La morte del giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg apre un nuovo fronte di scontro, delicatissimo, fra repubblicani e democratici, fra conservatori e progressisti, a solo sette settimane dalle elezioni presidenziali e politiche. L’esito segnerà gli equilibri della Corte Suprema per decenni a venire.
La Ginsburg, che aveva 87 anni, è deceduta ieri sera per le complicazioni di un timore al pancreas, circondata dalla sua famiglia. Icona dei liberal, specie delle donne e delle giovani, rispettata da tutti, come testimoniano dichiarazioni di cordoglio e attestazioni di stima che giungono da ogni parte, Ruth Bader Ginsburg è stata una paladina dei diritti delle donne e dei diritti civili.
Centinaia di persone si sono radunate davanti alla Corte Suprema per testimoniarle il loro omaggio, mentre la Casa Bianca esponeva la bandiera a mezz’asta. Per Donald Trump, informato del decesso dopo un comizio in Arizona, la Ginsburg era “una donna formidabile”: un “colosso della legge” che ha dimostrato che si può essere in “disaccordo senza essere sgradevoli con i colleghi che hanno punti di vista diversi”. Le sue opinioni – prosegue il presidente – hanno “ispirato gli americani e generazioni di grandi menti legali”. Tutti gli ex presidenti l’hanno ricordata con parole commosse.
La scomparsa della giudice offre a Trump la possibilità di cementare la maggioranza conservatrice alla Corte Suprema, dove ha già nominato Neil Gorsuch e Bret Kavanaugh. Trump potrebbe essere il primo presidente dopo Ronald Reagan a nominare tre giudici suporemi in un solo mandato.
Ma se la designazione del successore della Ginsburg da parte del presidente avverrà a giorni, il fatto che il Senato ne confermi la nomina prima delle elezioni del 3 novembre non è affatto sicuro. Si ricorda che nel 2016 i repubblicani riuscirono a tenere bloccata per mesi la conferma del successore di Antonin Scalia designato da Barack Obama, lasciandone quindi la scelta a Trump.
La stessa Ginsburg aveva confidato alla nipote Clara di sperare di non essere sostituita fino all’insediamento del nuovo presidente.
Se dalle elezioni uscisse un cambio di presidente o anche solo un cambio di maggioranza al Senato, le possibilità di conferma del candidato di Trump si attenuerebbero di molto, anche se il Congresso resterà formalmente in carica fino a inizio gennaio. I leader democratici e Joe Biden già chiedono che la designazione del successore della Ginsburg sia lasciata al nuovo presidente. I repubblicani giocano sui rischi di trovarsi con una Corte Suprema ridotta a otto giudici e quindi potenzialmente in stallo nel dopo elezioni, se ci fosse da decidere, come nel 2000, sull’esito del voto.
In realtà, l’attuale composizione della Corte assicura un vantaggio ai conservatori (5 a 3); e, comunque, lo stallo sarebbe rotto dal peso del voto del presidente, conservatore.
Nei giorni scorsi, Trump aveva pubblicato una lista di venti potenziali nuovi giudici supremi, fra cui i senatori Ted Cruz e Tom Cotton e la giudice di Chicago Amy Coney, che alcuni media citano fra i favoriti alla designazione per il dopo Ginsburg.
La notizia della morte della giudice ha chiuso una giornata segnata dalle nuove promesse di Trump sul vaccino anti-coronavirus e da ulteriori conferme di pressioni politiche sulle autorità sanitarie e scientifiche: il vaccino – dice il presidente – arriverà a breve, la distribuzione inizierà nelle 24 ore successive all’approvazione, cento milioni di dosi saranno disponibili entro fine anno – con priorità alle categorie a rischio – ed “entro aprile ci saranno abbastanza vaccini per tutti gli americani”, salvando così “milioni di vite” e facendo tornare il Paese alla “normalità”.
I dati della Johns Hopkins University mostrano che, alla mezzanotte sulla East Coast, i contagi nell’Unione s’avvicinavano ai 6.725.00 e i decessi sfioravano i 198.600 – quota 200 mila sarà probabilmente toccata entro lunedì -. Con un ventesimo della popolazione mondiale, gli Stati Uniti hanno più di un quinto dei casi e dei decessi e guidano entrambe le classifiche in cifre assolute.
Sondaggi di New York Times e Siena College negli Stati in bilico danno Biden in testa nell’Arizona e in Maine, rispettivamente di nove e 17 punti, mentre in North Carolina c’è un testa a testa: Biden al 45% e Trump al 44%.
Intanto, il braccio di ferro tra gli Usa di Trump e la Cina di Xi su TikTok è a un passaggio cruciale: Trump annuncia il divieto di scaricare le app cinesi TikTok e WeChat da domani, domenica 20 settembre. Ma la decisione, formalizzata da un ordine del Dipartimento del Commercio, potrebbe saltare se andassero in porto, con le modifiche sollecitate dalla Casa Bianca, le trattative in corso per un’intesa tra TikTok e Oracle, dopo il fallimento di quelle con Microsoft. Salvo novità, però, TikTok e WeChat saranno rimosse domenica dagli app store Usa: gli utenti che già le usano, potranno temporaneamente mantenerle sui propri cellulari, ma WeChat potrebbe presto diventare inutilizzabile causa l’indisponibilità degli aggiornamenti software; e TikTok diventerebbe illegale dal 12 novembre.
Altri fronti polemici sono il voto per posta, che – ribadisce Trump – rischia di “essere un disastro, con milioni di schede da contare la notte delle elezioni”, e le ingerenze russe sul voto Usa. Trump dice: “Non mi sono piaciute le risposte” del direttore dell’Fbi Christopher Wray, che al Congresso ha dichiarato che la Russia cerca d’interferire sulle elezioni e che Antifa – il gruppo anti-fascista che il magnate ritiene una minaccia terroristica – è un’ideologia e non un’organizzazione. “La Cina – chiosa Trump – è un problema ben più grande della Russia”.