppe Conte, è convinto che chiunque vinca le lezioni presidenziali di novembre, non cambieranno i rapporti tra Italia e Stati Uniti: “Non significa essere ammiratori di Donald Trump”, ha illustrato Amendola parlando ancora dei temi della sicurezza. “Negli Stati Uniti Joe Biden, il candidato democratico, su questi principi è anche più fermo del presidente. Prima di aprire alla concorrenza ci vogliono requisiti di sicurezza”.

Il ministro Amendola ha introdotto poi un concetto, quello del “reshoring”, cioè il rientro di alcune linee di produzione per essere meno dipendenti dalla Cina per la fornitura di tanti prodotti essenziali. “Non sarà facile, ma il ministero dello Sviluppo sta lavorando a progetti precisi”, ha dichiarato il ministro. “Vivevamo in un mondo malato, come dice papa Francesco, con degli standard legali internazionali che giocavano contro l’Unione europea. Eravamo la cenerentola fra le grandi potenze commerciali, insicuri e a bassa crescita. Ora l’Europa sarà in campo”.

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