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Armi geoculturali, Formentini spiega perché la Lega dice no alle statue velate

Di Paolo Formentini

Una battaglia durata anni, quella della Lega contro la ratifica della Convenzione di Faro.

In principio fu Lucia Borgonzoni (all’epoca sottosegretario al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ) a sollevare il problema. La battaglia continuò poi in Senato con Luca Briziarelli e Massimo Candura. Tutti gli strumenti parlamentari sono stati utilizzati per evitare dapprima la calendarizzazione in Aula e in seguito per far emergere le criticità: questione sospensiva, pregiudiziale di costituzionalità, emendamenti e ordini del giorno. Ma il governo e la maggioranza sono rimasti sordi. 

Perché tanto impegno da parte della Lega? Perché siamo convinti che la Convenzione, come si può capire da una lettura attenta degli articoli 4 (lettera c) e articolo 7 (lettera b), mini la libera fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale, l’esatto opposto rispetto agli obiettivi dichiarati. 

Che bisogno abbiamo di Comitati di monitoraggio sulla nostra legislazione e procedure di conciliazione?

Con la Convenzione di Faro (risalente al 27 ottobre 2005) mettiamo a rischio la fruizione, la valorizzazione e la tutela del nostro immenso patrimonio. Ci sarà la possibilità per una minoranza organizzata di chiedere di “velare” le statue, gli affreschi, i monumenti che offendano i valori di una comunità, di una religione. 

Si rischia seriamente di non poter più vedere l’affresco che nella Basilica di San Petronio a Bologna raffigura Maometto tormentato dai demoni, qualora un gruppo di musulmani sollevi la questione avvalendosi degli strumenti previsti dalla Convenzione di Faro. A rischio anche lo studio nelle nostre scuole della Divina commedia, già censurata in diversi Paesi islamici (in particolare il ventottesimo canto dell’Inferno). Censureremo anche noi la fonte prima della nostra identità di italiani? 

Si è fornito all’estremismo islamista, con il voto di ieri nel nostro Parlamento, uno strumento potentissimo, una vera e propria arma geoculturale. 

Non è rimuovendo o velando parti fondamentali della nostra identità occidentale che si costruisce una società libera e democratica ma invece fornendo ai nostri studenti gli strumenti per valutare il passato con capacità critica, per storicizzarlo e contestualizzarlo. 

Per noi la battaglia non finisce con il voto parlamentare: continueremo a vigilare perché non si cancelli la nostra identità non si annacquino le nostre radici nel nome di un nuovo oscurantismo globalista che tutto annichilisce e di un già fallito multiculturalismo.


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