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Cambiamenti climatici e sicurezza. Così la Nato (con l’Italia) si adatta al futuro

Un’Alleanza attenta all’ambiente, agli effetti dei cambiamenti climatici sulla sicurezza e vice versa. È la Nato che si adatta alle minacce attuali e che cerca di prevedere quelle future, emersa nel corso dell’evento “Nato and Nature: a changing climate”, organizzato ieri a Bruxelles dalle delegazioni di Italia e Regno Unito presso l’Alleanza. “I cambiamenti climatici hanno importanti ricadute securitarie”, ha spiegato a margine dell’evento l’ambasciatore Francesco Maria Talò, rappresentante permanente d’Italia alla Nato. “Il compito principale dell’Alleanza è preservare la pace – ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg – i cambiamenti climatici stanno alimentando instabilità e conflitti; per adempiere alla sua responsabilità fondamentale, la Nato deve fare la sua parte “.

IL DIBATTITO

L’evento congiunto Italia-Uk si colloca nel quadro della partnership tra i due Paesi per la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop26). Al seminario di alto livello sono intervenuti ieri, tra gli altri, lo stesso Stoltenberg, il vice primo ministro e ministro della Difesa di Lussemburgo Francois Braush, il vice segretario generale del Servizio esterno dell’Ue Stefano Sannino e il commissario dell’Unione Africana per l’economia rurale e l’agricoltura Josefa Sacko. Insieme a loro, tra presenza a Bruxelles e partecipazione virtuale, sono intervenuto alcuni tra i principali esperti di sicurezza e ambiente del mondo dei “think tanks” internazionali.

IL LEGAME TRA AMBIENTE E SICUREZZA

I cambiamenti climatici, ci ha spiegato l’ambasciatore Talò, “sono un moltiplicatore di alcune sfide: da una parte c’è l’impatto dei cambiamenti climatici sulla nostra sicurezza; dall’altro quello dei nostri dispositivi di sicurezza sull’ambiente”. Per questo, ha aggiunto, “in un’alleanza di democrazie occorre aver sempre ben presente il sentire delle nostre opinioni pubbliche; oggi è più facile vedere la gente scendere in piazza per l’ambiente piuttosto che per altre ragioni”. In sintesi, ha notato Talò, “ambiente e pace vanno di pari passo: in aree devastate dalla guerra la natura è distrutta così come in regioni nelle quali l’ambiente è devastato da fenomeni quali la desertificazione si possono innescare migrazioni di massa che generano profonde forme di instabilità”.

L’APPROCCIO DELLA NATO

Sin dal 2010, con il Concetto strategico approvato a Lisbona, i temi dell’ambiente cambiamenti climatici (con le relative possibili ricadute sulla sicurezza) sono entrati nel radar perimetro dell’Alleanza. “Definiranno il futuro ambiente di sicurezza in aree di interesse per la Nato e avranno il potenziale di incidere significativamente sulla capacità della Nato di pianificare e operare”, si legge in quel documento. Negli ultimi dieci anni, la percezione collettiva del fenomeno è cambiata ulteriormente aumentata, con ripercussioni in ogni settore, incluso quello della sicurezza, ambito di competenza della Nato. Lo dimostra l’evoluzione recente. Dopo il vertice tra capi di Stato e di governo dello scorso dicembre, la Nato ha istituito un gruppo indipendente di esperti incaricato di redigere un rapporto su come l’Alleanza possa rafforzare la propria natura politica per far fronte alle nuove sfide alla nostra sicurezza, compresa quella ambientale. Nel gruppo ristretto di esperti è stata selezionata anche l’italiana Marta Dassù, a riprova dell’attenzione con cui nell’Alleanza si guarda alla prospettiva dell’Italia. Nel più ampio contesto del processo di adattamento si inserisce l’iniziativa di diplomazia pubblica denominata #Nato2030.

UNA QUESTIONE DI PARTNERSHIP

In tale cornice si colloca anche la riflessione ambientale, analizzata durante l’evento organizzato dalle rappresentanze di Italia e Regno Unito in tutte le sue declinazioni, tra sfide e opportunità. Quest’ultime sono spesso evidenziate dal contributo italiano all’Alleanza Atlantica. Le nostre Forze armate hanno intrapreso da tempo progetti tecnologicamente innovativi volti a misure di mitigazione sui possibili effetti securitari dai cambiamenti climatici anche grazie alla solida expertise e competenza che l’industria nazionale è in grado di mettere a disposizione. Non è un caso che tra gli esperti intervenuti nel seminario sia stata chiamata a intervenire anche Renata Mele, chief sustainability officer di Leonardo, il campione italiano dell’aerospazio e difesa. In senso più ampio, il tema, come emerso dagli interventi, si lega alle partnership che la Nato sviluppa nelle varie aree d’azione. Dall’Artico all’Africa, i lavori hanno chiarito la rilevanza strategica di una cooperazione di ampio respiro dell’Alleanza Atlantica con le principali organizzazioni internazionali, incluse (in primo luogo) l’Unione europea, le Nazioni Unite e l’Unione africana.


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