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I conti della serva fatti ad Apple

Fine agosto 2020: record per il listino dei titoli industriali negli Usa. Per effetto del frazionamento azionario di Apple, l’indice ha visto uscire ufficialmente il colosso petrolifero Exxon Mobil, il gigante farmaceutico Pfizer e il gruppo attivo nel ramo difesa, Raytheon Technologies.
Cavolo! Soprattutto per la dipartita di Exxon Mobil, quotata sul Dow Jones da un secolo circa e, fino al 2013, la società più grande del listino in termini di valore di mercato: in quel periodo valeva $416 miliardi, più di Apple. Oggi vale appena $175 miliardi, cifra che impallidisce rispetto ai $2 trilioni di capitalizzazione raggiunti e superati da Apple alla fine di agosto.
Giustappunto Apple avrebbe intenzione di lanciare nuovi prodotti a ottobre, secondo fonti di Bloomberg. Nei piani della società di Cupertino ci sarebbe il lancio di quattro nuovi modelli di iPhone con tecnologia 5G. Il gruppo avrebbe chiesto ai fornitori di produrre tra i 75 e gli 80 milioni di nuovi iPhone, in linea con le richieste degli anni precedenti.
Ehilà, sotto non mentite spoglie, si mostra il valore del mondo digitale a spese di quello analogico.
Quell’analogico che, con l’energia fornita da Exxon, era riuscito a rimpicciolire lo spazio e il tempo del mondo.
Quel digitale che, con gli smartphone di Apple, lo stesso mondo lo ha contratto in un punto.
Si insomma, ho un’auto prodotta prima e rifornita poi con l’energia venduta da Exxon; ci vado da qui a lì, tutti i dì, in meno tempo e pur se piove.
Ho pure un figlio a Brisbane, sta in un’altra ora, in un altro giorno, in un’altra stagione; con lo smarphone ci sentiamo/vediamo quando vogliamo, ovunque sostiamo.
Dunque, la distanza tra i $175 miliardi di Exxon rispetto ai $2 trilioni di capitalizzazione di Apple, sta tutta qui.
Un momento. Se, come i valori di borsa mostrano, non sembrano esistere pasti gratis perché Apple sembra non intenderlo?
Do un’occhiata e vi dico: l’abitare il “Mondo Apple” mette al riparo l’azienda dalla concorrenza senza dover avere pressione sui margini. Produce, a spron battuto, nuovi modelli di smartphone per sostituire quelli quasi uguali ai precedenti, li impone, li vende. Oddio, li vende… “se Il gruppo avrebbe chiesto ai fornitori di produrre tra i 75 e gli 80 milioni di nuovi iPhone, in linea con le richieste degli anni precedenti” li vendicchia! Quelli della Borsa glielo mandano a dire; il titolo in borsa, negli ultimi tre giorni, fa -14%.
Cavolo, vuoi vedere che il “cerchio magico” di Cupertino sta mostrando la corda?
Essipperchè pure al mondo digitale tocca fare i conti della serva e, se non tornano, doverli aggiustare.
Vediamo cosa si possa fare senza far sconti: se non si mostra semplice intercettare “fedeli” alla religione Apple toccherà remunerare la nuova fedeltà!
Se il mio smartphone vale il 70% del nuovissimo che verrà venduto e lo acquisto avrò buttato quel valore per riacquistarlo con il nuovo; se il nuovo venisse invece infilato nel vecchio avrei risparmiato un bel pezzo di prezzo: ho venduto la mia fedeltà, quelli di Cupertino l’hanno acquistata. Rifocillo il mio potere d’acquisto; il mercato d’altre merci ringrazia.
Si, acquistato quest’esercizio che, con la spesa, trasforma la merce in ricchezza e con il consumo ne consente la riproduzione, viene fornita continuità al ciclo e sostanza alla crescita.
Funziona, cavolo: aumenta la produttività d’esercizio dell’Impresa “associando” quella implicita all’esercizio di consumazione; il remunero delle risorse scarse impiegate nel fare la spesa fa incassare pure un vantaggio competitivo.
Giust’appunto, quel vantaggio che l’attempato “mondo Apple” da solo non sembra più in grado di garantire.
Mauro Artibani, l’economaio
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