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Il Dragone nello Spazio. La Cina vuole la quinta base spaziale (e il suo Elon Musk)

La Cina vuole la sua quinta base per i lanci nello Spazio, così da sostenere un programma ambizioso che si muove dalle orbite basse fino a Marte. È in fase di costruzione ad Haiyang, nella provincia di Shandong, protesa nelle acque del Mar giallo. A compiacersi dei “sostanziali progressi” dei lavori è stato Wang Xiaojun, capo della China academy of launch vehicle technology (Calt), una sussidiaria della China aerospace science and technology corporation (Casc), il colosso statale che segue quasi tutte le missioni del Dragone oltre l’atmosfera, protagonista di nuove manovre interne per consolidare l’industria nazionale della Difesa.

I LAVORI A HAIYANG

In visita a Haiyang il 26 agosto, Xiaojun ha passato in rassegna i vari comparti del futuro spazioporto “orientale”. L’obiettivo è avere una base sul mare affacciata verso est, nella posizione ritenuta più strategica per il lanci spaziali poiché permette di sfruttare la rotazione terrestre e, contemporaneamente, di avere campo libero in caso di problemi, soprattutto per i futuri vettori a propellente solido. È d’altra parte lo stesso orientamento geografico che hanno gli Stati Uniti con Cape Canaveral o gli europei con lo spazioporto di Kourou, in Guyana francese. La nuova base di lancio si aggiungerà alle quarto già operative per i piani spaziali del Dragone, connesse a un ampio ventaglio di lanciatori disponibili (i “Lunga Marcia”). Insieme, permettono alla Cina di lanciare con un ampia frequenza.

TRA ESPLORAZIONE E SCIENZA

La base più rilevante resta al momento quella situata a Wenchang, sull’isola di Hainan lungo la costa sud del Paese, nelle acque del Mar cinese meridionale. Inaugurata poco più di tre anni fa, è stata lo scorso luglio sede di partenza della “ricerca della verità celeste” o, in mandarino, Tianwen, la prima missione cinese verso Marte (con un Lunga Marcia 5). Negli stessi giorni, un Lunga Marcia 3B partiva invece dalla base di Xichang, nella provincia sud-occidentale del Sichuan, con a bordo il satellite Apstar-6D, primo componente di una costellazione per connessione a banda larga. Sempre da Xichang, il 23 giugno era partito l’ultimo dei 35 satelliti della costellazione Beidou, ideata per garantire un sistema autonomo di navigazione e puntamento satellitare concorrente al Gps americano, al Galileo europeo e al Glonas russo.

DA NORD A SUD

Nel nord del Paese c’è invece la base di Jiuquan, nella provincia del Gansu, lungo l’antica Via della seta, rispolverata da poco per l’alta frequenza di lanci, nel pieno deserto del Gobi. È probabilmente la base più significativa per la storia del programma spaziale del Dragone (sempre denso di simbolismo). Da Jiuquan sono partite le missioni storiche: il primo satellite nel 1970; il primo taikonauta nel 2003 (Yang Liwei a bordo di una navicella Shenzhou-5) e la prima stazione spaziale, la Tiangong-1 nel 2011. Al centro del Paese c’è infine la base di Taiyaun, utilizzata anch’essa a inizio luglio con un Lunga Marcia 4B per condurre in orbita un satellite della serie Gaofen per l’osservazione della Terra (un altro ne è partito a metà agosto). L’apertura di una base sulle coste orientali permetterebbe di incrementare ulteriormente il rateo di lancio, ma soprattutto di avere condizioni di sicurezza maggiori rispetto agli spazioporti situati in aree più abitate lunga la traiettoria di lancio.

UNA CORSA SFRENATA

In occasione del lancio dei satelliti Beidou di giugno scorso è stata riportata la caduta pericolosa di parti del razzo vettore nelle aree circostanti la base di lancio di Xichang (e non era la prima volta). A maggio, per la prima volta, è partito da Hainan il lanciatore Lunga Marcia 5B (quello destinato a future missioni lunare e marziane) con a bordo la nuova navicella che servirà a portare i taikonauti a bordo del terzo “Palazzo celeste”, la Tiangong-3. Lo stadio centrale del vettore è letteralmente precipitato nell’Oceano atlantico, non senza preoccupazioni, trattandosi “dell’oggetto più massiccio degli ultimi decenni rientrato nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato”. Si ricorderà a Pasqua del 2018 la preoccupazione (anche in Italia) per la caduta incontrollata della Tiangong-1. Episodi che hanno creato una certa pressione internazionale sulla ambizioni spaziali di Pechino, ritenuti il sintomo di una corsa sfrenata, senza troppi fronzoli quando si tratta di sicurezza.

UN ELON MUSK CINESE?

Non ci sono fronzoli neanche quanto si tratta di creare colossi globali. Come nota SpaceNews, la scorsa settimana Casc ha siglato un accordo con China Aerospace Science and Industry (Casic), anch’essa a controllo pubblico, specializzata nell’aerospazio militare. Si punta ad aumentare la cooperazione strategica per rispondere alle ambizioni di Pechino in questo settore. Ambizioni che non si fermano al settore pubblico. Lo dimostra iSpace, la prima azienda privata cinese a lanciare un razzo nel luglio dello scorso anno, nata (insieme ad altre dieci realtà simili) dopo il via libera di Pechino nel 2014 allo sviluppo del settore privato nel campo dei lanciatori e dei piccoli satelliti. La scorsa settimana iSpace ha ottenuto finanziamenti in venture capital per 173 milioni di dollari per sviluppare nuovi vettori spaziali. Che la Cina stia cercando anche il suo Elon Musk?

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