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Sanzioni, armi e diplomazia. Ankara e Bruxelles muovono lo scacchiere libico

L’avvicinarsi dei colloqui a Ginevra muove le pedine sullo scacchiere libico. La Turchia, indispettita dalle nuove sanzioni europee, inizia a prepararsi per le dimissioni annunciate da Fayez al Serraj, primo ministro del governo di accordo nazionale. L’Ue rimuove dalla lista dei sanzionati il leader del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh, figura in ascesa nella definizione del futuro libico. Khalifa Haftar accetta la ripresa delle esportazioni di petrolio, ma alza la posta sulla detenzione dei 18 pescatori siciliani detenuti a Bengasi, ora accusati di traffico di droga.

LA RABBIA DI ANKARA

“Priva di valore” e “totalmente sbagliata”. Così Ankara giudica la decisione dell’Ue di inserire una società di navigazione turca tra le nuove entità colpite dalle sanzioni, licenziate ieri dai ministri degli Esteri. Occasione utile anche per tornare a esprimere le critiche alla missione europea Irini, da pochi giorni in piena capacità operativa con tre fregate, un impegno che la Turchia ha sempre ritenuto essere a sostegno delle forze della Cirenaica di Khalifa Haftar (che possono ricevere armi via terra dall’Egitto) e a danno del Gna di Fayez al Serraj. “È incomprensibile come il sostegno turco al governo legittimo libico venga considerato una violazione dell’embargo, mentre le azioni altri Paesi e le società, tra cui gli Emirati Arabi, che armano Haftar vengono ignorate; un atteggiamento che denota un pregiudizio da parte dell’Ue”, spiega il comunicato del ministero degli Esteri turco. Segue la stoccata su un altro dossier delicato: le sanzioni sarebbero inconcepibili soprattutto perché arrivano “in un momento in cui si stanno compiendo sforzi per ridurre le tensioni nel Mediterraneo orientale”; come a dire che le distanze rischiano di allargarsi anche su quella crisi, già di per sé intricata.

VERSO I NEGOZIATI

La Turchia non sembra d’altra parte disposta a cedere nulla sulla Libia. Recep Erdogan ha già mostrato insofferenza per la decisione di Serraj di annunciare l’intenzione di dimettersi entro ottobre, non prima però di aver trovato un successore. Oggi, il ministro turco in Libia Serhat Aksen ha incontrato il ministro dell’Istruzione del Gna Mohamed Ammari Zayed, discutendo delle “strade per giungere a una soluzione politica”. Dopo l’inconcludente vertice in Marocco, l’attenzione è per l’incontro promosso dall’Onu a Ginevra per il mese di ottobre. L’obiettivo è trasformare l’intesa sulla cessazioni delle ostilità nella base per definire un assetto istituzionale di stabilizzazione. L’interesse principale della Turchia è mantenere in essere i vari accordi siglati con il Gna. Ieri, la presidenza turca ha fatto sapere che, a prescindere dagli effetti delle dimissioni eventuali di Serraj, “i memorandum resteranno validi”, soprattutto quello siglato a novembre 2019 per lo sfruttamento delle risorse marittime. Oggi Zayed ha offerto nuove rassicurazioni all’ambasciatore di Erdogan.

LA LINEA UE

Anche l’Ue ha comunque dimostrato di non volere restare semplice spettatrice, nonostante il terreno perso a favore di chi nella crisi libica ha messo uomini e mezzi (leggasi Turchia e Russia). Oltre le nuove sanzioni, il Consiglio Affari esteri di ieri ha stabilito di rimuovere dalla lista delle sanzioni dell’Ue il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, e l’ex presidente del Congresso nazionale libico, Nouri Abusahmein. Il parlamento di Tobruk è riconosciuto legittimo dall’Onu, essendo l’ultimo eletto dal popolo. In più, le credenziali di Saleh nell’ambito del futuro libico sono tornate a crescere nelle ultime settimane, parallele alle difficoltà registrate sul campo da Haftar. Il cessate-il-fuoco di agosto è stato concordato tra il Gna e la Camera guidata da Saleh.

IL PUNTO ITALIANO

In queste trame si muove anche l’Italia. Oggi il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashagha (tra i quotati per il post-Serraj) ha ricevuto l’ambasciatore in Libia Giuseppe Buccino Grimaldi. L’ufficio informazioni del ministero dell’Interno di Tripoli ha dichiarato in una nota che durante l’incontro “gli sviluppi della situazione politica in Libia” e si è cercato di trovare una “soluzione politica alla crisi libica senza alcuna interferenza straniera”. Le due parti hanno altresì discusso “i modi per migliorare le prospettive di cooperazione tra i due Paesi, in particolare quelli di sicurezza”.

I PESCATORI SICILIANI

L’attenzione maggiore è rivolta però più ad est, lì dove milizie che rispondono ad Haftar detengono da oltre tre settimane 18 pescatori siciliani, accusati di aver sconfinato in acque libiche. Oggi, mentre le famiglie dei pescatori di Mazara del Vallo erano a Roma per cercare di incontrare il premier Giuseppe Conte, l’AGI è venuta in possesso delle foto con cui, secondo gli stessi pescatori, Haftar cerca di “incastrarli”. Si tratta di un’immagine di dieci involucri di colore giallo, disposti su due file a terra davanti a una nave che ha il nome Medinea, lo stesso di quella sequestrata dai libici di Bengasi insieme al peschereccio Antartide. Il sequestro è avvenuto il primo settembre, all’indomani degli incontri del ministro Luigi Di Maio con Sarraj e Saleh.

SI MUOVE IL PETROLIO

Potrà aiutare l’abbassamento della tensione sul campo, per cui la riattivazione delle linee petrolifere è il test principale. La scorsa settimana, il vice presidente del Consiglio presidenziale (numero due di Serraj) Ahmed Maiteeg ha annunciato la conclusione di un accordo con l’Esercito nazionale libico (Lna) di Haftar per la ripresa delle esportazioni. Secondo il quotidiano Sada, nei giorni scorsi Serraj avrebbe incontrato il presidente della National Oil Corporation (Noc), Mustafa Sanallah, per colloqui sugli accordi “per assicurare la regolarità delle entrate a beneficio di tutti i libici”, una linea già evidenziata dallo stesso Haftar. La produzione potrebbe raggiungere quota 260 mila barili al giorno già la prossima settimana, rispetto agli attuali 100. Come nota Nova, si tratta comunque di livelli ancora lontani dagli 1,2 milioni di barili al giorno di inizio gennaio 2020 e dagli 1,6 milioni di barili pre-rivoluzione del 2011.

I PROBLEMI DI SERRAJ

A dare idea della delicatezza della situazione sono arrivate in giornata le notizie della tv saudita Al Arabiya. Secondo l’emittente ci sarebbero disaccordi sulla divisione dei poteri in Tripolitania nel prossimo “accordo politico” con le forze di Haftar. Il problema è che i leader delle milizie che (supportati dalla Turchia) hanno fronteggiato l’avanzata dell’Lna verso Tripoli rivendicherebbero un ruolo maggiore nel nuovo quadro istituzionali. Sempre secondo Al Arabiya, i Fratelli musulmani libici stanno tenendo diversi incontri in Turchia e a Misurata per prepararsi ai prossimi round di negoziati, e stanno spingendo per Fathi Bashagha nella veste di nuovo premier.

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